venerdì 30 settembre 2016

Il vero ed unico segreto della vita è: vivere.

 
Nell’anno 1000 questo pianeta contava 250 milioni di abitanti. 650 anni dopo, raddoppiando, il numero di abitanti si portava a 500 milioni. 150 anni dopo, raddoppiava ancora, conquistando il primo miliardo. 
 
Qualcosa era accaduto, quindi, tra il 1650 ed il 1800, che aveva modificato il modello di crescita della popolazione, con un’accelerazione che, confrontata con quelle delle risorse disponibili, dava luogo ed origine ad un problema che andava analizzato seriamente ed in dettaglio. 
 
Alla fine del ‘700, l’analfabetismo era massivo, per cui appare evidente che, chi ne scriveva, poteva rivolgersi solo ed esclusivamente ad un’elite erudita ed istruita, della quale lui stesso ne era parte. 
 
Nel 1790, il primo saggio, o comunque tra i primi su questo problema, che si rileva in rete (qui il libro in una delle edizioni e stesure disponibili) è: “Riflessioni sulla popolazione delle nazioni per rapporto all’economia nazionale”, del veneziano Giammaria Ortes, al quale seguirono, dopo pochi anni nel 1800, quelli del più famoso reverendo Robert Thomas Malthus, da cui trae origine l’omonima corrente di pensiero: il Malthusianesimo. 
 
Le conclusioni dell’analisi di Ortes, basate su un’aspettativa di vita media intorno ai 60 anni, riassunte in estrema sintesi, sono che: se lasciata libera ed in condizioni non disagevoli, la popolazione raddoppia ogni 30 anni. Con analisi numeriche tratte certamente dal predecessore Ortes, e altrettanto analoghe considerazioni sulla libertà di crescita e sviluppo, Malthus giungeva ad un periodo di raddoppio medio stimato in 25 anni...

 
L’analisi di Malthus, estendendosi alle risorse disponibili, giungeva alla conclusione che: mentre il modello di crescita della popolazione seguiva una legge di tipo geometrico 1,2,4,16, quella delle risorse era assimilabile ad una legge lineare 1,2,3,4. In definitiva, se ancora dopo i primi 25 anni era possibile trovarsi in una condizione soddisfacente, già dopo 50, al successivo raddoppio, ¼ della popolazione non avrebbe avuto di che sfamarsi, cosa che diventava insostenibile dopo 75, con ¾ della popolazione mondiale destinata a perire per fame. E’ evidente che questo modello di sviluppo può ritenersi solo teorico perché, nella pratica, sarebbe stato interrotto e modificato da eventi successivi e conseguenti: individui che soffrono la fame avrebbero finito per uccidersi tra loro, non escludendo deviazioni anche in direzione di un possibile ritorno al cannibalismo. 
 
Malthus pertanto concludeva, asserendo che il problema poteva essere risolto solo con interventi esterni che mitigassero la crescita adeguandola a quella delle risorse. Alla luce di queste considerazioni, una rivisitazione storica, anche sommaria, degli ultimi 200 anni e degli eventi tramandati da scritti, con trame decisamente improbabili e giustificazioni mai date, o rese come fossero scaturite da una casuale fatalità, sarebbe quantomeno opportuna se non addirittura necessaria, per comprendere quanto di vero ci sia stato in questi ultimi anni, se non decenni, del nostro vissuto. 
 
Tuttavia, lo scostamento tra reale e virtuale, in tal caso, sarebbe talmente elevato che non basterebbe un lieve spostamento dell’angolo visuale di qualche grado, ma si renderebbe necessaria una rotazione completa che ci consegnerebbe una realtà assolutamente opposta a quella che conosciamo. 
 
Annullare tutto il passato, insieme alle convinzioni nelle quali è stata costruita ogni singola vita, ogni singolo attimo, idea, opinione, significa perdere completamente l’equilibrio, e ancor peggio perdere tutti i dati, o quantomeno l’idea che di quei dati si aveva, in un completo resettaggio e nuova formattazione, con totale cambiamento anche del software, perché il primo non andava bene per nulla. 
 
Significa doversi assumere, anche se avvenuta in piena ed assoluta inconsapevolezza, la responsabilità di eventi disumani e disumanizzanti che, se noti, forse potevano essere evitati. La non conoscenza di ciò che è stato non può comportare certamente una colpevolizzazione, ma una voluta non presa di coscienza, con ulteriore indifferenza, qualsiasi sia il motivo addotto, indurrà e condurrà all’autodistruzione della specie, già in atto. 

Nessuno, singolarmente, può cambiare o pretendere di cambiare il mondo, ma può e deve partecipare. 
 
Il vero ed unico segreto della vita è: vivere. 
 
Non lo stiamo facendo, non lo abbiamo mai fatto, non v’è giustificazione alcuna per continuare a farlo. 
 
 
Bruno Aliberti
 
 

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