venerdì 22 gennaio 2016

Individuo ed Infrastruttura

 
Io e gli altri
Nella vita occidentalizzata odierna il diritto all'autodeterminazione è diventato un'eresia. L'individuo, con i suoi infiniti sottolivelli, mondi paralleli e il potenziale dominante dell'infinitamente piccolo dentro di sè, è stato rimpiazzato da un'entità sociale (1) ad un solo livello dimensionale, collocata in un mondo globale, che potenzialmente domina l'individuo fin nel suo infinitamente piccolo.

Il nostro io - descritto da certa tradizione come risultato di innumerevoli fattori cooperanti, in lotta ed in costante cambiamento, tutti insieme formanti la nostra unicità - è annichilito per permettere una piatta integrazione con gli altri.

Nascondo il mio odore con un deodorante, perché potrebbe infastidire chi mi sta accanto; la pazzia di Grenouille nella caverna sono solo parole in un libro (2). Mi presento esteticamente assecondando alcuni costumi sociali e la mia stravaganza è permessa ma all'interno di certe norme di comodo. Abito case uguali a quelle degli altri: come dice Paolo Migone con l'Ikea, sei a cena con amici e non sai se sei a casa loro o a casa tua. [...]

Devio la maggior parte dei miei interessi e delle mie passioni verso accettabili convenzioni sociali (lo sport, la fotografia, la contro-informazione, etc) onde non ritrovarmi solo con pensieri che non potrei condividere con nessuno. Divido le persone in gruppi predeterminati perché così mi è stato insegnato (il musulmano, l'ebreo, o il comunista, il fascista, etc) dando per garantito che l'individualità sia subordinata alle volontà del gruppo.

Percepisco come razzista additare la diversità altrui e tenderò a livellare le mie differenze con l'altro, considerando questa doppia perdità una ricchezza per entrambi.

Nel caso in cui invece derida il prossimo per le sue diversità, non inizio però il cammino che porta a me stesso, ma semplicemente mi fermo col dare di negro al negro. Definire un proprio sè nettamente distaccato dagli altri è percepito dal nostro animo come pericoloso, e considerato socialmente come una declinazione esistenziale della miseria.

Digito ergo sum
L'estremità verso cui si dirige questa socialità ha dei connotati ben definiti. E' la frazione più edonistica, autoreferenziale e progressista della società occidentale odierna, che sta geograficamente straripando ovunque. Non trovo elemento più classificante di questo movimento del “mondo digitale”: Facebook, Twitter, Instagram, Whatsup e tutti gli altri svariati canali digitali dove apparire è sinonimo di essere. La tradizione appare obsoleta, noiosa, sorpassata. Contadino piedi grossi cervello fino? Macché, contadino uguale ignorante, arretrato, antisociale. Mentre è autoevidente che la tradizione non rispecchia più il quotidiano, questo “nuovo che avanza” non porta con sè alcun connotato che il fastidio del vecchio (delizioso anche questo giochino da spin-doctor: “nuovo” è intrisecamente positivo, ma è un aggettivo privo di contenuto: potrebbe tradursi in “nulla che avanza” se il nulla è la novità che ci aspetta [3]).

Non solo in Occidente, ma anche in culture con una fortissima tradizione nel blocco orientale (tipicamente Cina e India) l'abbandono delle tradizioni (invece che una loro rivisitazione) è molto forte. Quando parlo con i miei colleghi orientali sono sempre meravigliato di quanto diano per scontato questo movimento netto verso l'occidentalizzazione. Non si pongono neanche una domanda sul come e perché ciò accada. Ti dicono solo: “Non è colpa di nessuno, semplicemente accade. Più persone di prima possono andare al cinema, o comprarsi un cellulare, o un computer. E finiscono per seguire quei contenuti piuttosto che quelli veicolati dalla tradizione”.

La legge morale in me, il cielo stellato sopra di me
A sentire Kant (4), se poniamo la responsabilità delle nostre scelte al di fuori di noi, nel cielo stellato, ci stiamo sollevando dalle conseguenze delle nostre azioni. “Sono solo andato al cinema”; “Ho solo comprato uno smart-phone”; “Ho solo postato le foto di mio figlio su Facebook”. Coloro i quali giustificano le loro azioni in quanto “lo fanno tutti” (sinonimo di “è normale”) sembrano ritornare ad una sincera adolescenza.

Questo mondo del disimpegno ben si sposa con l'instabilità economica e politica, ma anche della vita in genere. La necessità di porre la legge morale dentro il sé ed affrontare le conseguenze di una propria scelta individuale (scelta comunque soggetta all'incontro-scontro dei numerosi fattori che ci determinano) creerebbe un disorientamento bilaterale: in noi (“oddio, sono solo!”) e negli altri (“oh, guarda quello cosa fa!”).

Tralasciando una critica morale spicciola di poco interesse, vorrei evidenziare alcune ignorate conseguenze di chi la scelta la fa fare ad altri. I contenuti omologanti che stanno straripando nelle società connesse digitalmente ovunque nel mondo sono liberamente scelte dai singoli soggetti. Sarebbe dunque banale complottismo additare la Coca-Cola, la Apple, Hollywood o ogni altro marchio (5) che ci venga in mente.

Nessuno vi seguirebbe su questa logica. Ed a ragione. Come è altrettanto vero che questi contenuti ed i loro modelli possono essere oggi trasportati da una parte all'altra del mondo grazie ad una imponente rete di infrastrutture, il cui mantenimento e controllo deve costare parecchio. La facilità di trasferimento di certe informazioni è resa possibile esclusivamente da tale infrastruttura. Pensiamo solo ad internet: antenne, cavi, servers, softwares, etc.

L'effetto sarebbe il medesimo con qualcosa di meno immateriale: se mettete 5 voli aerei al giorno a 20 euro a/r fra Berlino e Pechino, per il principio dei vasi comunicanti in un anno si sarà sviluppata una meta-comunità cino-tedesca che, come la natura ci insegna, tenderà ad incontrarsi a livelli di energia più bassi, ovvero ad un punto di mezzo dove le identità originarie sono molto sbiadite e destinate a perdersi.

Realtà virtuali
Con questo intendo suggerire che chi possiede le infrastrutture che permettono la connettività (materiale ed immateriale) ha l'oggettivo controllo (e quindi la responsabilità) dei contenuti che vengono veicolati. Del resto, con le televisioni di Berlusconi questo ci era chiaro. Ecco: noi cerchiamo su Google; guardiamo film della Disney; parliamo con Skype; mettiamo video su YouTube e foto su Facebook. Chi pone la legge morale nel cielo stellato finge di ignorare che queste sono società private e non benefattori dell'umanità.

Questi enti privati hanno libero accesso ai nostri meta-dati: possono immettere una parola nel sistema (ad esempio: terrorismo) e vedere come si sviluppa a partire dall'evento X. Possono aumentare il voltaggio se l'input non ha dato risposte. Cosa credevate, che venissero a rompervi i coglioni a casa perché avete scaricato un film? Pensiamo davvero che il mantenimento di tali infrastrutture sia solo usato per venderci il cellulare che abbiamo cercato ieri?

Dopo gli attentati di Novembre a Parigi, Facebook ha sviluppato un'applicazione per farti comunicare facilmente se eri al sicuro nel caso vivessi a Parigi (6). L'utilizzo di questa funzione così comoda ha concesso gratuitamente l'informazione sul proprio stato di sicurezza percepita, data candidamente in un momento critico ad una azienda privata quotata in borsa che si occupa di raccogliere dati sulle esistenze altrui. In altri casi si sarebbe chiamata circonvenzione di incapace, oggi è invece un gesto di magnanimità.

La conseguenza di questo ignorare che ci siano dei proprietari che possiedono queste infrastrutture è che si lascia gestire la propria esistenza da egregi sconosciuti (almeno del politico corrotto sapevi il nome!).

Sebbene sembri un concetto molto vago, questo passaggio è in realtà molto chiaro alla nostra Anima. Ponete che domani alla televisione parlino di scie chimiche per un mese: diventerebbe un argomento convenuto da tutti, e dunque vero. Il sociale lo valida, il sé lo acquisisce.

Conclusione
Cosa accade a chi cerca la propria originale identità? Non avevamo detto che nessun uomo è un isola (7)? Se dovessi condividere tutto quello che penso e sento, nella società multi-mendace che mi circonda sarei isolato istantaneamente (8). Ed è pur vero che posso anche non avere un account Facebook: il resto del mondo lo avrà comunque. A mutazione avvenuta, a gente come me daranno la caccia (9).

Come scappare da questo spietato appiattimento globale che, presto o tardi, mi colpirà?

Comunicare con il cervello del nostro vicino cercando di usare la logica o usare la curiosità per stimolare il suo interesse ha spesso come prodotto lo sviluppo di una resistenza, uno spessore emotivo isolante.

Perché è infatti vero quanto detto prima: alla fine è l'individuo che decide di consegnare ad altri il proprio destino. Quale rimedio dunque?

Personalmente, non trovo altro rimedio che cercare di parlare all'Anima del mio vicino. Quella parte di noi che non dorme mai, quella che in realtà comanda. Comprendere che le scelte dell'uomo sono quasi sempre basate sull'allontanamento dalla paura e dal dolore (tangibile o ipotetico). Accettare la propria umana limitatezza e sostenere la ricerca della speranza, dell'equilibrio, della serenità con il sè. Che è già parecchio difficile anche senza convincere nessuno. E rendersi conto che questa lotta è la medesima di ogni soggetto vivente.


MrStewie

(1) https://www.youtube.com/watch?v=lL925Vh-zjE
(2) https://it.wikipedia.org/wiki/Il_profumo
(3) https://www.youtube.com/watch?v=-t15Ez1iads
(4) https://it.wikipedia.org/wiki/Critica_della_ragion_pratica
(5) http://www.naomiklein.org/no-logo
(6) http://www.ilmattino.it/primopiano/esteri/facebook_parigi_sto_bene-1356070.html
(7) http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-4783
(8) https://en.wikipedia.org/wiki/The_Dice_Man
(9) http://www.imdb.com/title/tt0898367/


fonte e discussione su: http://www.luogocomune.net/LC/index.php/28-opinione/4328-individuo-ed-infrastruttura

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