Shimon
Peres, l’ex-presidente d’Israele, subì un “infarto” qualche giorno fa,
rimanendo ricoverato in ospedale in gravi condizioni (fino al decesso,
il 28 settembre. NdT). È tempo di fare il punto su questa figura
importante fin dalla proclamazione dell’indipendenza di Israele. Nessun
altro politico israeliano, senza dubbio, ha avuto tale longevità. Peres
muore mentre Israele [1] piange uno dei “padri fondatori” dello Stato,
per settantanni ininterrotti al suo servizio. Il coro di lodi sarà
assordante.
Le TV di certo trasmetteranno documentari con al fianco il
mentore David Ben Gurion, dettagliando a volontà le gesta di questi
grandi. Ma come spesso accade, la verità è altrove. Peres iniziò la
carriera come galoppino di Ben-Gurion, tenace ed inventivo. Ciò che
voleva il capo, trovava sempre modo di realizzarlo. Infine divenne il
suo capo “faccendiere”, di cui si fidava nel risolvere problemi di ogni
genere.
Così il compito enorme di dare l’arma nucleare ad Israele
ricadde su di lui. Non fu un compito facile, e richiese enormi
perseveranza, determinazione, inventiva e anche la decisa propensione al
furto. Peres fu più che all’altezza del compito. Fin dal primo minuto
dalla fondazione dello Stato d’Israele, Ben-Gurion aspirava alle armi
nucleari, che vedeva come strumento del giudizio, l’asso che avrebbe
preso quando tutte le carte gli erano contro.
Mentre la posizione
strategica d’Israele era piuttosto solida, Ben Gurion non si stancava
mai di dire il contrario. Un episodio spesso citato era mentre
contemplava muto la mappa del Medio Oriente appesa in ufficio, esclamava
a chi gli stava vicino che,
“non aveva chiuso occhio durante la notte a causa di questa carta“. Perché, diceva, “cos’è Israele? Una macchiolina solitaria. Come poteva sopravvivere nella vastità del mondo arabo?“
Shimon Peres nel 1968: Crediamo che Israele non dovrebbe introdurre armi nucleari in Medio Oriente
Nel suo piccolo libro critico Israele, anno 20,
pubblicato subito dopo la “guerra dei sei giorni” del giugno 1967
(Marabout Université n° 144, p. 288), Claude Renglet pubblicò
un’intervista con Shimon Peres (scritto Peress) che, svolgendo un ruolo
fondamentale nel dotare Israele di armi nucleari, diceva il contrario:
“Se la pace non si avrà in Medio Oriente, Israele dovrà essere vigile. Pensa che l’esercito israeliano, che dovrà rafforzarsi ulteriormente e sempre, debba dotarsi di armi nucleari?
Israele deve essere capace di produrre le proprie armi. Siamo stati sottoposti ad embargo nel 1948, 1956 e 1967, questo ci porta a pensare, ma non pensiamo, che Israele dovrebbe introdurre le armi nucleari in Medio Oriente”.
E sui rapporti con la Francia:
“Israele deve diventare un Paese come la Svezia, cioè capace di produrre tutte le armi. Per quanto riguarda l’embargo francese, non penso che sia mantenuto senza compromessi. Siamo in polemica con la Francia, ma il divorzio non è stato pronunciato”.
Fu almeno un eufemismo. Mentre il Generale de Gaulle, con parole
precise, stigmatizzò le “ambizioni ardenti e di conquista” nutrite dagli
“ebrei, fino ad oggi dispersi ma rimasti ciò che furono sempre, ciò che
si chiama popolo d’élite, sicuro di sé e prepotente”, alcuni
nell’apparato statale e militare francese erano impegnati
inconsapevolmente ad incoraggiarle con tutti i mezzi.
Maggiori dettagli sull’intervista sul nucleare militare d’Israele in questo libro.
Maggiori dettagli sull’intervista sul nucleare militare d’Israele in questo libro.
Ciò faceva parte della strategia israeliana di presentarsi da vittima eterna, la parte vulnerabile in qualsiasi conflitto, bisognosa di sostegno morale e militare per evitare di essere distrutta. E che importanza aveva se niente di tutto questo era vero, se dopo la distruzione degli ebrei europei da parte dei nazisti, il mondo non correva il minimo rischio che qualcosa di simile si ripetesse. Così Israele divenne dal 1948, agli occhi di gran parte del mondo, il “piccolo Davide” contro il “Golia arabo”. Tuttavia, la convinzione più comune è che le sue ADM siano volte a proteggere Israele dalla distruzione imminente se subisse una sconfitta catastrofica, teoria falsa, nell’insieme e in dettaglio.
Infatti, in alcun momento Israele
subì tale minaccia. Israele ha sempre avuto la superiorità militare sui
nemici in ogni scontro che ne caratterizzò la storia nel 1948-1967 (e
successivamente). Il vero scopo di Ben Gurion nel volere le armi
nucleari era politico. Voleva assicurarsi che Israele non fosse mai
costretto ad impegnarsi in un negoziato che gli avrebbe fatto perdere le
conquiste territoriali con la forza delle armi. Voleva un’arma da far
pendere sulla teste dei nemici, garantendosi di non dover mai rinunciare
a tutto ciò che apparteneva, ai suoi occhi, ad Israele. Così la bomba
nucleare israeliana fu lo strumento per virtualmente respingere
qualsiasi iniziativa di pace proposta dal 1967.
I capi israeliani sapevano che gli Stati Uniti avrebbero scommesso sul fatto che non avrebbero usato le armi di distruzione di massa (ADM), se necessario. Pertanto, il successivo presidente degli Stati Uniti ebbe già una mano legata dietro la schiena nel negoziare. Il poker dove i giocatori che hanno l’asso di picche in tasca e tutti gli altri lo sanno, non è più un gioco, no?
Gli oppositori israeliani alla bomba
Sarebbe
sbagliato credere che tale visione strategica di Ben-Gurion e Peres
venisse idolatrata dai contemporanei. Non lo fu. L’opposizione in
Israele alla “bomba israeliana” era forte, e superava i confini di
partito. Tra i contrari, il futuro primo ministro Levi Eshkol, Pinchas
Sapir, Yigal Alon, Golda Meir, e il capo dello sviluppo delle armi
israeliane Yisrael Galili. Anche il capo dell’esercito israeliano, Chaim
Leskov, si oppose alla bomba. Il professor Yeshayahu Leibowitz, fedele
al suo stile profetico, creò una ONG che chiedeva di fare del Medio
Oriente una zona denuclearizzata (si chiamava “Comitato pubblico di
smilitarizzare del Medio Oriente dalle armi nucleari”), e fu
probabilmente il primo appello del genere al mondo. E in un certo senso,
sbagliò: disse che la costruzione di un reattore nucleare da parte di
Israele averebbe incitato i nemici a bombardarlo. In futuro, grazie a
Lebowitz, il reattore di Dimona sarebbe stato chiamato “la follia di
Shimon”. I mezzi sconsiderati con cui Peres cercò di raggiungere
l’obiettivo era stupefacente.
Sfruttò il senso di colpa tedesco per
finanziare il programma e reclutò Arnon Milchan quale agente illegale
per organizzare il furto di uranio altamente arricchito in un deposito
degli Stati Uniti. Peres negoziò con la Francia un accordo per costruire
il complesso di Dimona che ad oggi produce il plutonio necessario per
l’arsenale israeliano di armi di distruzione di massa. Il direttore
generale del ministero della Difesa spesso si recava in Francia,
costruendo e mantenendo una rete politica negli ambienti di governo, per
stipulare tutti gli accordi necessari per la costruzione dell’impianto
di Dimona.
Un giorno si recò a Parigi per firmare l’accordo definitivo, e
il governo francese, in un momento in cui l’instabilità politica
continuava in Francia, fu messo in minoranza in Parlamento. Ben Gurion
pensò in quel momento che tutti gli sforzi fatti da Peres fossero stati
vani. Ma si rifiutò di cedere ed andò dal primo ministro dimissionario
francese (Maurice Bourges, primo ministro dal 12 giugno al 30 settembre
1957) e suggerì di firmare l’accordo retrodatandolo per fa finta che
fosse stato concluso prima delle dimissioni del governo. Il capo
francese accettò.
Così la bomba israeliana fu salvata da un bluff e da
documenti falsi. Quando qualcuno chiese a Peres come ebbe il coraggio di
uscirsene con tale trucco, rispose “che sono 24 ore tra amici?“.
Peres ricorse anche al furto. Infatti, se Israele aspettava di poter
produrre l’uranio altamente arricchito necessario per sviluppare l’arma
nucleare, sarebbero passati anni. Se riusciva invece a procurarsi
l’uranio attraverso altri canali, avrebbe notevolmente accelerare il
processo. Così Peres reclutò Arnon Milchan, in seguito divenuto
produttore di Hollywood, perché rubasse diverse centinaia di chilogrammi
di materiale nucleare in un deposito in Pennsylvania con la complicità
di funzionari statunitensi, degli ebrei filo-israeliani reclutati per
l’occasione.
Roger Mattson ha recentemente pubblicato un libro intitolato “Il furto della bomba atomica: come occultamento e inganno armarono Israele” [2]. Questo articolo riassume le sue scoperte, tra cui un gruppo di scienziati ed ingegneri ebrei statunitensi che fondarono la società che probabilmente sottrasse e trasferì clandestinamente in Israele materiale nucleare sufficiente per produrre sei bombe atomiche. Diversi capi di tale azienda divennero dignitari della “Zionist Organization of America”. Uno dei fondatori della società combatté nell’Haganah nella guerra del 1948, ed era un protetto del futuro capo dei servizi segreti israeliani Meir Amit.
Importanti personalità dell’intelligence
degli Stati Uniti suggerirono che l’azienda fosse stata creata dai
servizi segreti israeliani per rubare materiali e competenze
tecnologiche negli Stati Uniti, a favore del programma israeliano per
sviluppare armi atomiche. Tutto ciò significa che i capi delle
principali organizzazioni della lobby pro-Israele aiutarono e
incoraggiarono un’enorme falla nella sicurezza nazionale degli Stati
Uniti per concedere ad Israele la bomba nucleare. Se siete tra coloro
che di solito difendono i Israele, ciò forse vi rende degli eroi? Se è
così. ricordatevi che Julius ed Ethel Rosenberg furono condannati a
morte e giustiziati nel 1956 per aver causato assai meno danni al
programma nucleare degli Stati Uniti.
Il programma segreto di finanziamento della lobby israeliana
Il
programma per le armi di distruzione di massa era straordinariamente
costoso. Il giovane Stato affrontava notevoli spese ospitando e sfamando
milioni di immigrati, e di conseguenza non aveva i soldi per la bomba.
Peres quindi si rivolse ai ricchi ebrei della diaspora, come Abe
Feinberg, per i finanziamenti illegali. Feinberg fu la punta di diamante
della campagna che permise di raccogliere 40 milioni (oggi pari a 260
milioni) di dollari e sfruttò i legami nel Partito democratico per
garantirsi che il presidente Johnson rispettasse “il diritto d’Israele a non firmare il trattato di non proliferazione nucleare“.
Il notiziario web israeliano Walla descrisse il geniale stratagemma
inventato da Ben Gurion e Peres per aver il supporto della Francia negli
sforzi per le armi nucleari. Iniziarono nel 1956 con un incontro
segreto in una villa presso Parigi cui partecipavano un alto funzionario
inglese e rappresentanti francesi. L’obiettivo di francesi e inglesi
era in linea con quello degli israeliani, ma non del tutto. Francia e
Gran Bretagna volevano vendicarsi del leader egiziano Gamal Abdel Nasser
per aver osato la nazionalizzazione del canale di Suez e proposto di
aiutare la resistenza algerina. Idearono un piano per attaccare Nasser e
sottrarre le risorse strategiche dell’Egitto.
Israele aderì con
entusiasmo al complotto, ma con un proprio obiettivo, avere sostegno e
assistenza dalle potenze europee sul programma nucleare. Dopo aver avuto
il via libera da Ben Gurion, Peres contattò gli omologhi francesi
annunciando che Israele aveva accettato di unirsi a ciò che divenne nota
come “operazione Kadesh”, ma sostenne che Israele correva un pericolo
maggiore in questa avventura che non Francia o Gran Bretagna: in caso di
sconfitta, l’esistenza ne sarebbe stata minacciata. Perciò aveva
assolutamente bisogno di armi strategiche, per impedire qualsiasi
rischio di annientamento. Continuando i negoziati, i francesi dissero
agli israeliani che gli era vietato dal trattato internazionale vendere
uranio. Peres superò le difficoltà trovando una di quelle soluzioni
brillanti e astute, tipiche della sua personalità: “Non vogliamo che ci vendiate l’uranio, prestatecelo“, disse. “E ve lo restituiremo una volta che la missione sarà compiuta“.
Iniziò così lo sforzo per avere la bomba nucleare israeliana. Il
reattore fu completato nel 1960 e nel 1967 Israele ebbe la prima bomba
nucleare, rudimentale ma che poteva essere utilizzata in caso di
sconfitta nella “guerra dei sei giorni”. Per qualche strana ragione, la
censura militare obiettò al sito Walla il bluff di Peres sulla data
falsa siglata per l’accordo franco-israeliano (come se si trattasse di
un atto del governo ancora maggioritario nell’Assemblea nazionale, a cui
nessuno in ogni caso chiese il parere). Nella versione censurata non
c’è alcun riferimento. Non si trova più la storia della “proposta” di
Peres a che la Francia “prestasse” l’uranio ad Israele, permettendo di
aggirare gli obblighi internazionali ai francesi, poiché la vendita di
uranio era illegale.
La mia sensazione è che, data la scomparsa del
vecchio, si preferiva che la questione non ne offuscasse la reputazione
più del necessario, ponendo la domanda: perché il censore dà priorità a
preservare la reputazione di un politico israeliano piuttosto che a
proteggere la sicurezza dello Stato, che dovrebbe essere suo compito?
Richard Silverstein, Mondialisation.ca, 23 settembre 2016
[1] O almeno della popolazione ebraica. Per i palestinesi in Israele è molto meno certo.
[2] Stealing the Atom Bomb: How Denial and Deception Armed Israel, Create Space Independent Publishing Platform, Febbraio 2015 – ISBN 978151508391 – euro 14
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2016/09/28/come-shimon-peres-rubo-la-bomba-nucleare/
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