Io e gli altri
Nella vita occidentalizzata odierna il diritto all'autodeterminazione
è diventato un'eresia. L'individuo, con i suoi infiniti sottolivelli,
mondi paralleli e il potenziale dominante dell'infinitamente piccolo
dentro di sè, è stato rimpiazzato da un'entità sociale (1) ad un solo
livello dimensionale, collocata in un mondo globale, che potenzialmente
domina l'individuo fin nel suo infinitamente piccolo.
Il nostro io - descritto da certa tradizione come risultato di
innumerevoli fattori cooperanti, in lotta ed in costante cambiamento,
tutti insieme formanti la nostra unicità - è annichilito per permettere
una piatta integrazione con gli altri.
Nascondo il mio odore con
un deodorante, perché potrebbe infastidire chi mi sta accanto; la pazzia
di Grenouille nella caverna sono solo parole in un libro (2). Mi
presento esteticamente assecondando alcuni costumi sociali e la mia
stravaganza è permessa ma all'interno di certe norme di comodo. Abito
case uguali a quelle degli altri: come dice Paolo Migone con l'Ikea, sei
a cena con amici e non sai se sei a casa loro o a casa tua. [...]
Devio la maggior parte dei miei interessi e delle mie passioni verso
accettabili convenzioni sociali (lo sport, la fotografia, la
contro-informazione, etc) onde non ritrovarmi solo con pensieri che non
potrei condividere con nessuno. Divido le persone in gruppi
predeterminati perché così mi è stato insegnato (il musulmano, l'ebreo, o
il comunista, il fascista, etc) dando per garantito che l'individualità
sia subordinata alle volontà del gruppo.
Percepisco come razzista
additare la diversità altrui e tenderò a livellare le mie differenze con
l'altro, considerando questa doppia perdità una ricchezza per entrambi.
Nel caso in cui invece derida il prossimo per le sue diversità, non
inizio però il cammino che porta a me stesso, ma semplicemente mi fermo
col dare di negro al negro. Definire un proprio sè nettamente distaccato
dagli altri è percepito dal nostro animo come pericoloso, e considerato
socialmente come una declinazione esistenziale della miseria.
Digito ergo sum
L'estremità verso cui si dirige questa socialità ha dei connotati ben
definiti. E' la frazione più edonistica, autoreferenziale e
progressista della società occidentale odierna, che sta geograficamente
straripando ovunque. Non trovo elemento più classificante di questo
movimento del “mondo digitale”: Facebook, Twitter, Instagram, Whatsup e
tutti gli altri svariati canali digitali dove apparire è sinonimo di
essere. La tradizione appare obsoleta, noiosa, sorpassata. Contadino
piedi grossi cervello fino? Macché, contadino uguale ignorante,
arretrato, antisociale. Mentre è autoevidente che la tradizione non
rispecchia più il quotidiano, questo “nuovo che avanza” non porta con sè
alcun connotato che il fastidio del vecchio (delizioso anche questo
giochino da spin-doctor: “nuovo” è intrisecamente positivo, ma è un
aggettivo privo di contenuto: potrebbe tradursi in “nulla che avanza” se
il nulla è la novità che ci aspetta [3]).
Non solo in Occidente, ma anche in culture con una fortissima
tradizione nel blocco orientale (tipicamente Cina e India) l'abbandono
delle tradizioni (invece che una loro rivisitazione) è molto forte.
Quando parlo con i miei colleghi orientali sono sempre meravigliato di
quanto diano per scontato questo movimento netto verso
l'occidentalizzazione. Non si pongono neanche una domanda sul come e
perché ciò accada. Ti dicono solo: “Non è colpa di nessuno,
semplicemente accade. Più persone di prima possono andare al cinema, o
comprarsi un cellulare, o un computer. E finiscono per seguire quei
contenuti piuttosto che quelli veicolati dalla tradizione”.
La legge morale in me, il cielo stellato sopra di me
A sentire Kant (4), se poniamo la responsabilità delle nostre scelte
al di fuori di noi, nel cielo stellato, ci stiamo sollevando dalle
conseguenze delle nostre azioni. “Sono solo andato al cinema”; “Ho solo
comprato uno smart-phone”; “Ho solo postato le foto di mio figlio su
Facebook”. Coloro i quali giustificano le loro azioni in quanto “lo
fanno tutti” (sinonimo di “è normale”) sembrano ritornare ad una sincera
adolescenza.
Questo mondo del disimpegno ben si sposa con l'instabilità
economica e politica, ma anche della vita in genere. La necessità di
porre la legge morale dentro il sé ed affrontare le conseguenze di una
propria scelta individuale (scelta comunque soggetta
all'incontro-scontro dei numerosi fattori che ci determinano) creerebbe
un disorientamento bilaterale: in noi (“oddio, sono solo!”) e negli
altri (“oh, guarda quello cosa fa!”).
Tralasciando una critica morale spicciola di poco interesse, vorrei
evidenziare alcune ignorate conseguenze di chi la scelta la fa fare ad
altri. I contenuti omologanti che stanno straripando nelle società
connesse digitalmente ovunque nel mondo sono liberamente scelte dai
singoli soggetti. Sarebbe dunque banale complottismo additare la
Coca-Cola, la Apple, Hollywood o ogni altro marchio (5) che ci venga in
mente.
Nessuno vi seguirebbe su questa logica. Ed a ragione. Come è
altrettanto vero che questi contenuti ed i loro modelli possono essere
oggi trasportati da una parte all'altra del mondo grazie ad una
imponente rete di infrastrutture, il cui mantenimento e controllo deve
costare parecchio. La facilità di trasferimento di certe informazioni è
resa possibile esclusivamente da tale infrastruttura. Pensiamo solo ad
internet: antenne, cavi, servers, softwares, etc.
L'effetto sarebbe il medesimo con qualcosa di meno immateriale: se
mettete 5 voli aerei al giorno a 20 euro a/r fra Berlino e Pechino, per
il principio dei vasi comunicanti in un anno si sarà sviluppata una
meta-comunità cino-tedesca che, come la natura ci insegna, tenderà ad
incontrarsi a livelli di energia più bassi, ovvero ad un punto di mezzo
dove le identità originarie sono molto sbiadite e destinate a perdersi.
Realtà virtuali
Con questo intendo suggerire che chi possiede le infrastrutture che
permettono la connettività (materiale ed immateriale) ha l'oggettivo
controllo (e quindi la responsabilità) dei contenuti che vengono
veicolati. Del resto, con le televisioni di Berlusconi questo ci era
chiaro. Ecco: noi cerchiamo su Google; guardiamo film della Disney;
parliamo con Skype; mettiamo video su YouTube e foto su Facebook. Chi
pone la legge morale nel cielo stellato finge di ignorare che queste
sono società private e non benefattori dell'umanità.
Questi enti privati
hanno libero accesso ai nostri meta-dati: possono immettere una parola
nel sistema (ad esempio: terrorismo) e vedere come si sviluppa a partire
dall'evento X. Possono aumentare il voltaggio se l'input non ha dato
risposte. Cosa credevate, che venissero a rompervi i coglioni a casa
perché avete scaricato un film? Pensiamo davvero che il mantenimento di
tali infrastrutture sia solo usato per venderci il cellulare che abbiamo
cercato ieri?
Dopo gli attentati di Novembre a Parigi, Facebook ha sviluppato
un'applicazione per farti comunicare facilmente se eri al sicuro nel
caso vivessi a Parigi (6). L'utilizzo di questa funzione così comoda ha
concesso gratuitamente l'informazione sul proprio stato di sicurezza
percepita, data candidamente in un momento critico ad una azienda
privata quotata in borsa che si occupa di raccogliere dati sulle
esistenze altrui. In altri casi si sarebbe chiamata circonvenzione di
incapace, oggi è invece un gesto di magnanimità.
La conseguenza di questo ignorare che ci siano dei proprietari che
possiedono queste infrastrutture è che si lascia gestire la propria
esistenza da egregi sconosciuti (almeno del politico corrotto sapevi il
nome!).
Sebbene sembri un concetto molto vago, questo passaggio è in
realtà molto chiaro alla nostra Anima. Ponete che domani alla
televisione parlino di scie chimiche per un mese: diventerebbe un
argomento convenuto da tutti, e dunque vero. Il sociale lo valida, il sé
lo acquisisce.
Conclusione
Cosa accade a chi cerca la propria originale identità? Non avevamo
detto che nessun uomo è un isola (7)? Se dovessi condividere tutto
quello che penso e sento, nella società multi-mendace che mi circonda
sarei isolato istantaneamente (8). Ed è pur vero che posso anche non
avere un account Facebook: il resto del mondo lo avrà comunque. A
mutazione avvenuta, a gente come me daranno la caccia (9).
Come scappare
da questo spietato appiattimento globale che, presto o tardi, mi
colpirà?
Comunicare con il cervello del nostro vicino cercando di usare
la logica o usare la curiosità per stimolare il suo interesse ha spesso
come prodotto lo sviluppo di una resistenza, uno spessore emotivo
isolante.
Perché è infatti vero quanto detto prima: alla fine è
l'individuo che decide di consegnare ad altri il proprio destino. Quale
rimedio dunque?
Personalmente, non trovo altro rimedio che cercare di parlare
all'Anima del mio vicino. Quella parte di noi che non dorme mai, quella
che in realtà comanda. Comprendere che le scelte dell'uomo sono quasi
sempre basate sull'allontanamento dalla paura e dal dolore (tangibile o
ipotetico). Accettare la propria umana limitatezza e sostenere la
ricerca della speranza, dell'equilibrio, della serenità con il sè. Che è
già parecchio difficile anche senza convincere nessuno. E rendersi
conto che questa lotta è la medesima di ogni soggetto vivente.
MrStewie
(1) https://www.youtube.com/watch?v=lL925Vh-zjE
(2) https://it.wikipedia.org/wiki/Il_profumo
(3) https://www.youtube.com/watch?v=-t15Ez1iads
(4) https://it.wikipedia.org/wiki/Critica_della_ragion_pratica
(5) http://www.naomiklein.org/no-logo
(6) http://www.ilmattino.it/primopiano/esteri/facebook_parigi_sto_bene-1356070.html
(7) http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-4783
(8) https://en.wikipedia.org/wiki/The_Dice_Man
(9) http://www.imdb.com/title/tt0898367/
fonte e discussione su: http://www.luogocomune.net/LC/index.php/28-opinione/4328-individuo-ed-infrastruttura
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