L’idea dei fornitori alternativi non è nuova. Si
ripropone periodicamente e con vario grado di intensità, a seconda dello
stato dei rapporti. Certo, gli europei hanno diritto a scegliere i
fornitori più convenienti, e Mosca l’ha confermato in diverse occasioni,
ribadendo immancabilmente la sua disponibilità a continuare le
forniture nel rispetto degli obblighi contrattuali.
Tuttavia
oggi, alla luce della situazione in Ucraina, la tensione nei rapporti
nei rapporti tra i due più grandi partner economici del continente ha
raggiunto livelli altissimi. Su questo sfondo il premier polacco, a
qanto pare, ha deciso non solo di risollevare il tema delle forniture
alternative, ma di proporre anche la una specie fronte antirusso nel
settore del gas. “Qualunque seguito possa avere la crisi in Ucraina, una
lezione è chiara: troppa dipendenza dall’energia russa rende l’Europa
più debole”, - scrive Tusk.
Una delle proposte del
premier polacco prevede la creazione di una struttura europea preposta
agli acquisti di gas, alla costruzione dei depositi e allo sviluppo
della relativa infrastruttura. Secondo Tusk, l’Unione europea potrebbe
finanziare fino al 75% delle spese per la costruzione dei depositi e dei
gasdotti nei paesi che più dipendono dalla Russia. Tali paesi sarebbero
almeno 10. A proposito, anche la Polonia riceve dalla Russia la maggior
parte del gas che consuma. Nel suo articolo Tusk scrive inoltre
dell’estrazione di carbone e di shale gas in Europa, e della necessità
di cercare i fornitori di gas liquefatto fuori del continente europeo,
per esempio, negli USA e in Australia.
Un suo contributo
alla costituzione del “blocco antirusso” ha voluto dare anche la
Spagna,
proponendo all’Unione europea di comprare, al posto del gas
russo, il metano dell’Algeria che la Spagna compra da parecchi anni.
Secondo Salvador Gabarrò Serra, capo della società “Gas Natural Fenosa”,
la crisi in Ucraina dà alla Spagna la possibilità di diventare un
“portale” del gas. L’idea è attraente, manca solo una piccola cosa: il
consenso dell’Algeria e la sua disponibilità ad aumentare le
esportazioni e a costruire una rete di gasdotti verso l’Europa
attraverso il territorio spagnolo. Da sola la Spagna, stretta nella
morsa della crisi finanziaria, non è in grado di finanziare la
costruzione dell’infrastruttura. Come anche Varsavia, Madrid fa capire
che Bruxelles potrebbe assumersi le spese per la soluzione dei problemi
tecnici.
I promotori di queste iniziative sperano che le
risposte possano essere date dal vertice UE che si terrà alla fine di
giugno a Bruxelles. È previsto che durante il vertice si parlerà della
strategia di lungo termine nel settore dell’energia invocata dal
Commissario per l’energia Günther Oettinger. Sarà affrontato anche il
tema delle forniture alternative e dei depositi di gas. Per quanto
riguarda le iniziative di Varsavia e Madrid, l’analista del gruppo
finanziario “Brokercreditservice“, Maxim Shein, è abbastana scettico:
In questo caso non si può ragionare in categorie politiche: oggi la Russia ci piace e domani non ci piace, oggi giochiamo con Mosca e domani no. Bisogna pensare alle cose strategiche. Certo, la Spagna può proporre il gas algerino, ma come potrebbe arrivare in Europa? Bisogna stare con i piedi per terra. Una cosa è lanciare idee audaci, e un’altra cosa è tradurle in realtà.
Il professore Max Otte dell’Università di Graz, in Austria, ha una vsione più ampia:
Non si tratta solo del gas, di mezzo c’è il clima in Europa che potrebbe deteriorare sino a trasformarsi in confronto. Le conseguenze potrebbero essere di vario tipo: meno fiducia per l’economia, calo degli investimenti, incertezza del futuro. Questi rischi, congiunturali ed emotivi, sono molto pericolosi.
Sullo sfondo
delle iniziative che esortano a creare un’unione energetica contro la
Russia, Gazprom ha dichiarato che è disposta ad amentare le forniture di
gas in Europa. Ma nel clima di “psicosi russofoba collettiva” – parole
di una recente dichiarazione del ministero degli Esteri di Mosca – la
voce di Gazprom sarà sentita?
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