Siamo sicuri di attraversare, come paese, un periodo crisi? La ripresa, è vero, stenta ad arrivare. Il paese è in preda a tensioni sociali e politiche. Le famiglie ed i giovani passano momenti di difficoltà. Il giocattolo si è rotto e politici, intellettuali ed avventori dei bar si arrovellano sul da farsi e non. Ma più di tutto, soprattutto ed al di sopra di tutto, quello che preoccupa è che l’economia non cresce, è in stallo, e se ci va male l’anno prossimo decresce.
Crescita? No grazie
Qualcuno stapperà una bottiglia di spumante. Chi saranno mai questi disfattisti? Sono gli stessi che, incontrati al medesimo bar, potrebbero lanciarsi in teorizzazioni poco comprensibili, forse a causa di eccessi dello spumante cui sopra. Ti parleranno della passata di pomodori amorevolmente preparata in casa.
Assecondali. E’ buona, sana, e certamente molto meno costosa del suo equivalente da supermercato. In più è prodotta con pomodori biologici, coltivati in casa, e non reduci da un viaggio intercontinentale dopo essere cresciuti nelle sconfinate pianure dell’Alabama. C’è un piccolo problema. Quel gesto di autoproduzione, apparentemente innocuo, ha appena prodotto un danno economico al Paese. Dove li mettiamo i mancati introiti di intermediazione, di trasporto, degli imballaggi e smaltimento dei rifiuti? Speriamo che di questi stolti non ne vengano fuori troppi, altrimenti qua la crescita ce la scordiamo!
“Non ne beneficio soltanto io perché mangio un prodotto sano e senza conservanti ed additivi chimici. Più persone autoprodurranno la propria salsa di pomodoro, meno camion per il trasporto dell’omologo industriale circoleranno. Ci sarà meno traffico e si consumerà meno carburante, e se va bene, ci saranno meno incidenti stradali” Mani nei capelli, qui gli effetti sono a catena, continuano a diminuire i consumi di carburante, le spese per i ricoveri ospedalieri, tanti altri pezzettini di PIL che vanno a farsi benedire. Ma forse per la Società e le persone, il benessere sarà aumentato.
Che colore ha, la felicità?
E’ un piccolo esempio, ma aiuta ad arrivare al nocciolo della questione: viviamo da sempre nel paradigma che la crescita economica equivale a benessere sociale. E’ un concetto abbastanza coerente con il modello capitalista, dove il vortice di uso-consumo-butto cresce linearmente con la crescita di beni e servizi prodotti, scambiati e consumati nel mercato. Come dire: più beni consumiamo, più stiamo meglio. Ma siamo sicuri sia questo a renderci felici? Si alzi in piedi chi è felice, e lo è grazie ad un prodotto o servizio che ha consumato o acquistato (si siedano cortesemente quelli che l’anno appena consumato o acquistato).
Se puntiamo a massimizzare il PIL, allora prendiamo la macchina e facciamo un incidente. Innescheremo tutta una serie di servizi di soccorso stradale, officina, parti di ricambio, e se ci va male (o bene?) pure di medici che accresceranno il PIL prodotto. Siamo ancora sicuri che sia questo l’obiettivo?
Decrescita felice
Lo stolto, o brillo di cui sopra, non è altro che un esponente del Movimento per la decrescita felice, nato in Italia negli anni 2000. Si può essere d’accordo o meno con queste teorie, ma è bene capire più a fondo cosa sostengono. La proposta non è il ritorno all’età della pietra, ma un cambio culturale che non metta più la crescita economica come obiettivo principale, piuttosto il benessere delle persone. Ben vengano quindi tecnologie avanzate che sostengano le pratiche di autoproduzione, migliorino la produzione e consumo di energia. Ma cosa se ne fa di decrescita felice una persona che affronta problemi legati al lavoro, all’affitto della casa, all’acquisto di generi di prima necessità? Nel modello attuale poco o nulla. Ma se è pronta al cambiamento, molte delle cose che oggi le mancano, e che l’assillano, diverranno improvvisamente superflueoppure autoprodotte.
Agrivillaggio
Esiste pure un caso reale di decrescita felice, un progetto imprenditoriale in corso di finalizzazione alle porte di Parma. Si chiama “Agrivillaggio”, idea dell’imprenditore agricolo Giovanni Leoni, che da 15 anni lavoro per la creazione di un quartiere ecologico totalmente autosufficiente dal punto di vista alimentare ed energetico all’interno della propria azienda agricola, che produce parmigiano ed ortaggi in quantità. Il quartiere (a settembre, burocrazia permettendo) ospiterà inizialmente 60 abitazioni e sarà fornito di negozi e servizi oltre che di orti e frutteti tra una casa e l’altra per l’autoproduzione di cibo. Un “polo energetico” consentirà poi il riciclo dei rifiuti e la produzione di energia tramite biogas. Non si tratta di un ritorno alle caverne, ma un modo diverso di pensare il futuro, l’alimentazione ed i rapporti sociali.
Il villaggio sarà tecnologicamente avanzato, con auto elettriche, tecnologie LED e di risparmio energetico (es, lampioni che si accendono solo al passaggio delle persone), e sistemi di fitodepurazione e biodigestione per il trattamento delle acque nere. Progetto utopico? Basterà farsi una passeggiata a Parma tra qualche mese. Con la serenità mentale che in caso di incidente all’interno del villaggio, nessuno, questa volta, esulterà per la crescita del PIL.
Nicola Purrello
Fonte: http://www.ninjamarketing.it/2014/01/22/agrivillaggio-il-villaggio-felice-della-decrescita-felice/?fb_action_ids=10152061186954504&fb_action_types=og.likes&fb_source=other_multiline&action_object_map=%5B1377459949184992%5D&action_type_map=%5B%22og.likes%22%5D&action_ref_map=%5B%5D
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.9004
Nessun commento:
Posta un commento