L’abbattimento del bombardiere russo nei cieli sopra la Siria e la conseguente accusa che le nostre forze aeree hanno violato lo spazio aereo turco ha portato il mondo sul baratro di una grande guerra mai vista fin dai tempi della crisi dei missili cubani.

Non c’è nulla di sorprendente, anche se per gli ultimi due anni, Mosca e Ankara hanno costantemente dimostrato cordialità reciproca. Ma era la cordialità degli avversari oggettivamente condannati a un’inimicizia mortale, che, tuttavia, considerano i litigi come cose estremamente poco redditizie.

Storicamente, la Turchia possiede “le chiavi di casa nostra”, come lo Stretto del Bosforo e i Dardanelli sono stati chiamati nel XIX secolo dai primi geopolitici russi. Solo con grande difficoltà nei secoli XVII-XIX la Russia è riuscita a scacciare la Turchia dalla costa settentrionale del Mar Nero, dalla Novorossia e dalla Crimea.

Con una coincidenza sorprendente la provocazione si è verificata nel giorno del compleanno di Aleksandr Suvorov. Tuttavia, tutti i tentativi dell’Impero Russo per ottenere il controllo sugli stretti e sull’antica capitale bizantina di Costantinopoli ha incontrato la resistenza unitaria delle potenze europee guidate dalla Gran Bretagna, che hanno sostenuto la Turchia. L’ultimo tentativo di controllare gli stretti da parte della Russia è stato effettuato da Stalin, e la risposta è stato il ritiro della Turchia sotto l’ombrello della NATO.

Controllando gli stretti, la Turchia controlla la maggior parte dei rifornimenti del nostro gruppo militare in Siria. La convenzione di Montreux permette in tempo di pace il libero attraversamento degli stretti a tutti i paesi che si affacciano sul Mar Nero, ma in tempo di guerra la Turchia ha il diritto legale di bloccare gli stretti ai nemici e aprirli agli alleati.

Gli alleati della Turchia sono i paesi della NATO, e il nemico, a giudicare dal velivolo abbattuto, potrebbe essere la Russia. Cioè, la provocazione del Su-24 mette in pericolo i rifornimenti delle nostre truppe in Siria. 

L’unica altra rotta disponibile è quella molto più scomoda attraverso l’Iran e potenzialmente problematica attraverso l’Iraq, dove gli Stati Uniti hanno una grande influenza.

 il compito tattico dei turchi – impostare una “no-fly zone” nel nord della Siria (nella foto: inquadratura da un video)

Il secondo fattore nella tensione tra la Russia e la Turchia è la Crimea. L’Impero Ottomano conquistò la Crimea nel secolo XV, e turchi neo-ottomani (e il presidente Erdoğan tra loro) continuano a credere di avere tutti i diritti alla Crimea. E considerano i tatari di Crimea, in particolare i “Mejli”, guidati da Dzhemilev [capo dei radicali tartari di Crimea, ndc] come loro vassalli [e li finanziano generosamente, ndc]. Difficilmente può essere una coincidenza che il blackout della Crimea compiuto da questi “vassalli” associati con le forze di sicurezza turche si sia verificato contemporaneamente alla provocazione dell’abbattimento del nostro aereo.

Un altro fattore che peggiora sistematicamente le nostre relazioni è la questione del genocidio armeno, di cui quest’anno c’è stato il centenario. La Russia e l’Armenia sono alleati strategici con lo stesso punto di vista sul delitto dell’allora regime dei Giovani Turchi (la maggioranza degli armeni è stata torturata, tra l’altro, nel deserto siriano di Deir ez-Zaur). La partecipazione di Vladimir Putin alle manifestazioni di commemorazione del genocidio ha causato in Erdoğan un vero e proprio attacco di rabbia incontrollata.

In altre parole, la storia e la geografia condannano fatalmente la Russia e la Turchia a una faida. Ma entrambe le parti sono in grado di infliggere abbastanza problemi l’una sull’altra, così per l’intero anno scorso hanno facendo sforzi disperati per il riavvicinamento – la geopolitica doveva essere regolata dall’economia: la costruzione di “South Stream”, l’intensificazione del turismo russo che dà alla Turchia buoni ricavi, la creazione di occasioni di confronto consultivo e di risoluzione dei principali problemi della regione per mezzo di un consenso russo-turco.

Ma tale comprensione reciproca ha portato un netto deterioramento delle relazioni della Turchia di Erdoğan con gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Il neo-islamista e neo-ottomano Erdoğan svolge una politica molto aggressiva, non attraente per Washington o Berlino o Bruxelles, cercando di fatto di ristabilire l’Impero Ottomano.

Pertanto, il movimento verso la Russia era per lui un modo logico per controbilanciare l’influenza americana. 

Ha funzionato in favore della Russia durante la fase della riunificazione con la Crimea, ma questa strategia era destinata a fallire a lungo termine, perché fondamentalmente Russia e Turchia sono destinati a scontrarsi, cosa che può essere attenuata solo da concessioni reciproche.

Il tempo delle concessioni si è concluso quando la Russia ha lanciato un’operazione a sostegno di Assad in Siria contro l’ISIS. Erdoğan era il nemico più fanatico di Assad, e sperava che una Siria sunnita islamizzata sarebbe diventata un vassallo della Turchia, e forse sarebbe anche tornata entro i suoi confini. La Turchia è stata una delle levatrici della nascita dell’ISIS, estremamente interessata al petrolio locale e alla lotta dell’ISIS contro i curdi iracheni e siriani.

L’incubo della nascita del Kurdistan sovrasta la Turchia come una spada di Damocle da molti decenni. 

L’emergere dopo il crollo di Saddam Hussein di un Kurdistan iracheno de facto indipendente ha reso la situazione particolarmente pericolosa per la Turchia, e l’improvvisa comparsa dell’ISIS che combatte aggressivamente i curdi (naturalmente, l’esercito dell’ISIS è guidato da ex generali di Saddam), ha reso i turchi più che contenti. Truppe e forze aeree turche colpiscono direttamente le milizie curde in Siria.

L’operazione russa in Siria ha sconvolto tutte le carte in tavola a Erdoğan.

Innanzitutto, garantisce il futuro politico di Assad, o almeno di un successore in accordo con Assad. La Siria restaurata diventerà alawita-cristiana-sciita-sunnita e di certo anti-turca. L’estrazione di petrolio gli è stata tolta da sotto il naso, e Erdoğan ha iniziato a somigliare a una tigre furiosa…

In secondo luogo, la Russia, e ora la Francia, ha fatto della completa eradicazione dell’ISIS il proprio obiettivo finale, il che significa il rafforzamento automatico dei curdi e la riduzione dell’influenza turca nella regione.

Inoltre, la Russia sta facendo questi passi in tandem con l’Iran, che è, di fatto, un alleato chiave della Russia in Medio Oriente, un’alleanza del tipo in cui entrambe le parti si rafforzano a vicenda, entrambe lavorano per la causa comune, ed entrambe beneficiano dall’unione.

E l’Iran è il principale rivale della Turchia nella lotta per il predominio regionale. Ed è anche una costante storica. Bisanzio (il cui luogo è oggi geograficamente occupato dalla Turchia) contro i sassanidi iraniani, poi gli ottomani contro i safavidi e i qajar, e oggi il sunnita Erdoğan contro gli ayatollah sciiti. Cioè, il rafforzamento dell’Iran da parte della Russia equivarrebbe al crollo dell’intera politica imperiale della Turchia.

Naturalmente, il governo turco è furioso e vuole scacciare in qualche modo la Russia fuori dalla Siria. La Turchia ha più volte fatto dichiarazioni e gesti minacciosi riguardanti presunte violazioni delle frontiere turche da parte della nostra aviazione che opera contro i terroristi siriani.

Nessun altro paese, inclusi anche gli Stati Uniti, ha fatto così tanti attacchi contro la politica estera russa. 

Alcuni esperti non escludono nemmeno il coinvolgimento dei servizi di sicurezza turchi e del Qatar nella tragedia con l’aereo russo nel Sinai, anche se ufficialmente questa ipotesi non è mai stata espressa.

Non vi è dubbio che gli attacchi terroristici mirati contro l’approvvigionamento energetico della Crimea da parte di Dzhemilev e Co. sono stati coordinati con i loro patroni ad Ankara. In questa opposizione al rafforzamento della Russia in Siria le posizioni della Turchia e degli Stati Uniti hanno iniziato a ritornare alla deriva l’una verso l’altra, poiché Erdoğan vuole chiaramente fare pressione sulla Russia con l’aiuto della NATO.

Ed ecco che arriva la mossa successiva – l’abbattimento dell’aereo russo che prendeva di mira i terroristi, con il pretesto della sua entrata nello spazio aereo turco. Secondo la versione turca, il Su-24 russo è stato abbattuto dopo avvertimenti da parte degli F-16 turchi. Secondo il nostro Ministero della Difesa, l’aereo non ha mai lasciato spazio aereo siriano.

Non vi è alcun motivo di credere che la parte russa sia solo sulla difensiva e che quella turca dica la verità. 

L’obiettivo tattico dei turchi con questo incidente aereo è indicare una vera e propria “no-fly zone”, nel nord della Siria, cosa che potrebbe salvare i militanti dalla distruzione finale, che ormai a Latakia, (dove il nostro aereo è stato abbattuto) era abbastanza vicina.

Questa idea di una no-fly zone è stata appoggiata dai falchi americani, che considerano la Russia il nemico numero uno. L’ultima goccia, a quanto pare, è stata la distruzione dimostrativa da parte delle nostre forze aeree di convogli di petrolio provenienti dal territorio dell’ISIS e diretti in Turchia.

La maggior parte di questo incidente aereo ricorda una provocazione classica. La parte turca ha mostrato un diagramma in cui il bombardiere russo sta sorvolando un cuneo microscopico di territorio turco esteso in profondità nella Siria. Il cuneo geografico turco in Siria è la cosiddetta area di Alessandretta, che la Turchia ha annesso dalla Francia, che controllava la Siria dopo la prima guerra mondiale.

Nel 1938, il parlamento di questa regione dichiarò l’area ‘Repubblica indipendente di Hatay’ – fu l’ultima operazione di politica estera di Kemal Ataturk prima della sua morte. Nel 1939, la Turchia annesse Hatay.

Così si è formato il cuneo turco nel territorio siriano, ricoperto da una moltitudine di piccole sporgenze. Che un aereo russo possa volare sopra una di loro, in linea di principio, non è impossibile, poiché il confine è molto complesso e sfuggente. Ma significa solo che questa volta si aspettava di essere abbattuto.

La dimostrazione trionfale del corpo del nostro pilota alla televisione turca e in generale la sorprendentemente alta preparazione dei media turchi nel trasmettere l’incidente in tempo reale, parla del fatto che è una diretta provocazione contro la Russia.

La Turchia spera di costringere la Russia ad abbandonare l’operazione vicino al confine turco, cosa che porterebbe in gran parte a sabotare la nostra intera operazione. Che la Russia si dichiari colpevole di violazione o meno, subirà un’importante umiliazione pubblica come nazione i cui aerei militari possono essere abbattuti impunemente.

L’escalation del conflitto potrebbe essere anche nell’interesse della Turchia, in quanto ciò permetterà di tagliare le comunicazioni marittime del nostro gruppo in Siria, e forse anche cercare di bloccarle con forze di terra, che la Turchia ha molto più numerose nella regione (anche se io non sopravvaluterei la capacità di combattimento dell’esercito turco).

La Turchia può svolgere le azioni aggressive sotto l’ombrello della NATO, perché l’alleanza dovrà probabilmente intervenire se i turchi impiegano l’articolo 5 del “Trattato Nord Atlantico”. I paesi occidentali sono gravemente infastiditi da Erdoğan, ma questo non consente loro di rifiutare di eseguire gli obblighi del trattato NATO.

Le opzioni militari della Russia per influenzare la Turchia sono limitate dalla debolezza della nostra flotta del Mar Nero, e soprattutto – dalla minaccia di escalation di un conflitto globale, e, inoltre, dalla configurazione estremamente svantaggiosa del possibile teatro del conflitto, poiché le nostre forze aeree operano nelle retrovie turche e le loro comunicazioni terrestri e opzioni di ponte aereo dipendono dall’Iraq politicamente instabile, proprio di recente occupato dagli Stati Uniti.

Vale a dire, davanti alle nostre forze in Siria si profila la reale minaccia di un taglio delle comunicazioni, che è stato visto fin dall’inizio come una cosa seria, a differenza dei mitici “attacchi dei militanti”.

In un certo senso, la nostra politica di oggi sta pagando il prezzo di aver rifiutato di essere coerenti nel risolvere le questioni geopolitiche. Siamo entrati nel gioco in Siria, l’eclatante risultato è stata la questione della Crimea-Novorossija, oggi abbiamo un aggravamento a Donetsk, un blocco dell’energia e dei trasporti della Crimea, un fronte contro l’ISIS e un fronte incombente contro la Turchia, che è un membro della NATO.

Così, oggi ci troviamo di fronte alla minaccia di una guerra su più fronti, in cui la Turchia ha assunto il ruolo di primo istigatore e aggressore che deve “mettere sotto assedio” la Russia. La Turchia ha già avuto storicamente questo ruolo. Qui possiamo ricordare la guerra del 1787-1891, che è stata direttamente provocata dalle potenze occidentali in risposta al rafforzamento della Russia e della sua occupazione della Crimea.

L’imperatrice Caterina aveva appena cavalcato in Crimea con delegazioni straniere, e Potemkin aveva appena mostrato i suoi villaggi, quando la Turchia dichiarò contro la Russia la guerra che rese famosi Suvorov e Ushakov. Inoltre, per la Russia fu una guerra su due fronti – contemporaneamente la Svezia dichiarò guerra alla Russia, e il suo attacco fu respinto dalla flotta del Baltico con quasi nessun coinvolgimento delle forze di terra.

Così la Russia finalmente se la cavò, e con il Trattato di Iaşi la Turchia riconobbe la Crimea russa, e il confine con la Russia fu spinto al di là del Dniester. Ma non dimenticate che la Russia era allora sostenuta dall’Austria, mentre oggi non ci sono molti nell’Unione Europea che desiderano mettersi contro la Turchia.

Quindi la situazione è davvero estrema. In un certo senso, siamo in trappola. Se la Russia cerca di sminare l’incidente, questo significherebbe pubbliche scuse da parte nostra, e tutti i media occidentali hanno già preparato i titoli di giornali che parlano dell’arrogante Russia messa al suo posto da parte della Turchia, ricordando chi è chi.

Se la Russia vuole fare bella figura in questo conflitto dovrebbe costringere la Turchia a scusarsi pubblicamente, e per questo ha bisogno di una serie di sanzioni e minacce efficaci – dal sostegno al Kurdistan fino alla rottura delle relazioni economiche e turistiche, e soprattutto – prepararsi a un feroce supporto a oltranza dei sistemi di difesa sul confine della Siria. Ma in tal caso la Russia può dimenticarsi i rifornimenti al nostro gruppo attraverso il Bosforo. In conclusione, abbiamo aperto un altro fronte importante, oltre a quello già esistente.

La soluzione più promettente, a mio parere, potrebbe essere quella di trattare la situazione come un problema sistemico. Cioè, la questione turca dovrebbe essere risolta non in Siria, ma in Ucraina e Novorossija, perché la Turchia è solo un pezzo del puzzle in un confronto globale e la sua aggressività perderà immediatamente il suo significato per Washington, se vinciamo nella parte più vicina a noi.

E senza il sostegno di Washington le capacità della Turchia si ridurranno alle dimensioni del proprio stato, la cui potenza non è semplicemente paragonabile con quella della Russia. Dobbiamo giocare non contro il giocatore, ma contro i tecnici del gioco.

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Articolo di Egor Kholmogorov pubblicato su  FortRuss il 24.11.2015
Traduzione in italiano a cura di Ortodossiatorino.net