Nell’anno 1000 questo
pianeta contava 250 milioni di abitanti. 650 anni dopo, raddoppiando,
il numero di abitanti si portava a 500 milioni. 150 anni dopo,
raddoppiava ancora, conquistando il primo miliardo.
Qualcosa era accaduto, quindi, tra il 1650 ed il 1800, che aveva
modificato il modello di crescita della popolazione, con
un’accelerazione che, confrontata con quelle delle risorse disponibili,
dava luogo ed origine ad un problema che andava analizzato seriamente ed
in dettaglio.
Alla fine del ‘700, l’analfabetismo era massivo, per cui appare evidente
che, chi ne scriveva, poteva rivolgersi solo ed esclusivamente ad
un’elite erudita ed istruita, della quale lui stesso ne era parte.
Nel
1790, il primo saggio, o comunque tra i primi su questo problema, che si
rileva in rete (qui il libro in una delle edizioni e stesure
disponibili) è: “Riflessioni sulla popolazione delle nazioni per rapporto all’economia nazionale”,
del veneziano Giammaria Ortes, al quale seguirono, dopo pochi anni nel
1800, quelli del più famoso reverendo Robert Thomas Malthus, da cui trae
origine l’omonima corrente di pensiero: il Malthusianesimo.
Le conclusioni dell’analisi di Ortes, basate su un’aspettativa di vita
media intorno ai 60 anni, riassunte in estrema sintesi, sono che: se
lasciata libera ed in condizioni non disagevoli, la popolazione
raddoppia ogni 30 anni. Con analisi numeriche tratte certamente dal
predecessore Ortes, e altrettanto analoghe considerazioni sulla libertà
di crescita e sviluppo, Malthus giungeva ad un periodo di raddoppio
medio stimato in 25 anni...
L’analisi di Malthus, estendendosi alle risorse disponibili, giungeva
alla conclusione che: mentre il modello di crescita della popolazione
seguiva una legge di tipo geometrico 1,2,4,16, quella delle risorse era
assimilabile ad una legge lineare 1,2,3,4. In definitiva, se ancora dopo
i primi 25 anni era possibile trovarsi in una condizione soddisfacente,
già dopo 50, al successivo raddoppio, ¼ della popolazione non avrebbe
avuto di che sfamarsi, cosa che diventava insostenibile dopo 75, con ¾
della popolazione mondiale destinata a perire per fame. E’ evidente che
questo modello di sviluppo può ritenersi solo teorico perché, nella
pratica, sarebbe stato interrotto e modificato da eventi successivi e
conseguenti: individui che soffrono la fame avrebbero finito per
uccidersi tra loro, non escludendo deviazioni anche in direzione di un
possibile ritorno al cannibalismo.
Malthus pertanto concludeva,
asserendo che il problema poteva essere risolto solo con interventi
esterni che mitigassero la crescita adeguandola a quella delle risorse.
Alla luce di queste considerazioni, una rivisitazione storica, anche
sommaria, degli ultimi 200 anni e degli eventi tramandati da scritti,
con trame decisamente improbabili e giustificazioni mai date, o rese
come fossero scaturite da una casuale fatalità, sarebbe quantomeno
opportuna se non addirittura necessaria, per comprendere quanto di vero
ci sia stato in questi ultimi anni, se non decenni, del nostro vissuto.
Tuttavia, lo scostamento tra reale e virtuale, in tal caso, sarebbe
talmente elevato che non basterebbe un lieve spostamento dell’angolo
visuale di qualche grado, ma si renderebbe necessaria una rotazione
completa che ci consegnerebbe una realtà assolutamente opposta a quella
che conosciamo.
Annullare tutto il passato, insieme alle convinzioni
nelle quali è stata costruita ogni singola vita, ogni singolo attimo,
idea, opinione, significa perdere completamente l’equilibrio, e ancor
peggio perdere tutti i dati, o quantomeno l’idea che di quei dati si
aveva, in un completo resettaggio e nuova formattazione, con totale
cambiamento anche del software, perché il primo non andava bene per
nulla.
Significa doversi assumere, anche se avvenuta in piena ed
assoluta inconsapevolezza, la responsabilità di eventi disumani e
disumanizzanti che, se noti, forse potevano essere evitati. La non
conoscenza di ciò che è stato non può comportare certamente una
colpevolizzazione, ma una voluta non presa di coscienza, con ulteriore
indifferenza, qualsiasi sia il motivo addotto, indurrà e condurrà
all’autodistruzione della specie, già in atto.
Nessuno, singolarmente, può cambiare o pretendere di cambiare il mondo, ma può e deve partecipare.
Il vero ed unico segreto della vita è: vivere.
Non lo stiamo facendo, non lo abbiamo mai fatto, non v’è giustificazione alcuna per continuare a farlo.
Bruno Aliberti
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