venerdì 20 novembre 2015

Per sconfiggere l’isis bisognerebbe destabilizzare Turchia e Arabia Saudita

Erdogan con il monarca saudita

Quello che i francesi non hanno capito, o fingono di non capire per non contrariare gli Usa e perdere affari commerciali con altri potenti “alleati”, quali la Turchia e l’Arabia Saudita, è che la vittoria sullo stato islamico non si ottiene bombardando con qualche sparuto jet quartieri e siti (già evacuati!) di Raqqa. 

Forse il governo Valls, euroservo e filo-atlantista, vuole limitarsi ad abbozzare una reazione, enfatizzando i risultati (scarsi) di questi ridicoli bombardamenti, e farà ancor meno di ciò che hanno fatto i giordani per qualche giorno, dopo che lo stato islamico ha bruciato vivo un loro pilota.

Men che meno i francesi hanno intenzione – seguendo pedissequi, in ciò, gli Stati Uniti di Barack Obama – di inviare numerose truppe per combattere sul terreno gli jihadisti. Ma anche questo potrebbe non essere sufficiente, per sconfiggerli. Infatti, giungono notizie che l’afflusso dei tagliagole (foreign fighters) si sta spostando in Libia, dove i russi non bombardano e non ci sono né curdi né Hezbollah, mentre alcune centinaia di questi assassini salgono su arei turchi, sauditi e del Qatar, ovviamente in territorio turco, con destinazione Yemen, per partecipare al massacro delle popolazioni sciite Houthi orchestrato dai sauditi.

Anche se Raqqa e Mosul dovessero cadere, per mano di siriani, curdi e irakeni, le bande criminali che le occupano si sposteranno altrove, spalleggiate dall’infida Turchia e dall’oscena Arabia Saudita, sotto lo sguardo benevolo e complice degli americani.  

Tanto più che la Turchia dell’integralista sunnita Erdogan sta per invadere una striscia di terreno nel nord della Siria, il prossimo mese, con la partecipazione americana (i cui corpi speciali sono già sul posto), per tenere aperti i canali di rifornimento agli jihadisti di al-nusra e dello stato islamico. La balla dei campi profughi per la protezione dei rifugiati, diffusa dai media, è a uso e consumo del popolume occidentale, che se le beve tutte.

Perciò, a differenza della Francia retta dai socialistoidi filo-atlantisti Valls e Hollande, chi volesse veramente mettere la pietra tombale sopra lo jihadismo tracotante dello stato islamico, di al-nusra, jaish al-islam e simili, dovrebbe destabilizzare per bene i “padrini” sunniti più grossi, cioè Turchia e Arabia Saudita, veri santuari della barbarie e del terrore (il Qatar, cento più una televisione, si può annichilire in h24). Sarebbe di vitale importanza portare la guerra e la distruzione sui loro territori, armando, finanziando, addestrando, assistendo con ogni mezzo chi li può combattere sul terreno, le opposizioni, effettive o potenziali, che il regime turco e quello saudita hanno già “in casa”.

Così, pensando a ciò che i tagliagole sostenuti da questi abbietti hanno fatto in Siria e in Iraq, gli si renderebbe la pariglia, portando la destabilizzazione in casa loro e facendoli finalmente collassare. Nel sud-est dell’Anatolia, a forte presenza curda, ci sono le forze di liberazione del benemerito PKK, che cercano di difendere la popolazione dalle violenze dei giannizzeri di Erdogan (repressioni e sangue nel distretto anatolico di Dyarbakir, bombardamenti sui rifugiati nel nord dell’Iraq, etc). Nella parte europea della Turchia, a Istanbul-Costantinopoli, operano gruppi laici di estrema sinistra molto attivi contro il regime integralista sunnita del partito Akp.

Un appoggio a costoro (e forse a certi settori laici-kemalisti) sarebbe vitale, per cercare di separare la parte europea della Turchia – che torni finalmente all’Europa! – da quella asiatica e minare alle fondamenta il potere di Erdogan. L’obbiettivo dovrebbe essere quello di spezzettare l’attuale Turchia in tre parti, facendo cadere Erdogan e affossando le sue manie di potenza: uno stato curdo nel sud-est dell’Anatolia, uno stato europeo con Istanbul-Costantinopoli e Edirne-Adrianopoli e uno stato anatolico con Ankara.

Gli Houthi zaiditi che difendono, assieme alle truppe dell’ex presidente Saleh, lo Yemen dall’aggressione contemporanea dei sauditi, di al-qaeda e dello stato islamico, dovrebbero essere aiutati con ogni mezzo.

Nonostante la superiorità del nemico, alimentato dalla potenza economico-finanziaria saudita, i patrioti yemeniti ottengono vittorie e riescono a sconfinare in Arabia Saudita. Immaginiamo cosa potrebbe accadere al tristo regime degli Al Sa’ud e all’ultimo monarca, il mummificato Salman, se gli Houthi vincessero e portassero massicciamente la guerra oltre confine, magari con l’appoggio degli sciiti che vivono da decenni sotto il tallone degli Al Sa’ud. Anche questi si potrebbero armare e sostenere con ogni mezzo, per destabilizzare quel regime venefico, “padrino” degli jihadisti sunniti nel mondo.

State pur certi che la destabilizzazione di Turchia e Arabia Saudita, oltre a liberarci da Erdogan e dagli Al Sa’ud, renderebbe il mondo un posto un po’ meno schifoso, e soprattutto meno sanguinoso, perché si “chiuderebbero i rubinetti” che alimentano di mercenari, armi e soldi gli jihadisti tutti, dalla Libia all’Iraq.


Eugenio Orso

Fonte: Pauper Class
http://www.controinformazione.info/per-sconfiggere-lisis-bisognerebbe-destabilizzare-turchia-e-arabia-saudita/

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