«Si vuole evitare che, anche in caso di uscita dell’Italia dall’euro,
il paese possa tornare ad esercitare in futuro la piena sovranità
monetaria con una banca nazionale attiva».
Per l’economista Nino
Galloni, già docente alla Cattolica di Milano, all’università di Modena e
alla Luiss, il vero obiettivo della manovra che ha fatto indignare i
grillini – la “ghigliottina” di Laura Boldrini che taglia il dibattito
in aula per impedire di discutere un decreto-truffa, truccato da
provvedimento anti-Imu – è l’amputazione (anche per il futuro) della
sovranità monetaria nazionale, cioè la capacità teorica di Bankitalia di
tornare un giorno ad essere il “bancomat del Tesoro”, permettendo al
governo di fare spesa pubblica per investire in occupazione e
risollevare l’economia
nazionale, finanziando investimenti con sano debito pubblico sovrano.
In altre parole: chi “consegna” definitivamente la banca centrale al
credito privato vuole mettere una pietra tombale sulla libertà
democratica del paese.
Il decreto-vergogna, dice Galloni ad Alessandro Bianchi in un’intervista su “L’antidiplomatico”, è stato approvato grazie all’inaudita “tagliola” della Boldrini,
per imporre una rivalutazione delle quote di Bankitalia, ferme ai
156.000 euro di valore del 1936. Così, il capitale di riserva passerà a
7,5 miliardi di euro. E agli azionisti – principalmente banche private –
sarà garantito un dividendo del 6%, quindi fino a 450 milioni di euro
di profitti l’anno. Infine, le quote della Banca d’Italia potranno
essere vendute a soggetti stranieri, purché comunitari. Ma l’ennesimo
regalo alle banche disposto dal governo Letta nasconde un disegno ancora
più pericoloso: la vera posta in gioco, sottolinea Galloni, è la fine
(definitiva) della sovraniotà italiana. «Mentre oggi con un capitale di
156.000 euro sarebbe piuttosto agevole rendere nuovamente pubblica la
banca centrale e salvare anche le nostre lire, con il decreto deciso dal
governo Letta diventa praticamente impossibile».
Per ripristinare la sovranità monetaria, aggiunge Galloni, in caso di
uscita dall’euro «l’unica soluzione sarebbe creare una nuova Banca
d’Italia», operazione ovviamente «molto complessa». Se non altro, si
consola l’economista, «la vicenda è un segnale di forte debolezza da
parte di chi oggi combatte per sostenere l’euro», non-moneta sempre più
indifendibile. Per questo, Palazzo Chigi – che di fatto si limita ad
eseguire i diktat neoliberisti che l’élite oligarchico-finanziaria
affida alla Troika – vuole assolutamente evitare che lo Stato possa
tornare nelle condizioni di poter finanziare il proprio sviluppo. Un
dettaglio determinante, infatti, riguarda il caso del Monte dei Paschi
di Siena. Il suo presidente, Alessandro Profumo, ha appena dichiarato
che, senza una immediata ricapitalizzazione di Mps, salta tutto il
sistema bancario italiano. «Traduzione: se non si fa la
ricapitalizzazione e Mps diventa pubblica comprerà il denaro dalla Bce
allo 0,25%, lo rivenderà allo Stato allo 0,30% e, quindi, quella
differenziale di guadagno che oggi hanno le banche dai tassi d’interesse
sui titoli di Stato e lo 0,25% non lo ricaveranno più».
Obiettivo strategico del decreto messo a punto da Saccomanni per
conto del governo Letta-Napolitano: impedire allo Stato di
riappropriarsi della sua sovranità monetaria, condizione indispensabile
per poter affrontare la crisi
economica prodotta dall’Eurozona. «La vera battaglia in corso non è
solo tra pro-euro o anti-euro», dice Galloni, ma ormai coinvolge anche
«lo scenario che abbiamo in mente in caso di uscita dalla moneta unica».
Ovvero: «Lo si farà ripristinando la sovranità monetaria e degli Stati o
rimanendo schiavi con monete diverse dall’euro?». Oggi, il fronte
anti-euro non è ancora una realtà omogenea: si divide tra chi vuole
uscire dall’euro a qualunque costo e chi invece vorrebbe farlo
ripristinando la sovranità monetaria. «E l’obiettivo, oggi,
è tagliare la strada a questi ultimi ed evitare che il giorno dopo che
salta l’euro, magari nei modi più imprevedibili, lo Stato possa tornare
ad esercitare la piena sovranità monetaria».
Un’uscita confusa dalla moneta unica – cioè senza il ripristino della
piena facoltà di spesa da parte dello Stato grazie alla libera
emissione di valuta – è destinata a produrre «conseguenze che non si
possono oggi prevedere, ma gravi». Nino Galloni sostiene che dovremmo
prendere a modello la Gran Bretagna, l’Australia e anche gli Usa. Di fatto, in tutto il mondo, «solo la vecchia Europa
ha deciso di abdicare alla propria sovranità monetaria: non è da tutti
avere rinunciato ad una funzione così essenziale». Quantomeno,
nonostante la disinformazione “militare” organizzata dai media
mainstream, l’opinione pubblica si è mobilitata, grazie anche alla
ferma opposizione condotta dal M5S. C’è da augurarsi che il governo
venga travolto dalle polemiche e faccia retromarcia. «Ora che è stata
raggiunta una piena consapevolezza è importante proseguire in questa
azione», dice Galloni. «Per il “Movimento 5 Stelle” sarebbe una vittoria
mediatica importante, in risposta a tutti coloro che l’accusano di
muoversi solo su questioni secondarie». Questa, al contrario, «è una
vicenda di fondamentale importanza per il futuro del nostro paese».
fonte: http://www.libreidee.org/2014/01/ciao-bankitalia-guai-se-ridiventiamo-un-paese-sovrano/
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