martedì 22 aprile 2014

La Slovacchia non vuole dare il suo gas all’Ucraina

La Slovacchia non vuole dare il suo gas all’Ucraina

La Slovacchia non vuole fornire il gas all’Ucraina con il cosiddetto “reverse flow”, sebbene tale ipotesi già da tempo venga discussa dall’Unione Eropea. Dal punto di vista tecnico l’operazione di “reverse flow” è estremamente diffcile.
 
L’unica soluzione accettabile sarebbe il transito del gas verso l’Ucraina attraverso il territorio slovacco, ma Bratislava ha dichiarato che non intende violare i contratti con Gazprom. In conformità al contratto in essere il tronco del gasdotto tra i due paesi è gestito da Gazprom, pertanto la decisione sul “reverse flow” deve essere presa dalla società russa. L’unica soluzione per le forniture di gas europeo all’Ucraina in modalità inversa potrebbe essere la costruzione di un nuovo gasdotto.

Di questo progetto si è parlato in precedenza, ma la trattative sono finite in un vicolo cieco e l’ultima dichiarazione delle autorità di Bratislava potrebbe archiviare la storia. Alla Slovacchia non conviene rompere gli accordi con Gazprom, perché dipende interamente dal gas russo. Inoltre, la società russa ha pagato in anticipo l’uso di tutto il sistema di distribuzione slovacco, sebbene, in questo momento, il gasdotto sia caricato solo in parte. In tal modo per Bratislava ci sarebbe il rischio di perdere un mucchio di soldi che adesso riceve per il transito del gas. Lo ritiene il direttore del Dipartmento analitico della società d’investimento “Nord-Capital” Vladimir Rozhankovsky.
Per gli economisti l’idea del “reverse flow” sin dall’inizio non era fattibile, perché quando il gas viene spedito in direzione inversa, la tubazione non può essere usata per le forniture contrattuali. Per i paesi come la Slovacchia il “reverse flow” è un’impresa piuttosto rischiosa.
La Slovacchia aveva proposto di costruire un altro tronco lungo 400 metri da collegare al gasdotto ucraino. L’investimento era stimato attorno a 20 milioni di dollari, ma Kiev non ha questi soldi, mentre gli investitori vogliono che vengano garantite le vendite del gas. Tuttavia non c’è una parte con cui trattare e Bratislava, come dicono gli esperti, ne è perfettamente consapevole. La firma del contratto per la costruzione del nuovo gasdotto è stata bloccata dalle stesse autorità ucraine. A Kiev non piace il sistema “Take-or-Pay”, cioè "prendi o paga", in cui il contratto prevede la fornitura di una determinata quantità di gas e la parte contrattale è tenuta a pagare tutta la quantità, anche se ne prende di meno. Attualmente questo schema è alla base dei contratti che l’Ucraina ha firmato con Gazprom. Tuttavia la parte ucraina non rispetta le condizioni contrattuali e si rifiuta di pagare. 

Secondo il direttore dell’Istituto di energia e finanze, Vladimir Feygin, nelle condizioni attuali la costruzione del nuovo gasdotto non è possibile.
Sul piano tecnico, il “reverse flow” richiede la costruzione di un nuovo tronco con relative attrezzature. Per un progetto così serio 20 milioni di dollari non sarebbero tanti, ma se l’Ucraina non è in grado di garantire il recupero dell’investimento, il dialogo non potrà mai essere serio.
In precedenza la tedesca RWE ha annunciato l’inizio delle forniture di gas all’Ucraina attraverso il territorio della Polonia, ma in questo caso si potranno fornire non più di 5 miliardi di metri cubi all’anno, mentre all’Ucraina servono almeno 25 miliardi. Ciò significa che Kiev dovrà comunque trattare con Gazprom e risolvere il problema del debito, che già ammonta a più di 2,2 miliardi di dollari.

Tatiana Golovanova 

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