In
un primo momento, le ONG perseguivano obiettivi lodevoli legati alla
difesa dei diritti umani e della dignità umana, ma sempre più prove
dimostrano che per alcune di tali organizzazioni questa osservazione è
relativa. Infiltrate da funzionari governativi e coinvolte in certi
conflitti, ignorandone altri. In filigrana si notano i contorni di una
strategia che riflette la politica dei dipartimenti degli Esteri. Alcuni
governi, come gli Stati Uniti, neanche nascondono tale
strumentalizzazione delle organizzazioni “non governative”. Così, l’ex
segretario di Stato Colin Powell, in un discorso alle ONG all’inizio
dell’operazione Enduring Freedom (invasione dell’Afghanistan), nell’ottobre 2001, disse:
“Le ONG sono un nostro moltiplicatore di forza, parte importante della nostra squadra di combattimento.” (1)
L’ONG Amnesty International è stata fondata dall’inglese Peter
Benenson. Prima di praticare la professione di avvocato, lavorò al
ministero dell’Informazione e della stampa inglese durante la Seconda
Guerra Mondiale. Ha poi lavorato a Bletchley Park, il centro di
decrittazione inglese dove fu assegnato alla “Testery“. Peter Benenson era responsabile della decifrazione dei codici tedeschi.
“Nel 1960, Benenson fu colpito da un articolo che riportava l’arresto di due studenti condannati a sette anni di carcere per aver brindato alla libertà sotto la dittatura di Salazar. Disgustato, lanciò sul giornale Observer (il cui direttore era David Astor) un appello ai “prigionieri dimenticati” in cui fu utilizzato per la prima volta il termine “prigioniero di coscienza”. L’avvocato ricevette migliaia di lettere di sostegno. L’appello, ripreso dai giornali di tutto il mondo, chiedeva ai lettori di scrivere lettere per protestare contro l’arresto dei due giovani. Per coordinare tale campagna, Benenson fondò nel luglio 1961 l’associazione Amnesty International con l’aiuto, tra gli altri, di Sean MacBride e Eric Baker.” (2)
Da allora, Amnesty ebbe il carattere
di organismo consulente delle Nazioni Unite e tra gli altri, del suo
Consiglio economico e sociale, dell’UNESCO, dell’Unione Europea e
dell’Organizzazione degli Stati Americani. Ebbe anche lo status di
osservatore presso l’Unione Africana. In diverse occasioni,
l’organizzazione illustrò la sua imparzialità. A tal proposito, criticò
l’intervento dell’esercito francese in Mali, a tre settimane dall’avvio,
con uno studio “globale” di dieci giorni, illustrando l’attenzione che
l’organizzazione attribuiva a tale tema. Amnesty International è
un’organizzazione non governativa finanziariamente indipendente grazie a
donazioni in maggioranza anonime. Tuttavia, resta il dubbio sulla
natura del finanziamento dell’organizzazione.
Finanziamento
In primo luogo si nota che l’ONG ha diversi livelli. Amnesty International è in prima fila, ma poi troviamo Amnesty International Charity Limited, registrata come organizzazione caritatevole attraverso cui passa il finanziamento da gruppi statali e corporativi. George Soros, il miliardario accusato di insider trading della Société Générale in Francia è il capo della Fondazione Open Society Institute, che promuove la democrazia, ed uno dei maggiori donatori di Amnesty International Charity Limited. Ha già investito più di 100 milioni di dollari nell’ONG. (Forse per motivi di consapevolezza e di trasparenza nei confronti degli Stati). Due anni fa, un altro “scandalo” finanziario colpì l’ONG. L’ex direttrice di Amnesty International, Irene Khan, ebbe una buonuscita di oltre 600000 euro; strano per una donna che aveva attivamente combattuto contro la povertà nel mondo (3). Amnesty International sfrutta il Transparency International Act, un indice di percezione della corruzione. Ma non ci sono dettagli sulle donazioni. Una donazione può essere un regalo di uno Stato o di un individuo. Dove sono i dettagli? Perché non sono dichiarati ufficialmente? Possiamo considerare trasparenti questi passaggi? Tutti questi problemi gettano dubbi sull’ONG.
In primo luogo si nota che l’ONG ha diversi livelli. Amnesty International è in prima fila, ma poi troviamo Amnesty International Charity Limited, registrata come organizzazione caritatevole attraverso cui passa il finanziamento da gruppi statali e corporativi. George Soros, il miliardario accusato di insider trading della Société Générale in Francia è il capo della Fondazione Open Society Institute, che promuove la democrazia, ed uno dei maggiori donatori di Amnesty International Charity Limited. Ha già investito più di 100 milioni di dollari nell’ONG. (Forse per motivi di consapevolezza e di trasparenza nei confronti degli Stati). Due anni fa, un altro “scandalo” finanziario colpì l’ONG. L’ex direttrice di Amnesty International, Irene Khan, ebbe una buonuscita di oltre 600000 euro; strano per una donna che aveva attivamente combattuto contro la povertà nel mondo (3). Amnesty International sfrutta il Transparency International Act, un indice di percezione della corruzione. Ma non ci sono dettagli sulle donazioni. Una donazione può essere un regalo di uno Stato o di un individuo. Dove sono i dettagli? Perché non sono dichiarati ufficialmente? Possiamo considerare trasparenti questi passaggi? Tutti questi problemi gettano dubbi sull’ONG.
La relativa indipendenza di Amnesty
Dopo aver esaminato la discutibile indipendenza finanziaria e il finanziamento opaco di Amnesty International, ci sembra importante analizzare l’influenza e la collusione dell’ONG con certe entità (Paesi, aziende, altre ONG). Di tale “indipendenza”, sia politica che finanziaria, di cui si fa portavoce, Amnesty International per certi aspetti è il contrario di ciò che predica. Anzi, perché non vede il conflitto di interessi quando Suzanne Nossel, direttrice di Amnesty International USA nel 2012-2013, era assistente personale di Hillary Clinton agli Esteri degli Stati Uniti? Questa stessa persona è responsabile della creazione dello “Smart Power”, combinazione tra modo dolce (soft) d’influenzare, e modo duro (hard) d’imporre la potenza militare. “Smart Power” è ora il cavallo di battaglia dell’amministrazione Obama.
Dopo aver esaminato la discutibile indipendenza finanziaria e il finanziamento opaco di Amnesty International, ci sembra importante analizzare l’influenza e la collusione dell’ONG con certe entità (Paesi, aziende, altre ONG). Di tale “indipendenza”, sia politica che finanziaria, di cui si fa portavoce, Amnesty International per certi aspetti è il contrario di ciò che predica. Anzi, perché non vede il conflitto di interessi quando Suzanne Nossel, direttrice di Amnesty International USA nel 2012-2013, era assistente personale di Hillary Clinton agli Esteri degli Stati Uniti? Questa stessa persona è responsabile della creazione dello “Smart Power”, combinazione tra modo dolce (soft) d’influenzare, e modo duro (hard) d’imporre la potenza militare. “Smart Power” è ora il cavallo di battaglia dell’amministrazione Obama.
Dopo aver passato un anno al timone di Amnesty International USA, Suzanne Nossel è diventata direttrice dell’associazione PEN American Center (4). Alcuni critici interni di Amnesty International
hanno contestato le direttive strategiche assai vicine alla politica
estera statunitense. Ma questi critici si rassicurano con Franck
Jannuzi, scelto per sostituire ad interim Suzanne Nossel. La scelta di
Jannuzi alla carica di vicedirettore esecutivo di Amnesty International USA, a Washington DC, è sorprendente se si guarda alla sua carriera. Jannuzi ha lavorato per il Bureau of Intelligence and Research
come analista politico-militare della regione asiatica. Costui oggi è
responsabile dell’adattamento alla politica estera statunitense degli
indirizzi strategici di Amnesty International USA (5). Ma è così recente
tale collusione tra il governo degli Stati Uniti e Amnesty International?
Due casi dimostrano che tale legame esiste da oltre 20 anni. Prima
dell’avvio della prima guerra del Golfo, l’amministrazione statunitense
trasmise informazioni secondo cui i soldati iracheni avevano tolto dalle
incubatrici più di 300 neonati prematuri, in un ospedale del Quwayt. I
bambini furono gettati a terra, e le incubatrici rimpatriate in Iraq.
Tale fatto fu determinante nel convincere il pubblico statunitense ad
essere a favore dell’intervento in Medio Oriente. Amnesty International svolse un ruolo chiave nel supportare il governo degli Stati Uniti durante tutta l’operazione. Più di recente, Amnesty International lanciò la campagna per sostenere l’intervento della NATO in Afghanistan, “Enduring Freedom“, soprattutto con forze statunitensi. Amnesty International diffuse durante il vertice NATO del maggio 2012, dei manifesti che affermavano: “I diritti umani delle donne e delle ragazze in Afghanistan: la NATO perpetua i progressi!“.
Il numero di vittime civili nel conflitto in Afghanistan, ancora alla
fine dell’agosto 2009, veniva stimato in 9500 morti (6). A tale
proposito, è sorprendente che il conflitto in Afghanistan non abbia
suscitato le stesse critiche dell’intervento francese in Mali. Tali
interventi sono volti a combattere il terrorismo e la repressione delle
popolazioni da parte degli islamisti.
Dov’è il fervore di Amnesty International nel stabilire la verità, nel denunciare gli autori di tale mancato rispetto dei diritti umani? Così, quando Amnesty International indagava sull’intervento francese in Mali, appena una settimana dopo l’inizio dell’offensiva, dovremmo vedervi un lodevole approccio ansioso di difendere i diritti umani o un manovra eversiva per danneggiare l’immagine degli eserciti francese e maliano? In considerazione del coinvolgimento di persone collegate al governo degli Stati Uniti nella gestione di Amnesty International, ci si può legittimamente interrogare sull’indipendenza e l’imparzialità dell’organizzazione.
Al di là della difesa dei diritti umani e della dignità umana come obiettivo primario, non vi vediamo il secondo fine di divenire il relè dell’influenza culturale statunitense? Ciò per imporre un terreno a lungo termine favorevole alle ambizioni strategiche degli Stati Uniti?
Note
(1) Michael Mann, Incoherent Empire, Verso, 2003
(2) Peter Benenson
(3) Daily Mail
(4) PEN
(4) Amnesty USA
(6) BBC
(1) Michael Mann, Incoherent Empire, Verso, 2003
(2) Peter Benenson
(3) Daily Mail
(4) PEN
(4) Amnesty USA
(6) BBC
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/01/26/una-verita-nascosta-amnesty-international/
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