Sui libri di storia che fanno studiare nelle nostro scuole non c'è scritto niente.
Nessun tribunale internazionale si è mai interessato alla vicenda, e nessun soldato è mai stato punito per "crimini di guerra" o contro l'umanità.
Stiamo parlando delle cosiddette "marocchinate". Con questo termine vengono chiamati gli stupri di massa, gli abusi e le feroci torture subite dal popolo italiano nel 1944, quando inquadrati nel "Corpo di spedizione francese in Italia" sbarcarono in Italia i soldati marocchini, passati alla storia come liberatori.
Gli "alleati" avevano bisogno di soldati per scacciare i tedeschi dall'Italia, e pensarono bene di assoldare le truppe marocchine, con una promessa: il diritto di preda: tra i cosiddetti Goumiers fu distribuito un volantino, redatto dai francesi, che recitava quanto segue: (fonte: Wikipedia)
Ed è proprio così che andarono le cose. Le truppe marocchine scacciarono i tedeschi, e ne combinarono di tutti i colori. Furti
nelle abitazioni, violenze, omicidi, feroci stupri di gruppo ai danni
prevalentemente di donne e bambini, ma anche di uomini.
Le violenze non durarono solamente 50 ore; andarono ben oltre al lasso temporale di anarchia concesso dai francesi alle truppe marocchine, anche se certamente quelle ore furono le più terrificanti, con i soldati marocchini che spadroneggiavano come predatori, saccheggiando, picchiando, stuprando, uccidendo.
Riporto dalla pagina di Wikipedia dedicata alle marocchinate:
Le testimonianze sono atroci, capaci di far accapponare la pelle ancora oggi, dopo 70 anni.
Su Wikipedia sono disponibili sommarie informazioni sui fatti alle voci marocchinate, Goumiers e battaglia di Montecassino. Facendo ricerche sul web (cercate "marocchinate" e le altre voci correlate) potete trovare ulteriore materiale.
Riportiamo questa significativa testimonianza da Wikipedia:
Il sindaco di Esperia (comune in provincia di Frosinone) affermò che nella sua città 700 donne su un totale di 2.500 abitanti furono stuprate, e alcune di esse, in seguito a ciò, morirono. Con l'avanzare degli Alleati lungo la penisola, eventi di questo tipo si verificarono altrove: nel Lazio settentrionale e nella Toscana meridionale.
Lo scrittore Norman Lewis, all'epoca ufficiale britannico sul fronte di Montecassino, narrò gli eventi:
Il popolo italiano, stremato dalla guerra, dopo aver subito le violenze degli "oppressori" tedeschi, dovette subire anche quelle dei "liberatori", che per 50 lunghissime ore scatenarono l'inferno, dettero sfogo ad una violenza disumana.
Merita menzione il blog dell'Associazione nazionale vittime delle Marocchinate: http://vittimemarocchinate.blogspot.it che riporta testimonianze sconvolgenti; di seguito ve ne riporto una, breve ma significativa:
Tre soldati (marocchini) hanno completato il loro turno di esercitazione e si avviano verso la baracca della mensa.
Parlano tra di loro, Lorenzo esce allo scoperto e li saluta in arabo.
I tre restano sorpresi, poi, sorridendo, si avvicinano al bambino ed uno di essi lo carezza sui fianchi
e sulle cosce. Lorenzo allora comprende il suo fatale errore ed inizia a correre urlando: “Mario resta
nascosto, dopo scappa via ed avverti mia madre”.
I tre non capiscono le parole di Lorenzo, ma lo inseguono e si allontanano da dove è nascosto Mario
che attraverso il foro del recinto riesce a uscire e mettersi in salvo.
Arriva a casa di Lorenzo, ma la porta è chiusa, Fedora non è ancora tornata.
Si siede sul primo gradino ed aspetta piangendo.
Trascorre un’ora.
Un contadino di Cardito trova Lorenzo seminudo, ricoperto di sangue, abbandonato in un viottolo
di campagna, non lontano dal campo dei marocchini.
Lo porta in Ospedale.
Il referto riporta: stato di choc, ferite lacero contuse sul viso, sulle gambe e sulla schiena,
lacerazioni nella zona anale da penetrazioni multiple, lacerazioni delle corde vocali da penetrazione
orale, i denti completamente rotti per evitare morsi difensivi .
Da qual giorno Lorenzo non disse più una parola
Fonte: brano tratto dal libro Canapa - estratto dal blog dell'Associazione nazionale vittime delle marocchinate.
Parlando con amici e conoscenti mi sono reso conto che molti non sanno niente in proposito; questa pagina nera della nostra storia è stata "rimossa" dai libri, dalla memoria, ed è per questo che ho deciso di dedicargli un articolo. Tanto sappiamo sulle brutalità dei nazisti, mentre di quelle degli "alleati" che ci hanno insegnato fin da piccoli a ringraziare non vogliono che ce ne ricordiamo.
Le marocchinate non sono state "le uniche" violenze subite dagli italiani da parte dei "liberatori", anche se probabilmente sono state le più feroci e disumane. Si, disumane è la parola giusta.
Acquisterò il libro controstoria della liberazione, che ho conosciuto sul sito dell'Associazione, dove ne viene riportato uno stralcio.
Un altro ottimo articolo sulle marocchinate di cui vi consigliamo la lettura è questo
Nessun tribunale internazionale si è mai interessato alla vicenda, e nessun soldato è mai stato punito per "crimini di guerra" o contro l'umanità.
Stiamo parlando delle cosiddette "marocchinate". Con questo termine vengono chiamati gli stupri di massa, gli abusi e le feroci torture subite dal popolo italiano nel 1944, quando inquadrati nel "Corpo di spedizione francese in Italia" sbarcarono in Italia i soldati marocchini, passati alla storia come liberatori.
Gli "alleati" avevano bisogno di soldati per scacciare i tedeschi dall'Italia, e pensarono bene di assoldare le truppe marocchine, con una promessa: il diritto di preda: tra i cosiddetti Goumiers fu distribuito un volantino, redatto dai francesi, che recitava quanto segue: (fonte: Wikipedia)
« Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c'è un vino tra i migliori del mondo, c'è dell'oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete » |
(Traduzione dell'associazione nazionale vittime civili) |
Le violenze non durarono solamente 50 ore; andarono ben oltre al lasso temporale di anarchia concesso dai francesi alle truppe marocchine, anche se certamente quelle ore furono le più terrificanti, con i soldati marocchini che spadroneggiavano come predatori, saccheggiando, picchiando, stuprando, uccidendo.
Riporto dalla pagina di Wikipedia dedicata alle marocchinate:
Il Presidente dell'Associazione Nazionale Vittime delle "Marocchinate" Emiliano Ciotti fa una stima dello stupro di massa:
« Dalle numerose documentazioni raccolte oggi possiamo affermare che ci furono un minimo di 20.000 casi accertati di violenze, numero che comunque non rispecchia la verità; diversi referti medici dell'epoca riferirono che un terzo delle donne violentate, sia per vergogna o pudore, preferì non denunciare. Facendo una valutazione complessiva delle violenze commesse dal "Corpo di Spedizione Francese", che iniziò la proprie attività in Sicilia e le terminò alle porte di Firenze, possiamo affermare con certezza che ci fu un minimo di 60.000 donne stuprate, e ben 18.000 violenze carnali. I soldati magrebini mediamente stupravano in gruppi da 2 (due) o 3 (tre), ma abbiamo raccolto testimonianze di donne violentate anche da 100, 200 e 300 magrebini » |
Su Wikipedia sono disponibili sommarie informazioni sui fatti alle voci marocchinate, Goumiers e battaglia di Montecassino. Facendo ricerche sul web (cercate "marocchinate" e le altre voci correlate) potete trovare ulteriore materiale.
Riportiamo questa significativa testimonianza da Wikipedia:
Il sindaco di Esperia (comune in provincia di Frosinone) affermò che nella sua città 700 donne su un totale di 2.500 abitanti furono stuprate, e alcune di esse, in seguito a ciò, morirono. Con l'avanzare degli Alleati lungo la penisola, eventi di questo tipo si verificarono altrove: nel Lazio settentrionale e nella Toscana meridionale.
Lo scrittore Norman Lewis, all'epoca ufficiale britannico sul fronte di Montecassino, narrò gli eventi:
« Tutte le donne di Patrica, Pofi, Isoletta, Supino, e Morolo sono state violentate... A Lenola il 21 maggio hanno stuprato cinquanta donne, e siccome non ce n'erano abbastanza per tutti hanno violentato anche i bambini e i vecchi. I Marocchini di solito aggrediscono le donne in due - uno ha un rapporto normale, mentre l'altro la sodomizza. » |
(Norman Lewis nel libro Napoli '44[2]) |
Il popolo italiano, stremato dalla guerra, dopo aver subito le violenze degli "oppressori" tedeschi, dovette subire anche quelle dei "liberatori", che per 50 lunghissime ore scatenarono l'inferno, dettero sfogo ad una violenza disumana.
Merita menzione il blog dell'Associazione nazionale vittime delle Marocchinate: http://vittimemarocchinate.blogspot.it che riporta testimonianze sconvolgenti; di seguito ve ne riporto una, breve ma significativa:
Tre soldati (marocchini) hanno completato il loro turno di esercitazione e si avviano verso la baracca della mensa.
Parlano tra di loro, Lorenzo esce allo scoperto e li saluta in arabo.
I tre restano sorpresi, poi, sorridendo, si avvicinano al bambino ed uno di essi lo carezza sui fianchi
e sulle cosce. Lorenzo allora comprende il suo fatale errore ed inizia a correre urlando: “Mario resta
nascosto, dopo scappa via ed avverti mia madre”.
I tre non capiscono le parole di Lorenzo, ma lo inseguono e si allontanano da dove è nascosto Mario
che attraverso il foro del recinto riesce a uscire e mettersi in salvo.
Arriva a casa di Lorenzo, ma la porta è chiusa, Fedora non è ancora tornata.
Si siede sul primo gradino ed aspetta piangendo.
Trascorre un’ora.
Un contadino di Cardito trova Lorenzo seminudo, ricoperto di sangue, abbandonato in un viottolo
di campagna, non lontano dal campo dei marocchini.
Lo porta in Ospedale.
Il referto riporta: stato di choc, ferite lacero contuse sul viso, sulle gambe e sulla schiena,
lacerazioni nella zona anale da penetrazioni multiple, lacerazioni delle corde vocali da penetrazione
orale, i denti completamente rotti per evitare morsi difensivi .
Da qual giorno Lorenzo non disse più una parola
Fonte: brano tratto dal libro Canapa - estratto dal blog dell'Associazione nazionale vittime delle marocchinate.
Parlando con amici e conoscenti mi sono reso conto che molti non sanno niente in proposito; questa pagina nera della nostra storia è stata "rimossa" dai libri, dalla memoria, ed è per questo che ho deciso di dedicargli un articolo. Tanto sappiamo sulle brutalità dei nazisti, mentre di quelle degli "alleati" che ci hanno insegnato fin da piccoli a ringraziare non vogliono che ce ne ricordiamo.
Le marocchinate non sono state "le uniche" violenze subite dagli italiani da parte dei "liberatori", anche se probabilmente sono state le più feroci e disumane. Si, disumane è la parola giusta.
Acquisterò il libro controstoria della liberazione, che ho conosciuto sul sito dell'Associazione, dove ne viene riportato uno stralcio.
Un altro ottimo articolo sulle marocchinate di cui vi consigliamo la lettura è questo
Alessandro Raffa per nocensura.com
http://www.nocensura.com/2014/04/le-marocchinate-la-parte-censurata.html
....
Fonte: veja.it
http://www.nocensura.com/2014/04/le-marocchinate-la-parte-censurata_16.html
....
LE MAROCCHINATE Aspettavano i liberatori ma arrivò l’inferno
di Sergio Sagnotti
La
riluttanza e la scarsa memoria del nostro paese, dedita soprattutto ad
una sorta di invidia esterofila dei miti altrui, ci fa dimenticare che
di martiri, ma soprattutto di eroi, lo stivale ne ha avuti e forse anche
più di tutti gli altri paesi dai più ammirati ed invidiati.
Nella
nostra nazione sono avvenuti olocausti annegati nell’indifferenza della
storiografia per 60 anni e non ancora approfonditi del tutto come le
Foibe, il massacro dei bimbi di Gorla e le famose “marocchinate”,
gente comune, colpevole solamente di trovarsi al momento sbagliato
nella propria casa, mentre erano in atto pulizie etniche, saccheggi,
violenze e stupri di ogni genere, compiuti sotto bandiere e vessilli di
“liberazione”.
Nel
Febbraio del 1944 gli alleati bombardarono l’abbazia di Montecassino,
causando la morte di centinaia di civili; raso al suolo il monastero si
passò alle cittadine limitrofe e ciò portò alla completa distruzione
delle città sottostanti il monastero, Cassino appunto e altri centri
urbani rurali del luogo; la stima delle vittime in questa operazione fu
di circa 50.000 militari e 10.000 civili.
Ora
l’esercito alleato si trovava di fronte alla linea Gustav, una catena
umana che tagliava in due parti la nostra penisola, dal tirreno
all’adriatico, voluta da Hitler come baluardo di resistenza tedesca in
terra italica.
I
continui attacchi frontali delle forze alleate alla retroguardia
teutonica, si rivelarono subito infruttuosi e superflui, si decise
allora di aggirare la linea nemica e questo compito fu dato dal Gen.
Clark, comandante della V armata americana, al Gen. Juin comandante
franco-algerino delle truppe francesi (Goumiers) in Italia; ciò perché
questi ultimi avevano una maggiore predisposizione al combattimento
montano.
Le
truppe francesi cominciarono così l’avanzata con l’operazione che prese
il nome “Diadem”, prima sottoponendo i tedeschi ad un pesante
bombardamento e subito dopo attaccando Monte Faito presso i Monti
Aurunci, sguarnendo la linea nemica fino alla valle del Liri, risalirono
poi verso il frusinate fino ad assestarsi in Toscana.
Dove
passarono però le truppe “liberatrici”, accaddero cose mai viste in
quelle terre: stupri, rapine, saccheggi, omicidi, evirazioni e torture
furono all ordine del giorno…
Il
corpo di spedizione francese era composto da circa 110 mila unità per
lo più marocchini, algerini, tunisini e senegalesi; essi si chiamavano “Goumiers” in quanto erano organizzati in “Goums”, gruppi composti da una settantina di uomini per lo più legati da parentela.
Appena
sbarcati in Italia i Goumiers fecero subito vedere di che pasta erano
fatti, in Sicilia, infatti, essi cominciarono a razziare e sequestrare
donne del luogo considerandole “bottino di guerra” e le portarono via
come prostitute. I primi episodi si registrarono sulla statale
Licata-Gela, come ci dice lo storico Fabrizio Carloni, per poi
proseguire a Capizzi, tra Nicosia e Troina ,qui i franco-africani si
abbandonarono addirittura a stupri di massa: “…le consideravano bottino
di guerra e le portavano via sghignazzando e trattandole con un
linguaggio da trivio, come se fossero delle prostitute…”.
Si
proseguì con lo stesso comportamento nei paesi di Mastrogiovanni (dove
madri e figlie venivano stuprate e poi passate per le armi) , Lanuvio,
Velletri ad Acquafondata dove ci fu addirittura un rastrellamento di
donne da violentare.
La vergogna però che si compì nelle battaglie in ciociaria toccò apici clamorosi e devastanti, infatti il comandante francese Alphonse JUIN per incentivare e caricare le sue truppe prima della battaglia, sembra che pronunciò il seguente discorso:
“Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’è un vino tra i migliori del mondo, c’è dell’oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete…”.
I suoi Goumiers non se lo fecero ripetere due volte…
Il
loro premio cominciarono a riscuoterlo nella cittadina di Esperia, dove
circa 3.500 donne, tra gli 8 e gli 85 anni, vennero stuprate e, nella
più benevola delle sorti uccise, circa 800 uomini sodomizzati tra cui un
prete (Don Alberto Terilli) che morì poco dopo, i parenti delle vittime o coloro che cercarono di difendere le donne vennero impalati…
Gli altri alleati erano al corrente di ciò che stavano facendo i franco-africani?
Le
fonti sembrano dirci di sì, in quanto, già precedentemente, gli
ufficiali alleati avevano richiesto in patria “l’invio” di prostitute al
seguito delle truppe, per placare i desideri dei propri soldati;
sapevano anche perché i Goumiers francesi avevano un’altra peculiarità ,
quella di evirare i soldati nemici
e soprattutto quella di vendere, a quei soldati americani bramosi di
ottenere elogi e galloni senza troppo rischiare, i soldati tedeschi
catturati, al prezzo di 500/600 franchi per un soldato semplice e di
circa il triplo per un ufficiale.
Quindi
secondo alcuni storici tutti sapevano cosa stesse accadendo, De Gaulle
in primis, ma soprattutto chi era sul posto come il Gen. Harold Alexander,
che molti dicono ricevette la richiesta di permesso di “carta bianca”
da parte di Alphonse JUIN, limitandosi a contrattare con egli le 50 ore
di dominio “anarchico” sulla popolazione civile. In una nota della
Presidenza del Consiglio ciò si evidenzia ancora di più infatti si legge
che gli ufficiali francesi: “lungi dall’intervenire e dal reprimere
tali crimini hanno invece infierito contro la popolazione civile che
cercava di opporvisi…” in quanto gli accordi prevedevano “mediante un
patto che accorda loro il diritto di preda e saccheggio” “nella
generalità dei casi essi preferiscono ignorare e da qualcuno è stato
anche detto che agli irregolari marocchini spetta il diritto di preda”.
La
furia franco-coloniale non si placò e continuò nelle cittadine di
Ceccano, Supino, Sgurgola e paesi limitrofi (dal 2 al 5 giugno 418
stupri su uomini, donne e bambini, 29 omicidi, 517 furti) una nota dei
Carabinieri ricorda la bestialità di quegli eventi: “infuriarono contro
quelle popolazioni terrorizzandole. Numerosissime donne, ragazze e
bambine (…) vennero violentate, spesso ripetutamente, da soldati in
preda a sfrenata esaltazione sessuale e sadica, che molte volte
costrinsero con la forza i genitori e i mariti ad assistere a tale
scempio. Sempre ad opera dei soldati marocchini vennero rapinati
innumerevoli cittadini di tutti i loro averi e del bestiame. Numerose
abitazioni vennero saccheggiate e spesso devastate e incendiate”.
Starà
poi alle truppe alleate franco-senegalesi completare “l’opera” infatti,
prima di essere rimpatriate, infierirono ancora sulla popolazione
civile in quel di Toscana per lo più nell’isola d’Elba (dopo essere
passati anche in Val d’Orcia e nel viterbese).
Le
responsabilità di quei tragici giorni della nostra storia, devono
ricadere anche su alcuni uomini politici italiani di allora, perché, non
bisogna dimenticare, che l’Italia badogliana dichiarò guerra alla
Germania, diventando di fatto collaborazionista dello Stato Maggiore
alleato; non meno gravi le responsabilità del governo di Unità Nazionale
di Ivanoe Bonomi che
non sollevò mai una protesta ufficiale per le cosiddette
“marocchinate”, come del resto i governi che lo hanno succeduto per
50-60 anni e per i quali questo è sempre stato un argomento tabù e
politicamente scorretto, in virtù di quella che Renzo De Felice amava definire “vulgata resistenziale”…
Dopo
la guerra il corpo di spedizione francese riconobbe alle vittime un
indennizzo che andava dalle 30 alle 150 mila lire a donna stuprata, tali
somme vennero detratte dai danni di guerra dovuti dall’Italia alla
Francia; dal canto suo il governo italiano pagò alle vittime una
pensione minima e a tempo.
La
cifre di queste nefandezze non sono molto chiare, si parla di circa
60.000 donne stuprate, numero che si basa sulle richieste di indennizzo
ricevute; di queste vittime, una grande percentuale rimase affetta da
malattie come la sifilide o blenorragia, molti furono i figli nati dai
rapporti coatti, la maggior parte dei mariti e dei compagni furono
contagiati dalle mogli, migliaia di omicidi, parte dei quali effettuati
ai danni di chi “osava” difendere l’onore delle donne, l’81% dei
fabbricati distrutti, il 90% del bestiame sottratto, così come i
gioielli e ogni altro tipo di bene materiale, evirazioni, cittadini
impalati, bambini (di entrambi i sessi), uomini, sacerdoti ed anche
animali sodomizzati…
Ad
aggiungersi a questi dati strazianti, per le vittime ci fu anche la
beffa di vedersi come delle persone emarginate dalla società, non ci
furono quasi mai nei loro confronti degli atti di solidarietà, molte
donne vennero ripudiate, stentarono a trovare un marito ed un lavoro e
molte furono quelle che non riuscirono a convivere con questo fardello
suicidandosi.
Ecco una testimonianza dell’epoca:
“I soldati marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta, abbattuta la porta stessa colpivano la Rocca con il calcio del moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata mentre il padre (…) da altri militari veniva trascinato, malmenato e legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare nessun aiuto alla ragazza e al genitore in quanto un soldato rimase di guardia con il moschetto puntato sugli stessi…”
Perché ricordare in alcuni casi è un dovere…
Riferimenti bibliografici:
Arrigo Petacco, La nostra guerra.
Tommaso Baris, Montecassino 1944, scatenate i marocchini tratto da Millenovecento, n. 14, dicembre 2003.
Tommaso Baris, Fra due fuochi.
Luciano Garibaldi, L’assalto alle ciociare, in periodico “Noi”, 1994”.
Alberto Moravia, La Ciociara.
F. Majdalany, La battaglia di Cassino.
Gennaro Sangiuliano, Quelle marocchinate di cui nessuno parla. Artcolo tratto da “L’Indipendente” del 19 maggio 2006.
LE MAROCCHINATE – «STUPRATE LE ITALIANE»
Durante
la seconda guerra mondiale diecimila tra donne e bambini furono
violentati dalle truppe francesi, con il consenso del comando, nel
Centro-sud. Un capitolo rimosso che una denuncia ha ora riaperto
di Giusy Federici
Alberto Moravia ci scrisse un libro e Vittorio De Sica ne ricavò un film, La Ciociara, con Sofia Loren, dove si mostra lo stupro delle due protagoniste, madre e figlia.
Dopo più di cinquant’anni si torna a parlare di «marocchinate».
Con
questo brutto termine vengono indicate quelle donne – ma anche bambini
di entrambi i sessi, uomini, religiosi e in qualche caso animali –
vittime delle violenze dei soldati marocchini del Corps expeditionnaire
francais (Cef), comandati dal generale Juin. Furono migliaia.
A
mezzo secolo da quegli orrori, una donna tra le prime a subire
violenza, vicino ad Esperia fucinate ha deciso di sporgere denuncia nei
confronti dei quattro soldati che abusarono di lei, giovanissima. «Per
la prima volta – afferma il legale, l’avvocato romano Luciano Randazzo –
verrà inoltrata una denuncia-querela, presso la procura militare e
quella della Repubblica, per far aprire un processo penale a carico
degli ufficiali francesi viventi. Quei signori, tramite lo stesso Stato
francese, dovranno rispondere di omicidio plurimo aggravato da motivi
futili e abietti, senza nessun riscontro nel diritto internazionale di
guerra. Le dico di più: ipotizzo il reato di genocidio».
Oltre che sulle dichiarazioni della signora, l’avvocato si baserà sulle ricerche storiche e sui documenti rinvenuti da Bruno D’Epiro, da Massimo Lucioli e Davide
Sabatini, autori questi ultimi, per le edizioni Tusculum, del libro La Ciociara
e le altre.
È
questo il primo tentativo di far conoscere il fenomeno degli stupri
francesi in tutta la loro portata. Come afferma lo studioso belga Pierre Moreau:
«Mai tali tragici avvenimenti sono stati menzionati nella letteratura
storica della seconda guerra mondiale, tanto in quella di lingua
francese, quanto in quella di lingua olandese ed inglese».
Invece è dimostrato che non fu
solo la popolazione degli Aurunci a
subire le violenze durante le famose cinquanta ore di «premio» promesse
da Juin alle truppe se avessero sfondato la linea di Cassino, ma che il
fenomeno parti dal luglio ’43 in Sicilia, attraversò il Lazio e la
Toscana e terminò solo con il trasferimento del Cef in Provenza,
nell’ottobre del ’44.
Un’altra
fondamentale novità che la denuncia e gli studi apportano alla vulgata
su questi fatti è che non furono solo i marocchini a macchiarsi di tali
nefandezze, ma anche algerini, tunisini e senegalesi. Nonché «bianchi»
francesi: ufficiali, sottufficiali e di truppa. E qualche italiano
aggregato ai «liberatori» (volgari criminali o qualcuno con la divisa?
Le fonti non sono chiare…).
Il professor D’Epiro,
deportato a sedici anni dai tedeschi perché non volle aderire alla
Repubblica Sociale Italiana – dai cui reduci viene spesso invitato a
tenere conferenze – dopo una serie di vicissitudini tornò a casa. E
cominciò a raccogliere le testimonianze delle vittime in libri come Dramma di un popolo e La battaglia di Esperia.
È stato insignito da Pertini del titolo di Cavaliere al merito della
Repubblica Italiana, ma vanta anche riconoscimenti come la Gran Croce
«Deutsch dee Sektion dee Ceca». Un personaggio, quindi, non sospettabile
di revisionismo strumentale a fini politici.
«La
spinta me l’hanno data le donne di Esperia. Nel 1950, quando si
cominciarono a dare i primi miseri indennizzi alle donne marocchinate,
io scrivevo le domande per loro e ne raccoglievo le testimonianze. A
quel tempo se ne parlava ancora molto, quasi tutte in zona erano state
stuprate, dalle bambine alle vecchie.
Trovai
poi riscontri nelle fonti tedesche». La ricerca portò a risultati
sconvolgenti. Durante l’offensiva del ’44, ad esempio, il parroco di
Esperia, don Alberto Terrilli,
un uomo in odore di santità, cercò invano di salvare tre donne. Fu
legato e sodomizzato tutta la notte. Mori poco tempo dopo per le
violenze subite. E mentre i francesi ancora oggi negano tutto, diventa
sempre più evidente che il fenomeno ebbe dimensioni colossali.
Sono
ben 9.000 le vittime che ancora aspettano un indennizzo, secondo
l’Associazione nazionale vittime di guerra. E già il 12 novembre 1946, Giovanni Moretti,
primo cittadino di Esperia, durante riunione di sindaci della Ciociaria
denunciò che su 2.500 abitanti erano state violentate 700 donne. Tutte
si erano ammalate, molte in modo grave, o erano decedute in seguito agli
stupri. E l’avvocato Randazzo sostiene
che il risarcimento si può ottenere ormai solo dal governo francese. E
che sul piano penale, per il principio della responsabilità applicato
anche in altre situazioni (vedi caso Priebke), vadano puniti gli
ufficiali francesi. Juin è morto, ma altri pari grado o subalterni
presumibilmente sono ancora vivi.
A
quale tipo di querelle giuridico-diplomatica la denuncia darà luogo non
è difficile immaginarlo. Basti dire, come ricorda D’Epiro, che «alle
celebrazioni per il cinquantesimo della battaglia di Esperia, nel ’94,
si erano autoinvitati dei francesi che non furono fatti salire sul palco
insieme agli inglesi e agli americani. Anzi, minacciati dai paesani,
richiusero la portiera del pullman e se ne andarono. Un ufficiale mi
chiese il perché di tanto astio io risposi: “Noi non possiamo
dimenticare quello che avete fatto sui monti Aurunci, dove si sentono
ancora le grida delle vittime”. Non presero solo donne, ma anche
bambini. Un tedesco fu decapitato». Tagliare la testa era, infatti,
un’usanza marocchina, come recidere le orecchie per farne collane. Si
racconta persino che durante le violenze qualche ufficiale francese si
nascondeva per paura di fare la stessa fine della popolazione.
Su questo punto, però, Massimo Lucioli è
di parere diverso. «Nel libro noi non abbiamo sposato questa tesi fino
in fondo, perché a nostro avviso gli ufficiali bianchi, spesso e
volentieri, partecipavano alle sevizie». «Ma anche gli italiani che
seguivano le truppe – conferma D’Epiro – non solo violentavano ma,
approfittando del momento, derubavano i civili di soldi e oro».
Purtroppo, però, tranne la famosa «Ciociara» che ha ispirato il film,
nessuno dei protagonisti sembra avere più voglia di parlare. È difficile
trovare testimoni. Sono quasi tutti morti e qualche superstite ha
problemi di memoria. Ma anche chi ricorda non vuole rivangare un trauma
in cinquant’anni rimasto intatto. Le efferatezze compiute dai marocchini
furono motivate dai francesi con la necessità assoluta di sfondare la
linea di Cassino. Juin diceva che l’unico modo per riuscirci era passare
per la «penetrante Esperia». Dalla piana di Scauri, il generale
osservava l’andamento giornaliero delle operazioni sui monti Aurunci e i
tedeschi si accorsero troppo tardi di quell’azione di accerchiamento.
Tedeschi che in zona sono rispettati e benvoluti, contrariamente che
altrove in Italia.
Nel
1985, durante una giornata per la riconciliazione, gli ex combattenti
sono stati invitati da tutta la cittadinanza e dalle autorità. Durante
la guerra molti esperiani aiutarono i soldati germanici in difficoltà
proprio per l’atteggiamento corretto che avevano sempre avuto verso la
popolazione e soprattutto verso le donne. Un ucraino che aveva tentato
di violentare una donna fu preso dai commilitoni della Wehrmacht e
fucilato senza tanti complimenti.
Introvabile
resta ancora, però, il famigerato volantino in arabo – o in francese e
arabo – in cui Juin prometteva ai suoi uomini le cinquanta ore di totale
licenza in caso di vittoria. L’originale non si trova, ma esiste una
traduzione dell’Associazione nazionale vittime civili:
«Oltre quei monti, oltre quei nemici che stanotte ucciderete c’è una terra larga larga e ricca di donne, di vino e di case… Per 50 ore potrete avere tutto, fare tutto, distruggere e portare via, se lo avrete meritato…».
«Probabilmente – osservano Massimo Lucioli e Davide Sabatini –
la storia del volantino è stata messa in giro per attribuire solo a
Juin la responsabilità di fatti così vergognosi. Con la scusa del
volantino di cui tutti parlano ma che nessuno ha mai visto, si finisce
per negare che il fenomeno abbia interessato, com’è certo, mezza Italia.
Il tutto si circoscrive a 50 ore sugli Aurunci: cosa grave é ma
limitata. È anche inquietante l’esistenza di denunce prestampate. La
pretura di Esperia realizzò addirittura dei moduli, presso la Tipografia
Trombetta di Pontecorvo, per presentare le denunce contro le violenze
commesse dai marocchini. Ce n’erano anche al comando francese.
Un’ulteriore dimostrazione che nulla fu casuale e limitato nel tempo.
Un’altra conferma della sistematicità di tali «gesta» è data, indirettamente, dalla presenza in zona del generale De Gaulle,
che ha seguito gran parte della strada percorsa dai goumiers: possibile
che non sapesse nulla? De Gaulle arrivò da Ausonia, dove aveva sede il
Cef, a Esperia, dove si trovava il comando avanzato. Fu visto dagli
osservatori tedeschi che avvertirono tempestivamente l’artiglieria posta
a Sant’Oliva e spararono sul casolare: lo testimonia anche Jacques Robichon,
uno storico francese che ha preso parte alla campagna d’Italia come
ufficiale del Cef. In zona, poi, oltre a un reparto di carri leggeri
della divisione «Francia libera», c’erano elementi della Quinta Armata
americana che con i mezzi corazzati supportavano l’avanzata dei
francesi. Ci sono foto che ritraggono insieme Juin, Alexander e Clark.
«A
Pico – racconta Lucioli – abbiamo testimonianze che gli americani
arrivarono mentre i goumiers stavano violentando in piazza donne e
bambini. I soldati cercarono di intervenire, ma gli ufficiali li
bloccarono dicendo che non erano lì per fare la guerra ai marocchini.
In
Toscana sono successe le stesse cose. Le violenze poi non avvenivano
durante combattimenti, ma a battaglia terminata. Quando le ragazze
portavano fiori ai «liberatori».
A
Polleca, il 17 maggio, furono seviziate molte donne e i tedeschi non
c’erano già più. Così a Pico, a Castro dei Volsci e altrove».
Uno
degli aspetti ancora poco noti è poi che gli stupri sono continuati a
Roma, a due passi da San Pietro, ai Castelli romani, a Grottaferrata e a
Frascati. In Sicilia, nel ’43, appena arrivati, i goumiers ebbero degli
scontri molto accesi con la popolazione per questo motivo. Alcuni di
questi soldati furono trovati uccisi con i genitali tagliati: un chiaro
segnale.
Nell’alto
Lazio e in Toscana, lo stesso: Poggibonsi, Colle Val d’Elsa, Murlo, la
Val d’Orcia. All’isola d’Elba si verificarono altri fatti eclatanti: lì
si accanirono addirittura sui carabinieri reali. «Diversi partigiani –
concludono Sabatini e Lucioli – si trovarono ad avere a che fare con i
goumiers in Toscana, e furono disarmati e violentati. Come alcuni
elementi della Spartaco Lavagnini, una brigata garibaldina comunista
molto nota e attiva. Tra loro c’era una staffetta, Lidia, e un ragazzo, ribattezzato Paolo in guerra. Testimonianze riportate dagli stessi partigiani, come Pasquale Plantera,
arruolato nella Lavagnini, che ne parla in un suo racconto rimasto
inedito. Eppure queste cose non sono mai state dette né scritte».
Fonte: tratto da: http://digilander.libero.it/folgore4a/
Le marocchinate della seconda guerra mondiale
Niente
può eguagliare l’orrore che investì le “marocchinate”: è una brutta
parola, ma allora la usavano tutti e si capiva subito di cosa si
parlava. Non solo marocchini, ma anche tunisini, algerini, ecc. Gli
storici furono come sempre bloccati, lasciando praticamente sguarnita di
studi e ricerche quella pagina dolorosa della nostra storia. Certi
eventi, accaduti intorno alla Linea Gustav, non hanno trovato il giusto spazio nei libri della storiografia ufficiale.
Voluta
da Hitler nel settembre del 1943, 230 chilometri di barriera difensiva,
dal Tirreno all’Adriatico partiva da Gaeta, al confine tra Lazio e
Campania fino alla foce del Sangro, a sud di Pescara. La città ciociara
di Cassino ne era il nodo. Saranno i soldati del generale francese Alphonse JUIN a
ricevere l’ordine di sfondarla. 110 mila soldati: francesi, marocchini,
algerini e tunisini sono gli uomini del C.E.F., il Corpo di Spedizione
Francese, guidato dal generale JUIN, comandante deciso e ostinato. Ai
suoi ordini anche i 12 mila goumiers, arruolati e addestrati sulle
montagne dell’Atlante in Marocco.
Il contingente marocchino agli ordini del generale JUIN, i “goumièrs”,
sfondano per primi il 13 maggio 1944, i capisaldi della linea Gustav. I
tedeschi sono costretti ad arretrare. I profughi vedono arrivare i
liberatori. Ma proprio in questi giorni di liberazione ha inizio un
saccheggio senza precedenti: i goumiers devastano, rubano, uccidono,
violentano. Donne, bambini, ma anche uomini, sono il loro “bottino di
guerra”. Le marocchinate, una brutta definizione, ma da allora usata da
tutti in quei luoghi e si capisce subito di cosa si parla. Sono le donne
che hanno subito la violenza dei soldati marocchini, gli efferati
liberatori dall’occupazione tedesca.
I goumiers inoltre andavano all’attacco salmodiando la Chahada (non vi è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta),
catturavano i tedeschi per rivenderli (500-600 franchi per un soldato
semplice, il triplo per un ufficiale superiore) ai militari americani
desiderosi di costruirsi una reputazione guerriera senza rischiare. In
Marocco ovviamente sono gli eroi di Cassino.
Ma
quanti furono gli stupri? Le cifre non sono mai state precise. La furia
delle truppe marocchine ha sin dal primo momento assunto le
caratteristiche di uno stupro di massa. Ma come è stato possibile che
soldati comandati da ufficiali francesi, inquadrati nella V armata
americana, abbiano potuto infierire sulla gente del luogo senza alcun
controllo? In questa ricerca della verità partiamo, anche se può
sembrare paradossale, da un misterioso proclama, attribuito proprio ad
Alphonse JUIN:
“…oltre quei monti, oltre quei nemici che stanotte ucciderete, c’è una terra larga e ricca di donne, di vino, di case. Se voi riuscirete a passare oltre quella linea senza lasciare vivo un solo nemico, il vostro generale vi promette, vi giura, vi proclama che quelle donne, quelle case, quel vino, tutto quello che troverete sarà vostro, a vostro piacimento e volontà. Per 50 ore. E potrete avere tutto, fare tutto, prendere tutto, distruggere e portare via, se avrete vinto, se ve lo sarete meritato. Il vostro generale manterrà la promessa, se voi obbedirete per l’ultima volta fino alla vittoria…”.
Fonte: NR
Marocchinate: I Goumiers
Goumiers erano
marocchini di razza berbera, nativi delle montagne dell’Atlante, che
costituivano le truppe coloniali irregolari francesi appartenenti ai Goums Marocains, un reparto delle dimensioni approssimative di una divisione ma meno rigidamente organizzato, che formavano il cosiddetto C.E.F.(Corps Expeditionnaire Francais) insieme ad altre quattro divisioni:
la Seconda Divisione Marocchina di Fanteria (DIM – Division Infanterie Marocaine, 13.895 uomini, di cui 6.578 europei e 7.317 indigeni);
la Terza Divisione Algerina di Fanteria (DIA – Division In fanterie Algerienne, con i suoi 16.840 uomini, tra i quali 6.354 bianchi e 6.835 indigeni);
la Quarta Divisione di Montagna Marocchina (DMM – Division Marocaine de Montagne, 19.252 uomini, di cui 6545 europei e 12.707 indigeni);
la Prima Divisione della Francia Libera.
Questi uomini selvaggi in bourms (mantello di lana con cappuccio) e turbante, avvolti in sporchi barracani, erano denominati “goumiers“, perche’ non erano organizzati in divisioni regolari, ma in “goums“, ossia gruppi composti da una settantina di uomini, molto spesso legati tra loro da vincoli di parentela.
Infatti “Goum” (il cui plurale e’ appunto “goums“), deriva dalla traslitterazione fonetica francese del termine arabo “qum” che indica, appunto, una banda o uno squadrone.
La
caratteristica di queste truppe coloniali era l’eccellente
addestramento nei combattimenti montani, dove riuscivano a muoversi in
silenzio e con agilita’. Vivere e battersi in montagna era qualcosa di
naturale per questi soldati nati e vissuti su impervie montagne, e un
terreno che altri avrebbero considerato un ostacolo era per questi
nordafricani un alleato.
Le forze del C.E.F.
comprendevano 99.000 uomini per la maggior parte di nazionalita’
marocchina e algerina provenienti dalle colonie francesi. Completava
l’organico una piccola aliquota di senegalesi.
I Goums erano al comando del generale francese Augustin Guillaume.
Lo scenario bellico
Alla
fine del 1943 la 5° Armata USA del generale Clark aveva subito perdite
per 40.000 uomini, tra morti e feriti, oltre a 50.000 soldati messi
fuori combattimento dalle malattie, molte di tipo sessuale e da stress
da combattimento. L’Ottava Armata britannica aveva perso 12.500 uomini a
causa della malaria e 6.400 in battaglia. Questo li porto’ a dover
chiedere aiuto agli alleati francesi.
Quando gli eserciti anglo americani giunsero nel gennaio del 1944 di fronte alla linea Gustav,
i loro comandanti certamente non pensarono che la celere avanzata verso
Roma, si sarebbe trasformata in una logorante e sanguinosa guerra di
posizione.
La linea Gustav era
letteralmente una catena umana che tagliava in due parti l’Italia, dal
Tirreno all’Adriatico, voluta da Hitler nel settembre del 1943 come
baluardo di resistenza tedesca in terra d’Italia; la Linea Gustav era
lunga 230 chilometri e rappresentava una barriera difensiva dal Tirreno
all’Adriatico: partiva da Gaeta, al confine tra Lazio e Campania, e
giungeva fino alla foce del Sangro, a sud di Pescara.
Nei mesi invernali che seguirono, il generale Harold Alexander,
comandante in capo delle forze alleate in Italia, nell’ostinarsi ad
attaccare frontalmente le difese tedesche nel settore di Cassino riusci’
a perdere nell’arco di tre distinte battaglie (che comportarono anche
la distruzione della storica abbazia) oltre 60.000 soldati.
A
fronte di questi evidenti insuccessi, nello studio tattico di quella
che doveva essere la quarta ed ultima Battaglia per Cassino, che
portera’ all’occupazione angloamericana di Roma, il generale Alexander
decise di tentare una manovra di aggiramento delle difese tedesche.
L’attacco
si doveva sviluppare attraverso i monti Aurunci, partendo da
Castelforte passando per Ausonia, Monte Petrella ed Esperia. Obiettivo
finale: il paese di Pontecorvo e la via Casilina. Si sarebbe ottenuto
cosi’ l’aggiramento dei difensori di Montecassino.
A svolgere questo difficile e delicato compito furono chiamate le truppe del “Corps Expeditionnaire Français” (C.E.F.) agli ordini del generale Alphonse Juin.
Giovedi’
11 maggio 1944, scatta il piano di Juin. Alle undici di sera, 1600
cannoni danno inizio a un intenso bombardamento contro i tedeschi: le
truppe francesi cominciarono cosi’ l’avanzata con l’operazione che prese
il nome “Diadem“.
Il
14 maggio 1944 i Goumiers, attraversando un terreno apparentemente
insuperabile nei monti Aurunci, aggirarono le linee difensive tedesche
nell’adiacente valle del Liri consentendo al XIII Corpo britannico di
sfondare la linea Gustav e di avanzare fino alla successiva linea di
difesa predisposta dalle truppe germaniche, la linea Adolf Hitler.
In
seguito a questa battaglia il generale Alphonse Juin avrebbe dato ai
suoi soldati cinquanta ore di “liberta’”, durante le quali si
verificarono i saccheggi dei paesi e le violenze sulla popolazione
denominate appunto marocchinate.
Le marocchinate
Nei
giorni che seguirono la battaglia, terminata il 17 maggio con la caduta
di Esperia, i 7.000 “goumiers” sopravvissuti (erano partiti all’attacco
in 12.000) devastarono, rubarono, razziarono, uccisero e violentarono.
Le cifre riguardanti il totale degli stupri e degli omicidi sono molto varie.
Nelle
ore successive allo sfondamento della linea Gustav, 7000 soldati
marocchini, liberi dal comando, si avventarono su di un’ampia area della
provincia di Frosinone e della provincia di Latina.
Le conseguenze furono spaventose: secondo alcune fonti ufficiali furono stuprate piu’ di 60.000 donne dagli 8 agli 85 anni.
Furono
sodomizzati all’incirca ottocento uomini; tra di essi anche il prete di
Santa Maria di Esperia che mori’ poi per le ferite.
Poi furono uccisi impalati gli uomini che cercavano di proteggere le donne e i bambini. Fu razziato il 90% del bestiame.
Testimonianze
ricordano come truppe canadesi, uscendo dalla loro area di competenza,
intervennero riuscendo a fermare in parte lo scempio su richiesta della
popolazione in fuga.
Secondo
invece i dati del Ministero degli Interni, poi trasmessi alla
Commissione alleata di controllo, ci furono circa 2000 stupri di donne,
molte delle quali furono contagiate da malattie veneree, circa 800
uomini sodomizzati, molti dei quali successivamente assassinati tramite
impalatura, oltre ad un centinaio di omicidi e alla distruzione di 811
case poi incendiate.
Sulla
guerra delle cifre non c’e’ certezza; comunque sia anche quella piu’
ottimistica del Ministero degli Interni mostra lo scempio che avvenne in
Italia e le sue colossali dimensioni, rispetto al breve periodo e
all’esiguita’ del territorio in cui queste violenze si consumarono.
Il 18 giugno del 1944 papa Pio XII sollecito’ Charles de Gaulle a
prendere provvedimenti per questa situazione. Ne ricevette una risposta
accorata e al tempo stesso irata nei confronti del generale Guillaume.
Entro’ quindi in scena la magistratura francese, che fino al 1945 avvio’
160 procedimenti giudiziari nei confronti di 360 persone. A queste
cifre bisogna pero’ sommare il numero di quanti furono colti sul fatto e
fucilati.
Quando la notizia si diffuse il Vaticano chiese ufficialmente che le truppe franco-maghrebine non entrassero a Roma.
Dopo
la guerra il corpo di spedizione francese riconobbe alle vittime un
indennizzo che andava dalle 30 alle 150 mila lire a donna stuprata, tali
somme vennero detratte dai danni di guerra dovuti dall’Italia alla
Francia; dal canto suo il governo italiano pago’ alle vittime una
pensione minima e a tempo.
Il mistero del volantino
All’alba
del 14 maggio 1944 (giorno scelto per l’attacco) il generale Juin
inoltro’ agli uomini della II divisione di fanteria (comandata dal
generale Dody) e della IV divisione da montagna (comandata dal generale
Guillaume) il seguente proclama…
Per
quanto l’originale sia introvabile, si conosce la traduzione di un
volantino in francese e arabo che sarebbe circolato tra i groumiers:
« Soldati! Questa volta non e’ solo la liberta’ delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’e’ un vino tra i migliori del mondo, c’e’ dell’oro. Tutto cio’ sara’ vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di cio’ che troverete al di la’ del nemico. Nessuno vi punira’ per cio’ che farete, nessuno vi chiedera’ conto di cio’ che prenderete »
(Traduzione dell’”Associazione Nazionale Vittime Civili”).
L’invio di tale comunicato non fu mai confermato ufficialmente.
Un’ulteriore
prova che questo fenomeno non fosse circoscritto alle 50 ore di cui
parlerebbe il volantino sarebbe la presenza di moduli prestampati per
denunciare le violenze effettuate dai marocchini.
Anche
se si nega l’esistenza del volantino, tuttavia, l’acquiescenza di
comandanti ed ufficiali ed il carattere sistematico delle violenze ha
portato a definire l’idea di una liberta’ di azione concessa ai soldati
nei confronti dei civili. Ai soldati marocchini, cioe’, sarebbe stato
concesso il diritto di preda.
Evidentemente l’Italia del «colpo di pugnale» alla Francia agonizzante del 1940, non meritava, in fin dei conti, troppi riguardi.
Marocchinate e’
il termine usato per indicare lo stupro di massa attuato dai goumiers
francesi ai danni di molte persone di ambo i sessi e di tutte le eta’
dopo la battaglia di Montecassino.
Durante
la Seconda guerra mondiale, come in tutte le altre guerre, si sono
consumate efferate e gratuite violenze ai danni dei civili, donne e
uomini, anziani o giovani che fossero. Ma e’ difficile eguagliare
l’orrore della vicenda delle “marocchinate“,
le donne ciociare violentate nel 1944 dal contingente marocchino
dell’esercito francese. All’epoca furono definiti effetti collaterali
della guerra, oggi quegli stupri sono un crimine contro l’umanita’.
Alberto Moravia scrisse un libro affinche’ tali orrori non venissero dimenticati. Vittorio De Sica ne ricavo’ un film, intitolato “La Ciociara“. Fu Sofia Loren ad interpretare una delle due protagoniste, una madre e una figlia che, nella storia, subirono un orribile stupro.
Fonte: da ParlandoSparlado del 31/10/2009
Fonte: veja.it
http://www.nocensura.com/2014/04/le-marocchinate-la-parte-censurata_16.html
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