I
principali pianificatori militari degli Stati Uniti dopo la guerra
ispano-statunitense del 1898 studiarono con attenzione il modello
imperiale dei cugini inglesi. Dal 1873, mentre l’economia inglese
sprofondava in quello che chiamarono Grande Depressione, uomini come
Junius Pierpont Morgan, il banchiere più potente degli USA, Andrew
Carnegie, il più grande produttore di acciaio, John D. Rockefeller, il
primo oligarca monopolista del petrolio degli USA, capirono che gli
Stati Uniti potevano rivaleggiare con la Gran Bretagna come prima
potenza mondiale se avessero avuto una “Marina seconda a nessuno”. Il
dominio navale degli Stati Uniti potrebbe presto svanire dalle pagine
della storia.
Si guardi con attenzione ciò che Cina e Russia compiono
sui mari strategici. Nell’agosto 2015 si verificò un evento dal durevole
significato strategico, causando costernazione a Washington e nella
NATO. Russia e Cina, le due grandi nazioni eurasiatiche, s’impegnarono
in esercitazioni navali congiunte nel Mar del Giappone, al largo delle
città portuale dell’Estremo Oriente della Russia Vladivostok.
Commentandone il significato, il Viceammiraglio Aleksandr Fedotenkov,
vicecomandante della Marina militare russa, disse al momento che la
“portata dell’esercitazione è senza precedenti”, con 22 navi russe e
cinesi, 20 aerei, 40 veicoli corazzati e 500 uomini per parte. Le
esercitazioni erano antiaeree e antisom. Era la seconda fase delle
esercitazioni navali congiunte sino-russe Sea Joint 2015,
iniziate a maggio, quando 10 navi russe e cinesi effettuarono le prime
esercitazioni combinate nel Mar Mediterraneo.
L’importanza strategica
delle esercitazioni navali russo-cinesi nel Mediterraneo e al largo
delle coste di Cina ed Estremo Oriente della Russia, non erano che la
punta di ciò che è chiaramente una grande strategia militare congiunta
che potenzialmente sfida il controllo dei mari degli Stati Uniti. La
supremazia navale è stato il puntello fondamentale della proiezione di
potenza statunitense. Nel Mediterraneo, la Russia ha una base navale
nella siriana Tartus, conosciuta tecnicamente come “punto di supporto
tecnico-materiale”. Per la Russia, la base siriana è strategica, l’unica
nel Mediterraneo. Se è necessaria alla Flotta del Mar Nero russa in
Crimea come base per operazioni di sostegno all’intervento militare in
Siria, Tartus è inestimabile, come pure per le varie operazioni
oceaniche russe.
La prima base estera della Marina cinese
Un
altro evento apparentemente minore ha avuto luogo verso la fine del
2015 causando pochi commenti nei media mainstream. La Cina annunciava
trattative con il governo di una delle nazioni più piccole e più
strategiche del mondo, la Repubblica di Gibuti, per una base navale.
Gibuti ha una fortuna geografica, o sfortuna, essendo situata nel Corno
d’Africa, direttamente sullo stretto davanti al vicino Yemen, dove è in
corso un’aspra una guerra tra la coalizione wahabita dell’Arabia Saudita
contro gli sciiti huthi, sulla stretto strategica dove il Mar Rosso si
apre nel Golfo di Aden. Gibuti confina con Eritrea a nord, Etiopia a
ovest e sud, e Somalia a sud-est.
La prima base navale estera della Cina
è in fase di negoziati con Gibuti, su una delle più importanti rotte
petrolifere e commerciali del mondo verso la Cina. Tecnicamente, la base
cinese sarebbe un modesto centro logistico per i pattugliatori cinesi
impegnati nelle operazioni delle Nazioni Unite per il controllo dei
pirati somali. Il Ministero degli Esteri di Pechino ha dichiarato che la
nuova base sarà semplicemente una infrastruttura militare marittima in
Africa per assistere la Marina cinese nell’adempimento delle missioni
internazionali di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Significativamente, i cinesi hanno scelto il desolato piccolo Paese di
Gibuti, con soli 850000 abitanti, dove la Marina degli Stati Uniti ha
anche la sua unica base in tutta l’Africa, Camp Lemonnier. Camp
Lemonnier è un’United States Naval Expeditionary Base, l’unica
base permanente dell’US AFRICOM, e il centro di una rete di sei basi per
i droni da ricognizione degli Stati Uniti in Africa. Il porto di Gibuti
è anche sede di installazioni militari italiane, francesi, giapponesi e
pakistane. Ottimi vicini. Nonostante il fatto che sia un modesto
piccolo impianto rispetto Camp Lemonnier, l’importanza
geopolitica per la Cina e il futuro dell’egemonia statunitense navale è
molto più grande. Vasilij Kashin, esperto militare cinese del Centro per
l’analisi delle strategie e delle tecnologie di Mosca, ha detto a un
giornale russo,
“il significato politico dell’evento ne esalta l’importanza militare. Dopo tutto, sarà la prima vera base militare cinese all’estero, anche se viene ridimensionata nella forma“.
Kashin ha inoltre sottolineato che i piani per la base di Gibuti sono ”
forte indicazione che la Cina diventa una grande potenza navale a tutti
gli effetti, alla pari di Francia e Gran Bretagna, se non di Russia e
Stati Uniti. È un’indicazione che Pechino cerca di proteggere i propri
interessi all’estero, anche attraverso l’uso delle forze armate. E i
suoi interessi sono considerevoli”. L’analista politico statunitense
James Poulos scrivendo per The Week, pubblicazione di
Washington, ha avvertito che la presenza di Washington nel continente
africano ricco di risorse svanisce mentre la Cina è in forte crescita.
Osserva:
“…l’Etiopia ha appena cacciato gli Stati Uniti da una base per droni che Washington sperava di ampliare… In altre parole, la Cina s’installa a Gibuti, e gli Stati Uniti si ritrovano limitati a quel Paese per le operazioni in Africa orientale, punto d’appoggio precario in un ambiente competitivo. Quest’anno, l’Africa potrebbe diventare un nuovo albatro per gli Stati Uniti, e una nuova ancora di salvezza per la Cina“.
L’US Navy non è più ‘seconda a nessuno’
Dalla preparazione all’entrata nella prima guerra mondiale nel 1917, con il passaggio al Congresso della legge di espansione navale del 1916, la strategia di Washington era costruire una Marina “seconda a nessuno”. Oggi, almeno per numeri, gli Stati Uniti sono ancora “secondi a nessuno”. Ma solo sulla carta. La Marina dispone di 288 navi da combattimento, con un terzo pronto in qualsiasi momento. Ha dieci portaerei, più del resto del mondo. Ha 9 navi d’assalto anfibio, 22 incrociatori, 62 cacciatorpediniere, 17 fregate e 72 sottomarini, di cui 54 d’attacco nucleare.
Dalla preparazione all’entrata nella prima guerra mondiale nel 1917, con il passaggio al Congresso della legge di espansione navale del 1916, la strategia di Washington era costruire una Marina “seconda a nessuno”. Oggi, almeno per numeri, gli Stati Uniti sono ancora “secondi a nessuno”. Ma solo sulla carta. La Marina dispone di 288 navi da combattimento, con un terzo pronto in qualsiasi momento. Ha dieci portaerei, più del resto del mondo. Ha 9 navi d’assalto anfibio, 22 incrociatori, 62 cacciatorpediniere, 17 fregate e 72 sottomarini, di cui 54 d’attacco nucleare.
L’US Navy ha anche la seconda maggiore forza
aerea del mondo, con 3700 velivoli, ed è anche la più grande marina
militare in termini di effettivi. Guardando le potenzialità combinate
delle flotte cinese e russa il quadro assume una dimensione del tutto
diversa, cosa di cui i pianificatori del Pentagono appena si rendono
conto, dato che guerre e provocazioni politiche insensate dei
neo-conservatori contro la Cina con l’Asia Pivot di Obama, e contro la
Russia con l’Ucraina, hanno materializzato nella realtà geopolitica
della cooperazione militare sino-russa di oggi, più vicini che mai nella
storia.
Negli ultimi 25 anni di modernizzazione economica, la People Liberation Army Navy,
PLAN, s’è drammaticamente trasformata in una vera marina militare
oceanica, un’impresa notevole. La PLAN ha attualmente una portaerei e
altri due in costruzione, 3 navi d’assalto anfibio, 25
cacciatorpediniere, 42 fregate, 8 sottomarini d’attacco nucleare e circa
50 sottomarini d’attacco convenzionale, 133000 effettivi, tra cui il
Corpo dei Marines cinese. L’Aeronautica della PLAN ha 650 aerei, tra cui
i caccia imbarcati J-15, caccia multiruolo J-10, velivoli da
pattugliamento marittimo Y-8 ed elicotteri antisom Z-9. Se poi si
combina con la Marina russa, attualmente in fase di notevole
modernizzazione dopo l’abbandono alla fine della guerra fredda, il
quadro è duro per Washington, per dirla caritatevolmente.
La Marina
russa ha 79 grandi navi, tra cui una portaerei, 5 incrociatori, 13
cacciatorpediniere e 52 sottomarini. La potenza navale della Russia è la
forza sottomarina con 15 sottomarini d’attacco nucleari, 16 sottomarini
d’attacco convenzionali, 6 sottomarini lanciamissili da crociera e 9
sottomarini lanciamissili balistici. I 9 sottomarini lanciamissili
balistici rappresentano la preziosa capacità di secondo colpo nucleare
della Russia. La Russia prevede di acquisire almeno un’altra portaerei,
una nuova classe di cacciatorpediniere lanciamissili, i sottomarini
lanciamissili balistici Borej II, i sottomarini d’attacco nucleare Yasen II e i sottomarini attacco convenzionali Kilo e Lada
migliorati.
La Russia vive una “profonda modernizzazione” della flotta
sottomarina. Nel 2013 la flotta ricevette un nuovo sottomarino a
propulsione nucleare lanciamissili balistici (SSBN) classe Borej, e ne prevede altri cinque nel prossimo decennio. La flotta ha una nave d’assalto anfibio classe Djugon
del 2014. La modernizzazione è parte del grande programma navale della
Russia dei prossimi 20 anni, chiaramente suscitata dall’incessante
ricerca dagli Stati Uniti della destabilizzante strategia con la Difesa
anti-Missile Balistico volta contro la forza nucleare della Russia. Un
altro sottomarino lanciamissili balistico a propulsione nucleare, SSBN
della classe Borej Vladimir Monomakh, è operativo dal 2015.
La nave gemella della classe Borej, l’SSBN Aleksandr Nevskij,
ha recentemente condotto un riuscito test di lancio del missile
balistico intercontinentale Bulava nella penisola della Kamchatka. I
nuovi sottomarini avranno implicazioni nelle operazioni strategiche
nucleari nel Pacifico: saranno più silenziosi e in grado di trasportare
il doppio delle testate nucleari rispetto all’attuale classe Delta III, e molto più precise. Gli SSBN della classe Borej
da Rybachij pattuglieranno il Pacifico ufficialmente in compiti di
dissuasione per proteggere la Russia. Il primo di 6 sottomarini nucleari
d’attacco multiruolo (SSGN) classe Yasen, progettati per
entrare in servizio in Estremo Oriente nei prossimi dieci anni,
entreranno nella Flotta del Pacifico nel 2017 al più presto.
Nell’insieme, la significativa esperienza navale russa durante la Guerra
Fredda, in combinazione con l’ambiziosa espansione e creazione di una
moderna marina militare oceanica cinese, sfidano il dominio navale
mondiale degli USA come mai prima. Questo potrebbe essere un buon
momento per le istituzioni e i pianificatori militari degli Stati Uniti
per considerare dei piani per evitare la guerra mondiale, prima che sia
troppo tardi. Ingenuità? Forse.
F. William Engdahl New Eastern Outlook 21/01/2016
F. William Engdahl
è consulente di rischio strategico e docente, laureato in Scienze
Politiche all’Università di Princeton è autore di best-seller su
petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2016/01/21/cina-e-russia-sfidano-la-prima-marina/
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