Alcuni
aspetti dei due ultimi forum (il secondo Forum Economico Orientale
(EEF) tenutosi a Vladivostok e il vertice dei G20 ospitato ad Hangzhou)
hanno creato terreno fertile per la discussione relativa a vari problemi
inerenti al rapporto tripartito “sino-russo-giapponese”. Nel corso del
tempo, l’importanza della discussione aumenterà, soprattutto se il
futuro presidente della prima potenza mondiale decidesse di cambiare la
politica estera del Paese per il crescente malcontento degli
statunitensi verso l’impegno del loro Paese nei giochi politici globali,
in particolare in regioni a migliaia di chilometri dagli Stati Uniti.
Così, lo stato delle relazioni tripartite “russo-sino-giapponesi” avrà
un’importanza crescente, almeno sulla situazione nella parte
settentrionale della Regione marittima, dalla penisola coreana allo
Stretto di Malacca. Oggi, lo stato delle cose in questo settore ha lo
stesso peso sull’ordine mondiale che i “Balcani” avevano una volta.
Pertanto, è importante per la Russia assicurarsi la chiara comprensione
dei processi in questa regione. Tanto più che la Russia è costretta a
“spostarsi verso est” in politica estera per via di certi motivi
oggettivi.
Parlando alla sessione plenaria dell’EEF, la presidentessa sudcoreana
Park Geun-hye definiva la principale controversia della situazione dei
moderni “Balcani” come “paradosso asiatico”. Questo termine fu
utilizzato recentemente per descrivere un fenomeno in cui due Paesi,
nelle relazioni interstatali, (uno dei quali spesso, ma non sempre, è la
Cina) mostrano contrastanti aspirazioni economiche e politiche. Le
ambizioni politiche sembrano essere diventate un’importante ostacolo nel
continente asiatico alla realizzazione di progetti multilaterali
reciprocamente vantaggiosi.
In particolare, gli ostacoli politici
impediscono l’attuazione dei pomposi appelli a rilanciare la Via della
Seta. “Il paradosso asiatico” si manifesta al massimo sul lato
“sino-giapponese” del triangolo “Russia-Cina-Giappone”. Sembra che anche
le parti di questo “lato” troverebbero impegnativo un ragionamento
sensato sul motivo per cui le due principali potenze asiatiche non
possano riconciliare (e, preferibilmente, nel modo meno conflittuale) i
loro interessi assurgendo a nuovi attori politici di primo piano.
Questa
domanda, tuttavia, sembra non essere più rilevante. C’è un altro, molto
più importante per la Russia, aspetto: Cina e Giappone hanno un
atteggiamento sempre più competitivo, non solo nel nord della regione
menzionata, ma anche nel sud, nonché nell’Oceano indiano, Africa,
America Latina ed Europa. La parte peggiore di tale scenario già
pessimistico è che non sembrano offrirsi margini di miglioramento. Nei
precedenti articoli veniva osservato che il comportamento dei leader
giapponesi e cinesi al G20 era profetico. Una risposta alla domanda se
il Premier giapponese Abe e il Presidente cinese Xi Jinping si sarebbero
incontrati al vertice, e in caso affermativo, come, è rimasta un
mistero fino al G20. Poi qualche fonte anonima del governo giapponese
fece sapere che una riunione si sarebbe tenuta subito dopo la chiusura
del vertice e che i leader si sarebbero incontrati in modo formale.
Tuttavia, la dichiarazione del PM Abe prima del viaggio a Pechino, dove
“esprimeva la posizione del Giappone sulla situazione nei Mar Cinese
Orientale e Mar Cinese Meridionale”, sottolineava l’importanza del
rispetto del diritto internazionale, garantendo la libertà di
navigazione, rendeva scettici sulla possibilità di un incontro tra i due
leader. Non si poteva non prendere atto che (piuttosto in modo ingenuo)
l’osservazione di Abe fosse di per sé suggestiva. In primo luogo, è
implicito che Tokyo non aveva piani per discutere con Pechino dello
status delle isole Senkaku/Diaoyu nel Mar Cinese Orientale, e in secondo
luogo, il Giappone aveva approvato la risoluzione del 10 luglio sulla
situazione nel Mar Cinese Meridionale adottata dalla Corte di arbitrato
dell’Aia. Tale risoluzione era la fonte dei peggiori problemi della
politica estera della Cina negli ultimi anni.
Ma nonostante tutto, i
leader delle due principali potenze asiatiche hanno avuto brevi colloqui
per la prima volta in un anno e mezzo. E il senso della riunione non è
scambiarsi luoghi comuni sulla necessità di stabilire relazioni
bilaterali “a lungo termine, sane e stabili”, sempre sentite nel vertice
APEC ospitato da Pechino due anni prima, ma nel fatto che avessero
effettivamente luogo.
Se l’incontro indicava l’inizio del disgelo nelle relazioni sino-giapponesi sarà chiaro solo dopo il vertice tripartito in programma per dicembre. La finalizzazione del lungo processo per “segnare il tempo” in cui Giappone, Corea del Sud e Cina non trovavano un accordo di libero scambio, è destinato a divenire il tema centrale del vertice. Questo programma è affetto da ambizioni politiche nel modo più evidente e negativo.
A peggiorare le cose, negli ultimi mesi, un altro grave
problema si è aggiunto alla “collezione” di “punti dolenti”
giapponese-sudcoreani, con il dispiegamento del sistema di difesa
missilistico statunitense (THAAD) avviato in Corea del Sud. Quando
incontrò Park Geun-hye, al G20, Xi Jinping espresse esplicitamente la
preoccupazione della Cina su ciò. Ma non importa quanto le relazioni sul
“lato” sino-cinese del triangolo “Russia-Cina-Giappone” si sviluppino
in futuro, è ovvio che le due principali potenze asiatiche (e la potente
vicina Russia) continueranno a competere sulla scena politica mondiale.
Dato che la Russia sarà inevitabilmente influenzata dall’andazzo di
tale “concorso”, deve mantenere sangue freddo e, in primo luogo,
ricordarsi di costruire la propria politica estera e, in secondo luogo,
adottare misure per mitigarne l’impatto negativo su politica estera e
programma per lo sviluppo economico di Siberia ed Estremo Oriente.
Inoltre, attuando la propria strategia in relazione a questi Paesi
asiatici, la Russia dovrebbe, in primo luogo, ridurre al minimo le
conseguenze del (apparentemente inevitabile) dilagare dei problemi
sino-giapponesi in territorio russo e, dall’altro, non adottare alcun
passo volontario o involontario che aggravi ulteriormente la situazione.
Per raggiungere gli obiettivi, la Russia dovrebbe pensarci due volte e
decidere una volta quando si tratta di Cina o Giappone. Questa tattica
potrebbe essere particolarmente utile risolvendo il “problema delle
isole Curili” o dei “Territori del Nord”, come i giapponesi le chiamano.
Vladimir Terehov New Esatern Outlook 25/09/2016
Vladimir Terekhov, esperto sui temi della regione Asia-Pacifico, in esclusiva per la rivista online “New Esatern Outlook“.
Shinzo Abe chiede maggiore cooperazione rafforzata con la Russia
Abe invoca anche migliori rapporti con la Cina e la Corea del Sud
Il
Primo ministro giapponese Shinzo Abe ha detto alla camera del
parlamento il 26 settembre che si aspetta di risolvere la vecchia
disputa territoriale con la Russia e di rafforzare la cooperazione
bilaterale. “Questo mese ho avuto il 14° incontro con il Presidente
russo Vladimir Putin. Risolvendo la questione territoriale porremo fine
alla situazione anomala in cui i nostri Paesi non hanno un trattato di
pace a 71 anni dalla fine della guerra”, ha detto Abe alla sessione
plenaria per annunciare il suo programma.
Aprendo grandi possibilità
alla collaborazione giapponese-russa in campo economico, energetico e
altri, aggiungeva. “La visita del Presidente della Russia in Giappone
quest’anno ci permetterà di avanzare i colloqui secondo il ruolo di
primo piano dei nostri Paesi”. Abe sottolineava anche che l’alleanza con
gli Stati Uniti è alla base della politica estera e della sicurezza del
Giappone. Il primo ministro sottolineava anche l’intenzione di
migliorare le relazioni con la Cina e approfondire la cooperazione con
la Corea del Sud, definendola “vicina importante”.
Russia e Giappone non hanno ancora firmato il trattato di pace della Seconda guerra mondiale. La soluzione del problema, ereditato dall’Unione Sovietica, è ostacolata dalla disputa sulle Curili meridionali, le isole di Shikotan, Habomai, Iturup e Kunashir, che il Giappone chiama “Territori del Nord”. Nelle fasi finali della Seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica prese le isole, e nel febbraio 1946 le isole Curili furono dichiarate territori dell’Unione Sovietica. Nel 1956, URSS e Giappone firmavano la dichiarazione congiunta per stabilisce rapporti bilaterali diplomatici, commerciali ed altri. Secondo il documento ratificato dai parlamenti di entrambi i Paesi, l’URSS espresse la disponibilità di restituire unilateralmente Shikotan e Habomai come gesto di buona volontà, ma solo dopo aver firmato il trattato di pace. L’accordo fu respinto dal Giappone che, nel contesto della guerra fredda, pretendeva anche le isole Kunashir e Iturup.
All’inizio di settembre, Putin e Abe s’incontravano a Vladivostok in Russia durante il Forum economico orientale (EEF) decidendo d’intensificare i colloqui bilaterali e d’incontrarsi in Perù al vertice dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC) di novembre. A dicembre, il leader russo dovrebbe vistare il Giappone.
TASS 26 settembre 2016 – RBTH
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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