giovedì 30 gennaio 2014

Omeopatia. Sogno impossibile?

Il cammino che dovrebbe portare al riconoscimento ufficiale e l’assegnazione di un’Aic ai prodotti omeopatici attualmente disponibili in Italia è irto di ostacoli, ma la speranza, si dice, è l’ultima a morire, e qualche segnale positivo si delinea all’orizzonte.

Potremo ancora curarci con i medicinali omeopatici o verrà completamente e ufficialmente cancellata questa opzione di cura?

A chiederselo sono le 30 aziende di settore presenti nel nostro Paese, i professionisti (20mila medici) e i pazienti (11 Milioni) che da anni ricorrono all’omeopatia in sostegno alla medicina tradizionale per affrontare i propri bisogni di salute.

Il problema nasce da quello che era il sogno ambito da tutti, ovvero il riconoscimento ufficiale e l’assegnazione di un’Aic ai prodotti omeopatici attualmente disponibili in Italia.

I medicinali omeopatici in commercio ai sensi dell’art. 20 del D.L.vo 219/06 fino ad oggi hanno goduto di un’autorizzazione ope legis e non possiedono un numero di Aic che sarà invece rilasciato successivamente alla valutazione di un dossier tecnico da parte di Aifa. Questo iter cambierà nel 2015 e, a partire dal primo gennaio 2016, solo i medicinali omeopatici in possesso di un numero di Aic e di un formale provvedimento autorizzativo potranno restare sul mercato. «È un traguardo auspicato dai medici e dai cittadini e atteso dalle associazioni per garantire qualità e controllo dei prodotti, ma non condividiamo le modalità previste per realizzare questo progetto» afferma contrariata Simonetta Bernandini, presidente della Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata.

I problemi derivano dal Decreto Balduzzi dello scorso anno che ha stabilito le tariffe, alte, per la registrazione e dai tempi scanditi da Aifa per l’invio dei dossier, troppo ravvicinati rispetto alla scadenza prevista per le registrazioni semplificate di rinnovo. I medicinali omeopatici seguono infatti l’iter registrativo semplificato in accordo con gli articoli 16 e 17 del D. Lgs 219/06, modificato dalla legge 189/2012; stiamo parlando quindi di “prodotti somministratili per via orale o esterna, privi di indicazioni terapeutiche specifiche in etichetta e con un grado di diluizione tale da garantirne la sicurezza e pertanto contenente meno di un decimillesimo di tintura madre e meno di 1/100 della più piccola dose eventualmente utilizzata in allopatia per le sostanze attive la cui presenza in un medicinale allopatico comporterebbe l’obbligo di presentare una ricetta medica”. Rientrano nell’iter semplificato anche i medicinali omeopatici che non presentano le caratteristiche previste dall’art.16 del D. Lg 219/06 (es fiale iniettabili, macerati glicerici); in questo caso dovranno essere presentate sufficienti evidenze sulla sicurezza del prodotto.

Anticipazione della scadenza
Il termine per la presentazione dei dossier cade a giugno 2015, tuttavia, visto l’elevato numero dei prodotti in commercio e in attesa di registrazione (25mila secondo la banca dati AIFA “Frontend check point Medicinali omeopatici – Ricognizione 2012”) l’Agenzia ha deciso di pianificare l’invio della documentazione da parte dei titolari di omeopatici, prevedendo due fasi distinte, la prima a partire dalla fine del mese di ottobre e poi con cadenza settimanale fino a giugno.

Una pianificazione comprensibile, ma partita in ritardo e poco conciliabile con le esigenze delle aziende. «Siamo contenti che finalmente si possa procedere con la regolarizzazione degli omeopatici e che Aifa possa vigilare sul rispetto delle regole e controllare i prodotti, ma nei tempi e nei modi giusti e sostenibili per le aziende - lamenta Hannes Loacker, amministratore delegato di Loacker Remedia Srl. - Aifa poteva comunicare la sua calendarizzazione da diversi anni e in diverse occasioni, ad esempio quando è stato pubblicato l’ultimo modello di dossier nel luglio 2010. Invece, ha presentato il calendario solamente a settembre con un anticipo veramente minimo (1 mese e mezzo) rispetto al primo invio. Il problema è che il calendario è stato ideato considerando le esigenze di lavoro dell’Agenzia e non quelle delle aziende che hanno impostato il proprio lavoro in funzione di marzo 2015, con una tempistica e una priorità data ai prodotti decisamente diversa da quelle stabilite da Aifa».

Le aziende non sono obbligate a rispettare questo calendario, tuttavia Aifa ha sottolineato l’importanza del rispetto del calendario per garantire la valutazione dei dossier in tempo e il mantenimento dei prodotti sul mercato. Le conseguenze dell’eventuale scomparsa di prodotti dal mercato sono facili da intuire e possono gravare sensibilmente sull’intero settore omeopatico, riducendo fatturati e quindi lavoro per le aziende produttrici e l’indotto. «Non si gioca con le aziende e con i posti di lavoro. Non succede in un Paese civile», afferma Valentino Corradi Dell’Acqua di IMO precisando come il 2015 sia un tempo tecnicamente impossibile anche per Aifa: «Nessuna struttura anche ben organizzata sarebbe in grado di analizzare 20mila dossier nei 600 giorni lavorativi che mancano alla scadenza. Nessuna agenzia europea è attualmente in grado di valutare neppure 8000 dossier in un anno. La Francia, che rispetto a noi vanta una maggiore diffusione e utilizzo dell’omeopatia, è partita molto prima e ha impiegato 15 anni per valutare i documenti per la registrazione dei prodotti presenti sul suo mercato».

Perché le aziende e l’Agenzia si sono mosse così tardi per concretizzare le registrazioni? Le aziende, come racconta Fausto Panni presidente di Omeoimprese, non disponevano di tutte le informazioni necessarie per la compilazione delle domande. Il modello è stato pubblicato solamente tre anni fa, e per alcuni moduli le richieste non sempre erano chiare e concordate. Ne è un esempio il modulo 4, riguardante la sicurezza, recentemente modificato dall’articolo 13 del Decreto Balduzzi, che da un lato ha esteso la possibilità di una dichiarazione autocertificativa alternativa per i prodotti somministrabili per via orale o esterna, privi di indicazioni terapeutiche specifiche in etichetta e con un grado di diluizione tale da garantirne la sicurezza, e dall’altro ha richiesto un documento di valutazione della sicurezza per gli altri prodotti.

«Una richiesta, quella della valutazione della sicurezza, che consideriamo fuori luogo per prodotti omeopatici presenti sul mercato almeno da 20 anni» ribatte Panni. Il problema sembra anche essere legato a una mancanza di esperienza specifica in omeopatia dell’Agenzia. «Da anni ci stiamo battendo per far comprendere che i parametri utilizzati negli studi clinici per valutare la sicurezza dei medicinali omeopatici non possono essere gli stessi dell’allopatia».
 
Costi elevati
I costi per la registrazione rappresentano il secondo e grave problema che le aziende si trovano ad affrontare. Costi che il Decreto Balduzzi ha sensibilmente aumentato, portando le cifre a livelli decisamente superiori alle medie europee. Prima della Legge 189/2012 registrare un prodotto come l’Arnica montana in 4 forme farmaceutiche (granuli, gocce, compresse e pomata) costava 31 euro per la prima forma farmaceutica, a prescindere dal grado e dal numero di diluizione e 6,21 euro per ognuno delle successive, a prescindere dal grado e dal numero delle diluizioni (rif B15 del tariffario antecedente alla legge 189/2012). Oggi, secondo un calcolo esemplificativo fornito da Aifa, la registrazione di Arnica montana in 4 forme farmaceutiche (per esempio granuli: 21 diluizioni, gocce: 12 diluizioni, compresse: 6 diluizioni e pomata: 1 diluizione) supera i 21mila euro. La tariffa per il rinnovo ammonta invece a 3062 euro per ogni forma farmaceutica.

«Queste cifre sono completamente al di fuori delle medie europee; superano di 3-10 volte quelle richieste in altri Paesi dove l’omeopatia ha una dignità ben superiore ed è consentito riportare sulle confezioni le indicazioni terapeutiche e la posologia e comunicare al pubblico attraverso la pubblicità» sottolinea preoccupato Corradi Dell’Acqua (vedi Tabella 1). Sono cifre molto importanti, che rischiano di mettere in ginocchio l’intero comparto. Il costo stimato per la regi- strazione dei 25mila prodotti è infatti di 80milioni di euro, praticamente la metà dell’intero fatturato annuale delle aziende omeopatiche italiane (165 milioni, dati Omeoimprese). Le aziende e le associazioni criticano il fatto che le cifre non ten- gono conto del fatturato né totale delle aziende né del singolo prodotto. «Il 95% dei medicinali unitari in commercio viene venduto in lotti inferiori ai 5000 pezzi all’anno, a volte anche in poche decine di pezzi. La stessa situazione si verifica per molti medicinali di tradizione antroposofica e per quei complessi omeopatici che vengono utilizzati per patologie specifiche, secondo i criteri di individualità della malattia tipici della tradizione omeopatica e antroposofica.

In questi casi i prodotti sono venduti in piccolissimi lotti o anche in pochi pezzi (meno di dieci in un anno). I ricavi che ne derivano non sono nemmeno sufficienti a coprire le spese di produzione» spiega Simonetta Bernardini. I medicinali unitari, tra l’altro, sono i primi a essere stati chiamati all’appello. «Anche questo ci fa capire come Aifa non abbia ben compreso le esigenze delle nostre aziende. Come può un’azienda pensare di registrare e quindi pagare una cifra elevatissima partendo dai prodotti che fatturano in assoluto di meno?» critica Panni. Intanto la maggior parte delle aziende sta pensando di non procedere con l’invio della documentazione e il pagamento della quota dovuta in attesa anche di conoscere il parere del TAR del Lazio a cui hanno fatto ricorso.

Tavolo tecnico
Le aziende e le associazioni di pazienti e medici chiedono la convocazione di tavolo tecnico per poter discutere in modo costruttivo con le Istituzioni per trovare una soluzione che sia vantaggiosa per tutti. La proposta della SIOMI si articola in 3 azioni:
  • 1. unificare i costi di registrazione dei medicinali unitari al singolo ceppo per tutte le forme farmaceutiche, tenendo anche presente i costi di registrazione già applicati in altre nazioni europee;
  • 2. organizzare le registrazioni per fasce differenziate, adeguando i costi al reale volume di vendita dei medicinali; 
  • 3. riconoscere alle ditte la facoltà di approntare preparazioni magistrali senza obbligo di deposito di campioni, come avveniva in passato, senza che si sia mai verificato alcun danno ai pazienti e come avviene tuttora in altre nazioni europee. 
In linea con quanto successo in altri Paesi, Omeoimprese propone di rimandare la presentazione dei dossier a partire dal 2015 lasciando poi ad Aifa la decisione di richiamare nel tempo i prodotti che desidera valutare e a cui ha già concesso l’Aic. In questo modo le aziende dovranno pagare la tariffa di mantenimento annuale e solo quando chiamate dovranno pagare la tariffa di registrazione. «Questo percorso è vantaggioso per le aziende che diluiscono i costi e per Aifa che può programmare meglio il lavoro senza dover fare investimenti inutili di personale» commenta Corradi.

Se lo scenario non cambia
Quali saranno le conseguenze dell’attuale percorso di registrazione degli omeopatici se non cambierà nulla?

Questa manovra mette a rischio le aziende più piccole a vantaggio di quelle più grandi, le italiane rispetto alle multinazionali.

Il timore, ben descritto in un comunicato stampa diffuso da SIOMI, è che dal mercato italiano sparisca la maggioranza dei farmaci omeopatici unitari e complessi, dei piccoli rimedi e dei farmaci antroposofici attualmente disponibili con conseguente chiusura delle piccole medie imprese. Sono 1500 gli addetti che rischiano di perdere il lavoro, 20mila i medici che perderanno le loro possibilità di cura e 11 milioni di italiani che non potranno ricevere la cura che avevano scelto, pagandola, di tasca propria senza gravare sul Servizio Sanitario Nazionale.

Il desiderio di cura dei pazienti unitamente alla disponibilità dei prodotti in altri Paesi potrebbe favorire lo sviluppo di un mercato parallelo, meno controllato e soprattutto via internet dall’estero e quindi in contraddizione con l’obiettivo che la politica di registrazione si pone.

«Per salvare l’omeopatia è necessario un tavolo tecnico di confronto, ma soprattutto un salto culturale da parte delle Istituzioni, perché l’omeopatia venga ufficialmente riconosciuta tra le opzioni di cura, con pari dignità rispetto all’allopatia» conclude Corradi dell’Acqua.

 
Finale a lieto fine?
La speranza, si dice, è l’ultima a morire, e in effetti qualcosa sembra cominciare a muoversi in senso positivo. In un incontro svoltosi lo scorso 9 ottobre (nel momento in cui scriviamo questo articolo) con Omeoimprese, il «Ministero della Salute e Aifa hanno preso atto delle difficoltà delle aziende a sostenere i costi previsti attualmente per i rinnovi ed hanno espresso la volontà di garantire a medici e pazienti la disponibilità dei medicinali omeopatici e antroposofici, stanno valutando di ridurre le attuali tariffe» afferma Fausto Panni.





Nessun commento:

Posta un commento