martedì 27 settembre 2016

Corrotti fino al Midollo. Dalle Università a Tiziana.


Qualche giorno fa sul Corriere, Sergio Rizzo ha dedicato un articoletto sulla parentopoli universitaria. I rettori e presidi che danno le cattedre ai propri figli, nuore, parenti –o parenti di altri rettori. “In una università meridionale, in una facoltà giuridica è stata istituita una cattedra di storia greca – che non c’entra niente col diritto – e in una facoltà letteraria è stata aperta una cattedra di diritto pubblico (che non c’entra niente con la  letteratura)”: al solo scopo di dare le due cattedre (e stipendi relativi: da 100 mila in sù)  “ai figli di due professori di altre università”. Perché così  gli esimi presidi e rettori aggirano la legge, varata dalla ministra Gelmini 5 anni orsono, che vietava a parenti di insegnare nella stessa facoltà.

La causa di quella legge, qualcuno ricorderà, fu il caso del rettore della Sapienza, nonché preside della facoltà di Medicina –il celebre Luigi Frati – che nella sua facoltà ha dato tre cattedre a suo figlio cardiologo, sua figlia, e sua moglie. La moglie s’intende è laureata in lettere, e niente sa di salute e malattia. Ma ecco pronta la soluzione: per lei è aperta la cattedra di Storia della Medicina, così anche una letterata ha il suo stipendio. E la figlia di Frati, laureata in Giurisprudenza? Niente paura: diventa docente di Medicina Legale. Naturalmente le due impapocchiatrici di “specialità” in cui sono state improvvisate hanno rubato il posto ad assistenti meritevoli, che una cattedra in Italia non l’avranno mai.

luigi-frati
Frati, Er Magnifico Rettò
A Tor Vergata, il preside di Medicina, Renato Lauro ha regalato la cattedra di Endocrinologia (che prima teneva lui) al figlio David Lauro, facendolo professore ordinario; e poi ha fatto professore associato di malattie dell’apparato respiratorio Paola Rogliati, sua nuora, nonché moglie del suddetto figlio.

All’Università di Bari c’era “il corridoio Tatarano, dove c’erano le stanze del professore di Diritto privato Giovanni Tatarano e dei suoi figli Marco e Maria Chiara. C’era la dinastia dei Massari: nove, per l’esattezza. E dei Girone: cinque, considerando anche il genero. Nel saggio L’università truccata Roberto Perotti aveva contato 42 parenti su 176 docenti di Economia, sempre a Bari”.

Sergio Rizzo rievoca la vecchia denuncia (vecchia: del ’96) del prefetto Achille Serra, brevemente nominato da Berlusconi capo di una “autorità anticorruzione”, che in un dossier sulla Scuola Universitaria di Alta formazione Europea “Jean Monnet” di Caserta (sic) documentava “i  rapporti di parentela, affinità o coniugio che legano nel 50% dei casi il corpo docente (82 persone) con personalità del mondo politico, forense o accademico».

Bene. Ma la gentile discrezione di giornalista mainstream gli impedisce di ricordare che il figlio di Napolitano, Giulio, ha avuto il beneficio della cattedra di diritto amministrativo (così sta vicino a casa, da papà) – una docenza “guadagnata” con un concorso che fu ritenuto truccato da un altro concorrente – pieno, lui, di pubblicazioni scientifiche apparse sulle riviste scientifiche – a cui diede ragione il Consiglio di Stato, che sulla ‘pubblicazione’ che il Figlio esibì per vincere o’ concuorzo, ebbe a scrivere: “La monografia del dott. Napolitano “Servizi pubblici e rapporti di utenza” risulta prodotta in esemplare stampato in proprio dall’autore, onde la stessa difetta del requisito minimo per essere definita pubblicazione valutabile agli effetti del concorso de quo”. Nessuna rivista scientifica aveva pubblicato il Figlio, che s’era pubblicato l’articolo da solo … Ed  aveva vinto o concuorzo lui, non lo scienziato del diritto. Si fa’ così a prendere cattedre in Italia.

Napolitano col figlio Giulio, docente
Napolitano col figlio Giulio, docente
Magari un giornalista meno discreto poteva anche ricordare l’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: non solo per decenni ‘docente’ a Palermo di una materia inventata apposta per lui  – diritto elettorale! – onde dargli la sinecura dello stipendio unito all’assenteismo cattedratico più totale (e infatti appena poté si mise in aspettativa per fare il parlamentare a tempo pieno, nella Cosca De Mita, ed incarichi ministeriali), ma ha anche un figlio, Bernardo Giorgio, insediato professore ordinario di diritto amministrativo all’Università di Siena (sì, anche Siena ha la sua università…),  nonché dicente alla LUISS (così resta vicino a papà) e messo dalla ministra Marianna Madia a capo dell’Ufficio legislativo del suo ministero, Funzione Pubblica, presso la presidenza del Consiglio dei Ministri. Con un bel cumulo di emolumenti.

Il nuovo capo dell’anticorruzione Cantore, commenta: è questo che spiega la fuga dei cervelli. Ovvia intuizione, complimenti. C’è di peggio: con questa occupazione tramite parentado, i politici e i presidi e rettori loro complici (e probabilmente che devono le loro carriere all’ammanicamento col politicume), tutto il livello della scienza, della cultura, del sapere in Italia è degradato al livello intellettuale e morale di questi raccomandati: bassissimo.

Sergio Mattarella con i figli Laura, Francesco e Bernardo .
Sergio Mattarella con i figli Laura, Francesco e Bernardo .
Forse non è un caso che anche Giovanni Malagò, notorio presidente del CONI, sia stato accusato di aver rubacchiato la laurea in Economia. Accusa da cui il tizio si difende così: «È tutto prescritto, non ho mai corrotto nessuno, i pm infatti non hanno dimostrato niente. E comunque poi quegli esami li ho sostenuti di nuovo». La nuova, l’ha presa non a Roma  ma a Siena: vedi sopra.
http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerArticolo.php?storyId=54a25e3f85e3d

Disertati dagli studenti


Le poche università italiane che appaiono fra le prime 400 in Europa sono, Milano, Milano Bicocca e Trieste, si situano tra il 251 mo e il 257 posto della speciale classifica stilata da Times (THE, Times of Higher Education); Torino e Bologna affondano attorno al trecentesimo posto. Nessuna università italiana è fra le prime 200.

Lo scadimento che questi parassiti occupando gli atenei hanno portato agli studi è talmente evidente, che stanno perdendo a precipizio iscrizioni: da un anno all’altro meno 70 mila giovani si iscrivono a corsi universitari – del resto, specie nel Sud, si iscrivevano per il pezzo di carta necessario a ‘o’ concuorzo’, ma ora anche i concorsi pubblici, affollatissimi, sono diventati statisticamente impraticabili per accaparrarsi ‘il posto’ – e quindi perché farsi degli anni sotto la nuora di Frati, o il figlio di Mattarella o di Napolitano? Da cui si impara cosa? Qualche imparaticcio che loro stessi hanno studiacchiato, probabilmente scopiazzando lezioni altrui.

Ovviamente questi docenti, presidi e rettori sono una causa determinante per l’arretramento dell’Italia, della preparazione degli italiani a posti dirigenziali. Ma il danno alla cultura generale, allo stesso livello mentale del paese, è più che economico. E’ un  incalcolabile deterioramento del clima intellettuale nazionale.

Se si guarda alla Francia, alla Gran Bretagna, agli Stati Uniti – e persino alla Spagna – si vede che i docenti universitari sono “gli intellettuali” che partecipano ai dibattiti pubblici su questioni cruciali,   che vengono intervistati sia come esporti, sia in qualche modo come maitres à penser. In Italia, a parte i porti pagatissimi columnist mainstream (per esmepio Galli Della Loggia), avete mai sentito un parere pubblico di questi cattedratici del Sud?

Fanno tutti il pesce in barile. Il che significherà qualcosa. Non pubblicano mai nulla sulle riviste scientifiche internazionali: meditate gente.

Il che ha influenza, a cascata, sulle altre professioni intellettuale: anche i giornalisti hanno la laurea, guadagnata da questi impapocchiatori di docenze. Pressapochismo e disonestà, provincialismo e  ottusità indifferenza alla verità, magari discendono da quei “docenti” pressappochisti e provinciali.

Non dimentichiamo la lezione (im)morale che ne traggono studenti, assistenti, giornalisti, politi, amministratori, insegnanti di rango inferiore. In tutto il resto del mondo, i cattedratici sono guardati come gli apici del sapere competente, ed essi stessi se ne sentono investiti: coscienti del loro prestigio, rifiuterebbero di metterlo in forse con mezzucci, auto pubblicazioni e simili. Sarebbero derisi dai colleghi internazionali, alla cui ammirazione aspirano, con cui competono sulle pubblicazioni più rinomate.

I rettori e presidi italiani, ovviamente, non hanno alcun prestigio da difendere. Né hanno alcun rispetto di sé, visto che si concepiscono come distributori di cattedre a  figli e nuore proprie e altrui, del tutto indifferenti a qualunque criterio di eccellenza. Ma che dico? Il livello dei nostri giudici costituzionali ne riflette la natura: non a caso, sono quelli che continuamente eleggono”Presidente” della Corte Costituzionale quello di loro che fra sei mesi andrà in pensione, onde possa mettersi a riposo col massimo dell’emolumento (450 mila, se non sbaglio), l’auto blù, la segreteria, i benefit…

Un trucchetto da magliari di cui, come Custodi della Costituzione, dovrebbero semplicemente vergognarsi.

Ma non si vergognano. Come non si vergogna il rettore Frati (anzi si vanta), come non si è vergognato Napolitano, da eurodeputato, di falsare i biglietti aerei per Bruxelles. Qui non si vergogna nessuno.

Il bilancio è tristissimo. Berlusconi e Bossi col suo Trota, hanno fatto tramontare la speranza che nel Nord ci fosse una “classe dirigente” di riserva, capace di prendere il comando del governo italiano: anche lì, la decadenza culturale fu evidente.

Nel resto dal paese, avete quella Tiziana – che si è vergognata, ma “dopo” quando doveva vergognarsi “prima” – e tutti i media a compiangerla come un’eroina. Che dire?

Che cosa dovrebbe infatti impedire a un dirigente statale di rubare? Cosa obbligare un cattedratico ad essere competente e studiare, anzi essere eccellente? Cosa? L’amor di patria? Non fatemi ridere che ho le labbra screpolate. Il timor di Dio? Per favore, l’abbiamo superato, oggi siamo liberi da questi tabù. Il rispetto di sé? Il senso della propria dignità?

Non resta che ripetere le parole dell’amico Andrea Mazzalai, economista alternativo, proprio a  proposito della parentopoli universitaria: “Stiamo vivendo una crisi antropologia devastante – La crisi economico/finanziaria è solo pura conseguenza”.

Questo popolo si autodistrugge. Volontariamente. Aspira a divenire nulla, sparire dalla storia e dall’umanità stessa.


Maurizio Blondet


fonte: http://www.maurizioblondet.it/corrotti-al-midollo-dalle-universita-tiziana/

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L'Italia ha la forma di uno Stivale

ADNkronos: Fa discutere la denuncia del presidente dell'Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, secondo cui a provocare la fuga dei cervelli è anche la corruzione negli atenei. Ma il fenomeno, che nemmeno il divieto 'anti-baroni' della riforma Gelmini sarebbe riuscito a intaccare, era stato 'certificato' per la prima volta su una rivista internazionale nel 2011. E forse non a caso a puntare il dito era proprio un cervello in fuga. A stabilire - statistiche alla mano - che l'università, nel Belpaese, è un 'affare di famiglia' è infatti una ricerca targata University of Chicago Medical Center, firmata dall'italiano Stefano Allesina, professore del Dipartimento di Ecologia ed evoluzione dell'ateneo americano, dove è anche responsabile dell'Allesina Lab.
La sua analisi della frequenza dei cognomi nelle varie discipline e istituzioni universitarie evidenzia un raggruppamento insolitamente alto degli stessi 'nomi'. Indicando, secondo lo studioso, un "nepotismo diffuso" nelle scuole del Paese. Insomma, non si tratta di pochi casi isolati, finiti magari sulle cronache dei giornali: cattedre, dottorati e ruoli di spicco si tramandano di generazione in generazione. Confrontando la frequenza dei cognomi tra oltre 61.000 docenti in medicina, ingegneria, giurisprudenza, e in altri campi, Allesina all'epoca ha rilevato che i risultati sono "incompatibili" con eque e imparziali opportunità di assunzione. Insomma, secondo l'analisi pubblicata online su 'Plos One', i casi di nepotismo accademico finiti negli anni sui giornali e in tv non sono stati incidenti isolati.
Per misurare la dimensione del fenomeno, Allesina si è rivolto al database del ministero italiano della Pubblica istruzione. Un 'cervellone' che - all'epoca della ricerca - conteneva le informazioni su nome e cognome di oltre 61.000 professori di ruolo in 94 istituzioni, insieme con dipartimento e sotto-disciplina relative a ciascuno. Un esercito di cognomi usato da Allesina per eseguire una semplice analisi della frequenza dei nomi. Oltre 27.000 cognomi diversi sono apparsi almeno una volta nel set di dati, e Allesina ha cercato di verificare se alcuni tornassero più spesso del previsto in determinati settori. Così ha programmato il computer per condurre un milione di test casuali nel database e vedere se la probabilità di incappare negli stessi cognomi fosse paragonabile a quella generale, che si trova nella vita reale.
Risultato? Il ricercatore si è ritrovato con in mano una frequenza improbabile degli stessi cognomi, 'spia' secondo lui di assunzioni nepotistiche. "E 'molto semplice, chiunque con un computer portatile può fare questa prova - diceva Allesina - E anche con questa analisi semplicistica può scoprire che alcune discipline sono al di sopra e al di là di quello che uno potrebbe aspettarsi".
"In Italia, c'è una fuga di cervelli enorme - sottolineava Allesina - Penso che questo tipo di pratiche di assunzione" messe in luce dall'analisi statistica dei cognomi, "contribuisca molto a questo fenomeno. E anche al fatto che le università italiane non vantino rank molto elevati a livello internazionale". - (l'articolo completo su ADNkronos) -
commento di freeskies: lo sanno tutti che l’Italia è un paese a conduzione familiare, massonica e mafiosa. Ho visto di persona professoroni universitari utilizzare il cognome della madre per vergogna! Provate ad entrare in un qualsiasi settore dell’amministrazione pubblica senza ‘spinte’. Provate a vincere una borsa di dottorato per soli meriti accademici o, addirittura, una cattedra universitaria. Infine, iscrivetevi pure ad un concorso per magistrati (coloro che dovrebbero vigilare) o notai, oppure provate a fare la carriera diplomatica. Di un posto nelle forze armate ne vogliamo parlare? Ne vedrete delle belle. Ecco perché l’Italia va a rotoli. Anche un posto per autista di autobus o di spazzino è sottoposto alla gestione da parte di qualche barone. La raccomandazione è un cancro micidiale perché alimenta una catena individualmente e socialmente devastante. Il risultato è che l’italiano onesto e capace fugge o si deprime mentre il corrotto/corruttore, e quindi imbecille e tronfio, resta. Senza il calcio nel didietro … ora ho capito perché l’Italia ha la forma di uno stivale.


 fonte: http://offskies.blogspot.it/2016/09/litalia-ha-la-forma-di-uno-stivale.html

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