Normalmente pensiamo ai
colonizzatori come a grandi paesi, e ai colonizzati come nazioni più
piccole e più deboli. Ma non è sempre così. La colonizzazione non
necessita dell’occupazione. Serve semplicemente l’assoggettamento del
colonizzato. Con ambizione, informazioni e pianificazioni migliori, e la
giusta mentalità, nazioni più piccole possono (e in passato hanno
potuto) colonizzare e dominare paesi più grandi e sulla carta più
potenti.
L’India è stata colonizzata con successo
dalla piccola Gran Bretagna nel diciottesimo secolo. Il veicolo per la
colonizzazione fu la Compagnia delle Indie Orientali. Fu solo a seguito
dei moti indiani che la Gran Bretagna agì direttamente e mandò truppe
per instaurare l’impero anglo indiano. Nei due secoli seguenti l’India è
stata svuotata della propria ricchezza, la sua economia fu
ristrutturata per sostenere le necessità e le ambizioni globali
dell’Inghilterra, e il sui popolo militarizzato per combattere e morire
agli ordini della corona britannica. I leader indiani che vollero
prendere parte a quest’avventura restarono al potere; quelli che non
condividevano questi piani vennero distrutti o emarginati.
Colonizzazione non vuol dire controllo totale di tutto
Vuol dire controllo totale di ciò che
conta. I Britannici erano interessati alla ricchezza dell’India, e ad un
esercito permanente di Indiani disposti a morire per le proprie guerre.
Non potevano essere meno interessati ai piccoli affari di politica
interna che non incidevano direttamente o indirettamente sulla loro
missione. Una strategia molto efficace di “divide et impera”
metteva gli Indiani gli uni contro gli altri, e scoraggiava qualunque
genere di risposta coordinata, o di sedizione. I Britannici fecero leva
sul loro “vantaggio esterno” per raccogliere dati obiettivi con cui
calcolare e coordinare quali principi indiani sostenere in battaglia, e
quali farsi alleati.
Come i pezzi di una scacchiera, i leader indiani si
esaurirono in battaglie interne, e vennero sopraffatti per cercare la
copertura fornita dagli Inglesi. Piccole leve possono cambiare i
risultati (come la lobby israeliana AIPAC [American Israel Public Affairs Committee, Comitato degli Affari Pubblici Israelo-Americano, in italiano]
ha dimostrato, nel suo percorso di controllo del Congresso e della
politica locale/regionale statunitense), e negli anni gli Inglesi furono
in grado di controllare l’India e di allinearla alla corona britannica.
Meno di diecimila Britannici controllavano l’India coloniale, che a
quel tempo aveva una popolazione di trecento milioni di persone.
È istruttivo notare come, sebbene ci fosse un numero relativamente piccolo di Inglesi bianchi, venne sviluppata una classe di “brown sahib” locali [dirigenti indiani, in inglese]
per l’efficace realizzazione dei piani. Questa classe di élite venne
educata alla maniera inglese, e premiata con denaro e con un’elevata
posizione sociale. La Gran Bretagna era un paese troppo piccolo perché
potesse essere preso di per sé in considerazione, ma facendo leva
sull’India, gli Inglesi potevano perseguire le proprie ambizioni
globali. L’India era il “Gioiello nella Corona (britannica)”.
Oggi, Israele ha l’effettivo controllo
della politica USA in Medio Oriente, e non solo. È stato già scritto
molto circa il controllo sul Congresso da parte di Israele, che si avvia
ora al controllo dell’Esecutivo statunitense, in cui due candidati sono
entrambi sostenuti da miliardari, il cui primo punto del programma è
Israele (Saban e Adelson). La Corte Suprema sarà per un terzo ebraica, e
i giudici hanno legami con la comunità e con le famiglie. Come Israele
ha già dimostrato con il successo avuto nell’intimidazione nei
confronti del Giudice Goldstone [in italiano], i giuristi sono umani e ciascuno ha il suo prezzo.
Della “forza di occupazione” israeliana
negli USA fanno parte da gran tempo l’AIPAC, ma anche una densa rete di
organizzazioni comunitarie a livello locale e statale. Tramite le
relazioni sviluppate negli anni grazie ai fondi illimitati a propria
disposizione, la “Lobby Israeliana” assicura che i voti vadano nella
giusta direzione, e che gli avversari vengano schiacciati quando Israele
richiede unità. Nel 2003, all’inizio della guerra contro l’Iraq di
George Bush, questa forza d’occupazione si è moltiplicata grazie
all’inclusione dei Cristiani Sionisti.
Le critiche alla Lobby Israeliana sono
marginalizzate con tutti i mezzi possibili, compresa l’accusa di
antisemitismo. La Lobby è stata efficace nell’assicurare massicci aiuti
ad Israele, nonostante il suo PIL pro capite superi quello di svariate
nazioni europee. Addetti ai lavori israeliani hanno infiltrato il
governo USA, e la politica americana è che “non ci sia luce” tra i due
paesi, cosicché quando si parla di Israele non c’è alcun dibattito. Le
priorità di Israele sono in cima ai programmi statunitensi. Ci sono
ovviamente esempi in cui ciò non avviene (come con l’Iran) ma la
direzione punta verso una stretta del cappio coloniale negli anni a
venire.
Il colonizzatore deve essere un “Oggetto
Sacro” al di sopra delle critiche e di riesami obiettivi, chi lo
critica è pericoloso e dev’essere distrutto o emarginato. Nessun Inglese
in India parlava della madrepatria e delle sue azioni in toni che non
fossero reverenti, perfino quando, al tempo dell’impero anglo indiano,
l’Inghilterra era in subbuglio. In Inghilterra c’erano stampa libera e
pubblico dibattito; ma questo non era permesso in India, per ciò
che riguardava la Gran Bretagna. La sola posizione accettabile era
quella della reverenza.
Oggi Israele ha libera stampa, ed è
facile leggere traduzioni di articoli in ebraico. I commentatori
israeliani paragonano Netanyahu a Hitler, Israele è definito uno stato
razzista e di apartheid sulla base di prove, e l’estrema violenza e i
continui abusi contro i Palestinesi sono ben documentati. Ma questi
argomenti sono proibiti in USA. Nessun giornale vi darebbe spazio, né
sono argomenti di conversazione socialmente accettabili. Chi
trasgredisce viene definito antisemita, che sia ebreo o no.
Negli USA di oggi, i boicottaggi sono
considerati come una forma non violenta di libera espressione. I
cittadini hanno il diritto di boicottare tutto ciò che vogliono senza
rischiare alcuna penalizzazione. L’unica eccezione è Israele.
Le conquiste britanniche avvenivano “in
nome di Dio e della nazione”, e pertanto erano giustificate. I
britannici erano superiori, i nativi inferiori. Questa mentalità
generava la giustificazione morale per il caos che i Britannici hanno
creato quando hanno colonizzato l’Asia e il Medio Oriente. A quei tempi,
gli uomini non erano nati tutti uguali, e c’è voluta la Costituzione
degli Stati Uniti per istituzionalizzare questo fatto evidente.
Israele sta tentando di tornare a quei
giorni, agendo come se le vite degli Arabi fossero inferiori, e (nel
periodo più recente) promuovendo l’islamofobia per servirla alla propria
ala cristiano-sionista. Nel 2003, l’ultra sionista Bernard Lewis, si
propose come “esperto di Arabi” suggerendo al presidente Bush che la
sola lingua che gli Arabi comprendevano fosse la forza. Ciò contribuì a
giustificare l’attacco all’Iraq, come parte di un piano neocon
per la “distruzione creativa” degli stati arabi vicini di Israele, per
consentirgli il dominio sull’area. Ai nazisti a Norimberga venne
dimostrato più rispetto che a Saddam e alla leadership baathista: il
disprezzo nei confronti degli Arabi era palese.
Oggi gli ebrei israeliani stanno
impunemente distruggendo la società palestinese e cancellando la sua
cultura. Vengono distrutte chiese e moschee, anche se Israele
preferirebbe che l’attenzione venisse concentrata solo sulle moschee,
per alimentare una guerra di religione tra l’Islam da una parte e i
cristiani e gli ebrei dall’altra.
Mentre la stampa israeliana riporta e
consente il dibattito sulle malefatte della propria parte, agli
Americani è proibito dibattere pubblicamente e criticare i comportamenti
israeliani.
Un senatore statunitense dichiara fedeltà ad un paese straniero, e nessuno gli chiede di dimettersi!1/ Durante un dibattito al Congresso sull’accordo che il presidente Obama aveva negoziato con l’Iran, il Senatore Chuck Schumer ha dichiarato che avrebbe votato “contro” … non a causa di qualche analisi indipendente, ma perché questo era ciò che Netanyahu voleva. In altre parole, ha affermato pubblicamente che avrebbe seguito le indicazioni del Primo Ministro israeliano piuttosto che quelle del suo presidente. Perché, come ha detto, lui era “un guardiano di Israele”.
2/ Il Primo Ministro israeliano fa un discorso al Parlamento degli Stati Uniti contro l’accordo sul nucleare iraniano. Quando l’accordo viene concluso, Israele richiede ulteriori aiuti USA! Si può scegliere tra le varie definizioni di “ricatto” per vedere quale si adatti meglio.
Il presidente degli Stati Uniti è impotente quando ha a che fare con Israele. La cosiddetta “lobby pro Israele” funziona effettivamente come un suo agente. La lobby di Israele gioca lo stesso ruolo che aveva la Compagnia delle Indie Orientali nella colonizzazione britannica dell’India.
3/ La Lobby Israeliana interferisce massicciamente nella politica estera americana nella regione. I suoi spin doctor [in italiano] usano i media “mainstream”, come il New York Times, per propagandare le ragioni di Israele (i loro capi ufficio sono tipicamente ebrei e residenti in Israele). La guerra in Iraq è costata mille miliardi di dollari e migliaia di vite americane, ha creato l’ISIS ed è stata promossa dalla Lobby. Israele si avvantaggia della distrazione.
La colonizzazione degli USA da parte di
Israele sta diventando sempre più esplicita. Ora sembra “normale” che ci
sia un doppio standard: uno per Israele, un altro per il resto del
mondo. Il movimento boycott-Israel ne è un esempio: puoi boicottare tutti e tutto, ma non Israele. Questo è il vero potere e il volto della colonizzazione.
* * *
Articolo di Badruddin Khan per Counterpunch del 07/09/2016
Traduzione in italiano a cura di Mario B. per SakerItalia.it
[le note in questo formato sono del traduttore]
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