martedì 3 novembre 2015

I Doppi standard degli USA ed il fallimento delle rivoluzioni colorate


Tunisia, Libia, Egitto, Siria ed Ucraina: qui dal 2011 ad oggi sono apparsi movimenti nazional-rivoluzionari che avrebbero dovuto cambiare in meglio la vita nei loro paesi. Oggi non resta altro che riconoscerne la completa inutilità.

E' vero che in questi paesi i regimi erano diventati oggetto della rabbia popolare, che erano tirannici ed autoritari, stati di polizia repressivi e corrotti. Tutti questi sono fatti innegabili, fatti che hanno reso il loro desiderio di cambiamento giustificabile.

Tuttavia i dati mostrano che questi movimenti ed il loro zoccolo duro erano falsi, messi in piedi dalle agenzie di politica estera straniere, USA in primis, come parte della loro strategia di propagare la "Fratellanza Musulmana" in tutto il Medio Oriente. Nessuno può negare il fatto che questi movimenti abbiano preso piede in paesi dove i regimi vigenti erano l'opposto di quello che Washington voleva. In paesi dove i governanti locali erano e sono fidi alleati americani — Arabia Saudita e Qatar  su tutti-  non si è visto nulla di simile, mentre i sommovimenti popolari del Bahrain sono stati liquidati brutalmente e senza neanche un tweet nei media occidentali. Doppi standard? Chiaro che si.

Dunque, quattro anni dopo dove siamo? A che cosa hanno portato tutto queste rivoluzioni? Per dirla tutta, a niente. Sebbene in questi paesi la vita prima fosse tutt'altro che idilliaca, la situazione oggi, con l'eccezione dell'Egitto è di gran lunga peggiore. I paesi sono nel caos, le amministrazioni statali sono state distrutte e smembrate.

La rivoluzione ha distrutto la sicurezza nazionale, con guerre civili e terrorismo;  ha portato al dilagare del crimine (omicidi, rapimenti, traffico d'armi), al collasso di interi settori economici (industria, distruzione delle infrastrutture, chiusura dei voli delle compagnie aeree straniere), all'esodo di massa delle popolazioni locali, alla persecuzione delle minoranze religiose (in primis i cristiani) ed alla distruzione di siti storici e culturali patrimonio dell'umanità.

G8 dell'Aquila, Obama stringe la mano a Gheddafi
G8 dell'Aquila, Obama stringe la mano a Gheddafi - © Sputnik. Михаил Климентьев
 
In pochi verserebbero una lacrima su un tiranno deposto, eppure va tenuto presente che nonostante tutti i vizi del clan di Ben Ali, la vita in Tunisia era decisamente meglio prima della rivoluzion. Il turismo prosperava e gli investimenti stranieri nell'economia tunisina ne guidavano lo sviluppo. Sotto Gheddafi la Libia aveva il reddito pro-capite più ricco di tutta l'Africa e l'istruzione femminile era la più avanzata in tutto il continente. In Libia lavoravano 3,4 milioni di stranieri e la Libia collaborava addirittura con l'occidente nella lotta al terrorismo.

 
La Siria si era gradualmente tirata fuori dalla dittatura di Hafez al-Assad, ma i tentativi di liberalizzare il paese, intrapresi dal figlio di quest'ultimo, Bashar, salito al potere nel 2000, si sono conclusi in un nulla di fatto. Anche la situazione in Iraq, dopo le incursioni illegittime degli USA nel 2003 appartiene a questa stessa categoria, con identiche caratteristiche e conseguenze. 
 
La "rivoluzione" poi, non era appannaggio soltanto del Medio Oriente e del Nord Africa. Nel 2014 in Ucraina l'Occidente ha cospirato per destabilizzare un presidente regolarmente eletto (con un voto supervisionato dagli osservatori europei, i quali ne confermarono la legittimità) in palese violazione di regole che vennero poi citate come sacre. 
 
Se l'opposizione ucraina avesse sopportato Yanukovich fino alla fine del suo mandato, quest'ultimo avrebbe quasi sicuramente patito una sonora sconfitta ad elezioni che avrebbero portato la pace nel paese. Al contrario la guerra civile è esplosa nel sud-est dell'Ucraina, un paese dove oggi una milizia neo nazista tiene in scacco la popolazione, con il bene placito (ed i soldi) di Unione Europea e CIA.
 Le conseguenze dell'apparizione di questi finti movimenti "democratici", che l'Occidente non solo supporta attivamente, ma ha anche fatto nascere, si sono rivelati catastrofici per i loro paesi, i loro popoli e le residue promesse di democrazia. Eppure le lezione non è ancora stata imparata.

L'aeroporto di Sanaa nello Yemen
L'aeroporto di Sanaa nello Yemen - © stringer Sputnik

Infine, in tutto questo, non abbiamo ancora mai udito la minima critica nei confronti dell'Arabia Saudita, del Qatar o della Turchia, che direttamente — o indirettamente — finanziano il terrorismo islamico (Al Qaeda e Isis) e che si danno da fare per rovesciare il presidente Assad. Ricordiamo ad esempio l'attacco di Riyadh allo Yemen contro il gruppo degli Huthi (composto da 150 mila persone), che avrebbe dovuto essere indirizzato contro l'ISIS.

Nessuno ha scelto di parlare del conflitto in Yemen, ma la realtà dei fatti dice che ci sono già state più di 5000 vittime e 25 000 feriti in pochi mesi, con 1,3 milioni di rifugiati e 21 milioni di persone rimaste senza un'amministrazione statale nel loro paese. Una guerra ancora più brutale di quella nel Donbass, in cui l'Arabia ha condotto 1700 raid, fino a 80 al giorno, spesso accanendosi contro la capitale, l'antica città di Sana'a (con 2500 milioni di storia) e colpendo obiettivi civili.

La stampa occidentale però preferisce non scrivere neanche una riga su tutto questo, e si sa che in occidente se non lo passa il telegiornale, vuol dire che qualcosa non è neanche accaduto. I doppi standard colpiscono ancora.


Articolo Originale pubblicato su sito What they Say About USA

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