Dopo
gli OGM, le nanotecnologie si invitano nei nostri piatti: i
nano-alimenti, trattati con dei nano-pesticidi e contenuti in
nano-imballaggi, si moltiplicano. In compenso: profitti astronomici per
gli industriali e dei rischi ambientali e sanitari oggi impossibili da
valutare. Il tutto in una totale, e incredibile, assenza di regole e di
controlli.
Degli
alimenti intelligenti che si adattano ai gusti del consumatore, degli
indumenti che respingono l’acque, dei materiali che si autoriparano,
della “polvere intelligente” che registra discretamente le
conversazioni… Benvenuti nel nano-mondo! Un universo in cui la scienza
manipola delle particelle invisibili al microscopio e accatasta degli
atomi della scala del nanometro, cioè un miliardesimo di metro [1]. Le
nanotecnologie saranno alla base di una terza rivoluzione industriale
nel corso del XXI secolo, ci promettono.
Una
rivoluzione che passa anche per i nostri piatti. Perché queste
nanoparticelle sono già presenti negli alimenti industriali, i pesticidi
agricoli, gli imballaggi alimentari, i recipienti di immagazzinaggio…
senza controllo né etichettatura. Delle particelle che, per via delle
loro minuscole dimensioni, attraversano le barriere biologiche e possono
circolare in tutto l’organismo: la pelle, i tessuti, il cervello…
Allora, pronti per un nutrimento “atomicamente modificato”, dagli
effetti sconosciuti?
Almeno 106 nano-alimenti già commercializzati
Difficile
elencare i nano-alimenti esistenti. I costruttori hanno capito che le
incertezze che circondano oggi le nano-particelle possono spaventare i
consumatori. Essi non comunicano chiaramente sul loro utilizzo. Secondo
la ONG Les Amis de la Terre [Gli Amici della Terra], è tutta la catena
alimentare ad essere oggi “contaminata”.
Il suo rapporto intitolato “Du Laboratoire à nos assiettes: les nanotechnologies dans l’alimentation et l’agriculture”
[Dal laboratorio ai nostri piatti: le nanotecnologie nell’alimentazione
e l’agricoltura], compila la lista di 106 prodotti alimentari, dal
succo di frutta “fortificato” agli integratori alimentari vitaminizzati
passando per un “nano-tè”.
L’Agenzia
francese di sicurezza sanitaria dell’ambiente e del lavoro (Afsset)
calcola ogni settore senza distinzione 2.000 nanoparticelle
manifatturate già commercializzate, e più di 600 prodotti di consumo che
li riguarda. Se queste cifre sono difficilmente verificabili per
l’assenza di tracciabilità, delle stime situano il mercato dei
nano-alimenti a più di 5 miliardi di dollari nel 2005, con delle
previsioni di 20 miliardi di dollari per il 2010. Il gruppo di
consulenti Helmut Kaiser prevede che il ricorso alle nanotecnologie riguarderà, da oggi al 2015, il 40% degli alimenti industriali.
Una tecnologia di comodo per i paesi ricchi
Del
silicato di alluminio per impedire l’agglutinazione degli alimenti in
polvere, del ketchup addensato con del diossido di silicio, delle salse
imbiancate al diossido di titanio… I nano-alimenti ci apporterebbero,
secondo i loro sostenitori, dei maggiori vantaggi culinari: del
cioccolato o dei gelati senza lipidi e senza zuccheri, che conservano lo
stesso gusto dell’originale, un olio (Shemen Industries) che inibisce
l’ingresso del colesterolo (Nanotrim di Nanonutra) che brucia i grassi. O
la possibilità di modificare il gusto di un alimento secondo i nostri
desideri. Delle industrie come la Nestlé cercano di creare i
“nano-alimenti del futuro”.
Il
gigante agroalimentare Kraft Foods (Stati Uniti) fa parte di questi
pionieri.
Nel 2000, ha finanziato un consorzio di 15 università e
laboratori di ricerca, Nanotek, per creare del nutrimento “intelligente”
e personalizzato, come gli alimenti che contengono centinaia di
nano-capsule, riempite di sapori, di nutrimenti, di diversi colori. Un
forno a microonde potrebbe aprire, secondo la frequenza delle onde, una
capsula ben determinata, secondo i desideri del consumatore. Un
nutrimento interattivo in qualche modo, che può anche trasformarsi se
una persona è allergica a un componente, o liberare una dose di
supplemento nutritivo se rileva delle carenze.
Kraft Foods, l’ideatore
di questo progetto, è proprietario dei marchi di cioccolata Milka, Côte
d’Or, Toblerone, Suchard, e del caffè Carte Noir, Grand’Mère, Jacque
Vabre o Maxell. Immaginate domani il vostro caffè di colore rosa e al
gusto di banana che vi apporta la vostra dose quotidiana di vitamina C… O
del cioccolato che sprigiona degli aromi di carota di modo da curare i
vostri postumi dell’ubriachezza. Formidabile, no?
Delle nano al gusto OGM
Perché
questo dispiegamento di tecnologie? “Sul piano alimentare, non si
capisce a cosa serva,” spiega Rose Frayssinet, della ONG “Les amis de la
Terre”. “È come l’usanza nel tessile: a cosa servono delle calzature
‘senza odore’ con del nano-argento? Le nanoparticelle partiranno con
l’acqua nel giro di quattro lavaggi, e andranno a divorare i microbi
sino alle stazioni di epurazione. In vista di quanto ciò viene a
costare, qual è l’utilità sociale di tutto questo? Sono delle tecnologie
a vantaggio dei più ricchi”.
Alcuni
vedono i nano-alimenti come un vantaggio per i contadini del Sud. Il
loro credo? Delle nano che aumenterebbero la produttività agricola e
permetterebbero di lottare contro la fame. Una promessa che ricorda
quella delle lobbie biotecnologiche e i loro OGM. Il paragone non si
ferma qui: rischi sanitari e ambientali, privatizzazione del vivente o
combinazione di atomi con dei brevetti industriali, vendita sul mercato
di prodotti la cui innocuità non è provata…
Dei nanocidi (pesticidi che
utilizzano le nano-tecnologie) intelligenti che necessiteranno un
dosaggio meno importante dei pesticidi attuali, e non causerebbero
nessun danno agli insetti? Il fatto che siano delle imprese
come Monsanto, Bayer o Syngenta che li sviluppano non può che invitare a
restare molto prudenti sull’argomento…
Verso un nuovo scandalo sanitario?
“Nel caso degli OGM, abbiamo obbligato Monsanto a rendere pubblici degli studi parziali di tossicità nascoste all’opinione pubblica. Degli studi simili sulla nocività delle nano particelle non esistono, sottolinea la Fondation Sciences citoyennes. E coloro che hanno suonato l’allarme sono attualmente dissuasi con tutti i mezzi (denunce…) dal contrastare la propaganda ufficiale“.
Per Rose Frayssinet, siamo di fronte a un rischio ancora più grande degli OGM.
“Gli OGM, rappresentano un settore, mentre le nanotecnologie riguardano tutti i settori. I rischi sono tanto più difficili da analizzare. Non si può avere una visione globale delle implicazioni“.
Difficile
infatti controllare il comportamento delle nano-particelle. Esse non
rispondono alle leggi della fisica classica, ma a quelle della meccanica
quantistica. Costruire delle particelle, atomo per atomo, manipolare la
materia a livello delle molecole, è entrare in un mondo di incertezza
assoluta. Le proprietà delle particelle, come la loro tossicità o la
loro persistenza biologica, variano secondo le loro dimensioni. Di
fatto, le conoscenze attuali sugli effetti tossici delle nano-particelle
mani-fatturate sono molto limitate.
“I dati disponibili indicano che alcune nanoparticelle insolubili possono superare le diverse barriere di protezione, distribuirsi nel corpo e accumularsi in alcuni organi, essenzialmente a partire da un’esposizione respiratoria o digestiva“,
avverte uno studio dell’
Afsset, del 2006. Le nanoparticelle si diffondono negli alveoli
polmonari, il sangue, la barriera emato-encefalica che protegge il
cervello, o la placenta. Verso la fine del 2008, un nuovo rapporto dell’Agenzia giudica che la nano-tossicologia fornisce
“dei risultati ancora poco numerosi, disparati e a volte contraddittori” e che “non è tuttavia possibile escludere a quella data l’esistenza di effetti nefasti per l’uomo e l’ambiente“.
In quanto all’Agenzia francese di sicurezza sanitaria degli alimenti (Afssa),
dopo aver ricordato che degli studi esterni mostrano possibili
alterazioni dell’DNA da parte delle nanoparticelle [2], essa confessa
“l’impossibilità di valutare l’esposizione del consumatore e i rischi sanitari legati all’ingestione delle nanoparticelle“. Molto rassicurante…
Nanoparticelle: l’amianto del XXI secolo?
Uno studio britannico dimostra
l’esistenza di un effetto indiretto delle nanoparticelle che
danneggerebbero “a distanza” il DNA [3]. Marie-Claude Jaurand, direttore
di ricerca all’INSERM, accusa i nanotubi di carbonio, materiale ultra
resistente utilizzato nell’industria, per i loro effetti “simili a quelli dell’amianto“,
concernenti la produzione di lesioni del DNA e la formazione di
aberrazioni cromosomiche.
Di fronte a questi rischi, cosa fanno gli
organi competenti? Non molto. Gli strumenti regolativi sono inadatti.
Ministeri e agenzie sanitarie sono completamente superate (i documenti
più recenti pubblicati sul sito del ministero della Salute pubblica
datano al 2007). La valutazione dei rischi deve essere totalmente
ripensata.
Un insetto drone, controllabile a grande distanza e dotato di telecamera, microfono e siringa. Secondo le autorità è in grado di prelevare DNA o iniettare dispositivi RFID di localizzazione nella persona-obiettivo.
I
sistemi di autorizzazione di commercializzazione poggiano sulla
composizione chimica dei prodotti. Per le nanoparticelle, ciò non basta,
perché gli effetti dipendono anche dall’organizzazione spaziale degli
elementi atomici e delle loro dimensioni. Un elemento non tossico può
diventarlo su scala nanometrica.
“Il diossido di titanio e i diossidi d’argento non hanno le stesse proprietà a livello nanometrico e a livello macroscopico,” Rose Frayssinet. “Non hanno le stesse proprietà a secondo che misurino 20 nano o 60 nano. Per studiare i rischi, bisognerebbe dunque condurre degli studi per tutte le scale“.
Ma ciò costa caro. E mancano gli strumenti.
“Secondo i test europei, non appena si modifica un alimento, uno studio di innocuità è obbligatorio. Ma nessuno lo sa fare. Un anno fa, non vi era nessun filtro veramente sicuro per recuperare le nanoparticelle. Senza contare che i tempi di studio essendo troppo lunghi, i risultati arriveranno dopo la commercializzazione. Si richiede ai costruttori di lavorare in sale bianche, con degli scafandri. E poi dopo, si mettono i prodotti sul mercato. È aberrante!“.
Per
quel che riguarda la produzione e la commercializzazione, gli
industriali si riferiscono alla direttiva europea REACH. Quest’ultima è
tuttavia insufficiente.
Soltanto le sostanze chimiche prodotte in
quantità superiori a una tonnellata per anno vi sono sottoposte. Vista
la dimensione delle nanoparticelle, questa quantità di produzione non è
sempre raggiunta. E per il momento, non esiste nessun obbligo di
etichettatura, anche se il Parlamento europeo comincia ad interessarsi
di questo problema.
Lo Stato finanzia senza preoccuparsi delle conseguenze
“No data no market”
(nessun dato, niente mercato). Questa è la posizione difesa da numerose
associazioni ecologiste, che sperano di essere fatte dai sindacati dei
salariati. Esse chiedono una moratoria sui nanoprodotti. E le procedure
di valutazione dei rischi calcolati. Le ONG si augurano anche discutere
dell’utilità sociale delle nano tecnologie, in particolare nel settore
alimentare.
Il
governo francese ha lanciato nel 2009 il piano Nano-Innov, che mira a
porre la Francia tra i paesi all’avanguardia nelle nano-scienze,
incoraggiando la ricerca fondamentale a lavorare
“con le imprese per mettere a punto delle tecnologie, depositare dei brevetti, creare dei prodotti“.
70 milioni di euro sono stati investitio l’ultimo anno a questo
progetto. Parallelamente, nessun fondo è stato investito sugli studi
tossicologici e sugli impatti sanitarie e ambientali.
Pubblicità della catena di supermercato PriceChopper per le nanotecnologie su scatole di cereali.
Valérie
Pécresse, ministro dell’insegnamento superiore e della ricerca, ha
sottolineato in occasione del lancio di questo piano di eccellenza della
ricerca nazionale sulle nanotecnologie (5° su scala mondiale) [4] ma si
rammarica che soltanto 290 brevetti siano stati registrati nel 2005, il
che rappresenta meno del 2% dei brevetti nazionali. Perché il settore
può guadagnare molto.
La National Science Foundation (NSF) americana
valuta il mercato delle nanotecnologie in mille miliardi di dollari nel
2015. Secondo la Fondation Sciences citoyennes, gli investimenti in
ricerca e sviluppo sono stati moltiplicati uasi per dieci tra il 1997 e
il 2003 (3,5 milliardi di euro), con una previsione di crescita del 40%
all’anno.
“I ricercatori ci dicono spesso: basta che si parli di ‘nanotecnologie’ nei nostri progetti per avere del denaro per effettuare delle ricerche” dice Rose Frayssinet.
Le
multinazionali della farmacia e dell’agrochimica sono in prima fila per
fabbricare inoltre dei nano-alimenti. Al contrario di sistemi
alimentari organizzati localmente ed ecologicamente sostenibili, si
prepara una nuova rivoluzione alimentare, basata sull’accaparramento da
parte di alcune aziende private degli elementi costitutivi della materia
e della nostra alimentazione.
Dopo il cibo spazzatura, eccoci
trasformati in cavie della nano-abbuffata, con il silenzio complice
dello Stato.
Publicità per il rivestimento antibatterico “Silver Nano” all’interno dei refrigeratori SAMSUNG.
Agnès Rousseaux
Prodotti http://www.nanotechproject.org/cpi/products/
Materiali http://www.nanotechproject.org/cpi/browse/nanomaterials/
FONTE
LINK al post originale:Nanotechnologies: tous cobayes de la nano-bouffe?
[Traduzione di Ario Libert]
http://www.nogeoingegneria.com/effetti/salute/nanotecnologie-tutti-cavie-della-nano-abbuffata/
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