Potrebbe
apparire lezioso concentrarsi sugli aspetti di un culto perduto agli
albori del nostro mondo
occidentale, sottoposti come siamo alle devastanti operazioni di
manipolazione genetica che andiamo osservando. Eppure la stessa
manipolazione ha colpito (e colpisce tutt’ora) anche gli aspetti
del nostro vivere più profondi e spirituali, non da pochi decenni ma
da millenni, svilendone ed annichilendone le istanze più pure ed
esaltanti.
La figura del Dio Mithras (nella corretta dizione greca
con ‘s’ finale) è stata per quasi un secolo relegata ad un culto misterico e ctonio di origine persiana che aveva coinvolto soprattutto la casta militare
romana nei primi secoli dell’era cristiana, per poi
disperdersi pochi secoli dopo, con l’avanzare in veste ufficiale del
cristianesimo.
Una lettura più approfondita di questo culto ad opera dello studioso bostoniano D. Ulansey, ci disvela invece una sua genesi molto
più intensa e vicina, proveniente dai raffinatissimi studi astronomici di quel gruppo di intellettuali gnostici che insistevano sulla città di Tarso, la stessa da cui
proveniva l’agitatore culturale Saul Paolo (San Paolo) ebreo, intellettuale e cittadino romano.
In questo crogiuolo di ispirati intelletti, si pervenne alla scoperta (o sarebbe meglio dire ri-scoperta) del
fenomeno astronomico della ‘ precessione
degli equinozi’ considerato allora come il
motore supremo del cosmo, raffigurato proprio in forma allegorica dal
Dio Mithras stesso e dalla sua controparte mitologica di
Perseo. Mithras era
Perseo, la cui costellazione giace infatti sopra quella del Toro e le cui rispettive iconologie risultano pressoché sovrapponibili. Mithras-Perseo
veniva identificato anche con il Sol
Invictus (il vero Dio dell’imperatore Costantino) un sole di categoria superiore rispetto ad Helios perché muoveva le sfere superiori del cosmo alle
quali il nostro sole ‘planetario’ non appartiene.
L’allegoria astronomica di Mithras quindi abbisognava di gradi iniziatici
per essere
propriamente compresa, dovuti alla necessità di diffondere
gradualmente le corrette nozioni astronomiche di base necessarie. Il
leggero occultamento del nome era dovuto a questo aspetto
iniziatico ed al sincretismo tipico di quel mondo. La presenza dello
scorpione, della coppa, del serpente e del cane sono così facilmente
comprensibili grazie alla posizione
dell’equatore celeste (la proiezione
dell’equatore terrestre sulla sfera del cosmo) così com’era all’inizio
dell’età del Toro appunto, nella successione proposta
dall’iconologia mithraica, mentre le spighe di grano
rappresenterebbero l’inizio della primavera. La presenza dei Dioscuri con le fiaccole elevate oppure abbattute sarebbe da
ricondurre agli equinozi, sempre secondo la stretta allegoria astronomica, proposta da Ulansey.
Tale culto non era solo appannaggio della casta militare in quanto era presente in tutto l’impero romano.
Santuari mithraici sono stati scoperti ogni dove, spesso rinvenuti sotto le posteriori cappelle cristiane. Il rapporto tra Mithra e
Cristo è reso così storicamente come una sorta di
sovrapposizione concettuale (e fisica) alla quale certamente la
provenienza di Saul Paolo ha dato un grande
contributo.
Il
culto mithraico era proibito alle donne ed in esso si svolgevano
funzioni in gran parte riprese più tardi
dalla liturgia cristiana. Si tratterebbe in definitiva di un culto
solare di matrice astronomica e gnostica che non si sarebbe mai spento
del tutto, trasfigurandosi e mimetizzandosi in altri
culti organizzati ed essoterici.
Affascinanti infine le delicate raffigurazioni del Dio Mithras, nell’atto di infliggere al
Toro, con stato d’animo sereno e fermo, il colpo di daga alla spalla destra, disponendo la sua testa nel senso opposto come chiara allusione al mito di Perseo e della Gorgone
che
non doveva essere osservata negli occhi. Da notare infine
l’etimologia comune di Perseo e Persia, che ha contribuito a rafforzare la supposta origine iranica del culto,
sottolineata dalla presenza dell’immancabile berretto frigio in
testa al Dio, lo stesso che ritroviamo poi come emblema della rivoluzione francese.
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