Il Prof. Paolo Cioni, alle cui proposte per una radicale riforma del
sistema sanitario sto dando spazio in una serie di articoli, parlando di
Università, ci ha ricordato una vicenda che riguarda da vicino il
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, naturalmente ignorata
dai grandi quotidiani di regime, ad eccezione di Italia Oggi.
Prima di entrare nel vivo della vicenda, ricordo ai nostri lettori che
Paolo Cioni è uno stimato neuropsichiatra, docente di Psicopatologia e
autore di diversi trattati di Psicologia e Psichiatria, nonché del best
seller Neuroschiavi (Ed. Macro, 2009, scritto insieme a Marco Della Luna).
Non è un mistero per nessuno, sostiene Cioni, che nell’università
italiana concorsi, dottorati, cattedre vengano vinti quasi sempre dai
soliti noti, parenti o protetti di altri soliti noti. La situazione
sconfortante si evince semplicemente guardando i cognomi di chi lavora
nelle varie facoltà. Esiste infatti in rete una vastissima
documentazione che dimostra, nero su bianco e con prove inoppugnabili,
in che misura vengano favoriti per le cattedre e per gli incarichi più
prestigiosi figli, parenti, cugini e cognati di pezzi grossi della
politica, di deputati, senatori ed altri rappresentanti delle
istituzioni. Ma pochi sanno, perché i giornali raramente ne parlano, che
un caso controverso riguarda proprio l’attuale Presidente della
Repubblica.
Prendiamo ad esempio il caso di Roberto Tomei, un dirigente dell’ISTAT
con una grande passione per il Diritto e la Giurisprudenza, con alle
spalle numerose pubblicazioni in tali ambiti. Nel 2000 decise di
partecipare ad un concorso pubblico per l’assegnazione di una cattedra
universitaria di Diritto Amministrativo (come Professore associato),
resasi vacante nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del
Molise. Ovviamente non era l’unico candidato. Assieme a Tomei si
presentarono infatti altre persone. Ma sentiamo quello che lo stesso
Tomei ha dichiarato al quotidiano Italia Oggi: «Non ce la feci
perché, nonostante avessi scritto libri e pubblicazioni in materia, la
commissione esaminatrice non li ritenne idonei ai fini del mio
punteggio. Ritenne invece idonee per la cattedra altre tre persone prima
di me: Andrea Rallo, che venne chiamato dalla stessa Università del
Molise, e, a seguire, Marina D’Orsogna e Giulio Napolitano, che furono
chiamati rispettivamente dall’Università di Teramo e dall’Università
della Tuscia».
Fin qui niente di strano: una persona partecipa ad un concorso per
vincere una cattedra universitaria, e la commissione esaminatrice non la
ritiene idonea. Una normale situazione già più volte sentita connotata
però da due dettagli non trascurabili.
Il primo è che Giulio Napolitano è figlio del più noto Giorgio, oggi
Presidente della Repubblica. Così come, sempre Giulio
Napolitano, attualmente lavora come consigliere per la Presidenza del
Consiglio. Il secondo è che, come racconta Tomei all’epoca dei fatti,
sempre a Italia Oggi: «Con l’aiuto del mio legale, l’avvocato
Giorgio Carta, ho presentato subito ricorso, prima davanti al TAR del
Lazio e poi al Consiglio di Stato, contro il decreto del Rettore
dell’Università del Molise che aveva approvato gli atti del concorso. E
il CdS (Consiglio di Stato, ndr), con una sentenza che definirei storica, (…) mi
ha dato ragione, affermando il principio secondo cui per pubblicazione
debbono intendersi soltanto le pubblicazioni diffuse nell’ambito della
comunità scientifica che il candidato può vantare all’atto della
domanda».
E quando il giornalista di Italia Oggi, Roberto Altesi, chiese al Tomei se Giulio Napolitano avesse “i titoli in regola”, questi rispose: «No.
E questo non lo dico io ma il Consiglio di Stato, che le cito
testualmente: “la monografia del dott. Napolitano Servizi pubblici e
rapporti di utenza risulta prodotta in esemplare stampato in proprio
dall’autore, onde la stessa difetta del requisito minimo per essere
definita pubblicazione valutabile agli effetti del concorso de quo”. E i
giudici aggiunsero: “Tale lavoro ha costituito elemento decisivo per la
valutazione del candidato, in quanto ritenuto dalla commissione quello
di maggior rilievo sul piano sia formale sia sostanziale, come si evince
chiaramente dai giudizi formulati, onde la sua non ammissibilità
impone, di necessità, la rinnovazione del giudizio di idoneità espresso
nei suoi confronti”. Insomma, il Consiglio di stato, non io, ha imposto
alla commissione esaminatrice di annullare la prova e di rifarla,
rivalutando i titoli».
Al che il giornalista chiese a Tomei se ciò fosse stato fatto. E il dirigente dell’ISTAT rispose: «Macchè.
La Commissione esaminatrice, stordita dall’inattesa decisione del
Consiglio di Stato (soltanto pochi candidati fino a quel momento erano
riusciti a vincere innanzi al Consiglio di Stato un ricorso inerente
concorsi universitari) non ha saputo che pesci prendere, tanto da
preferire di farsi decadere. Una nuova Commissione, costituita
nell’Agosto 2005, è stata poi annullata più di un mese dopo. Solo dopo
una diffida da parte mia, a Febbraio del 2006, la commissione è stata
ricostituita terminando i propri lavori nel Giugno del 2006. Non
essendosi presentata la candidata D’Orsogna, si trattava di attribuire
due posti fra i rimanenti candidati, cioè Napolitano e me. Ma ancora una
volta sono stato bocciato, ancorché mi dovessero essere valutati titoli
non considerati dalla prima commissione. É risultato idoneo invece
Giulio Napolitano, nonostante il suo lavoro principale, quello sul quale
la prima commissione aveva fatto leva per promuoverlo, non potesse
essere più oggetto di valutazione secondo la sentenza del Consiglio di
Stato».
Allora il giornalista di Italia Oggi chiese al Tomei se nel frattempo Giulio Napolitano avesse pubblicato altri testi, questi sì, idonei. E Tomei rispose: «É
noto che in tutti i concorsi i titoli che si presentano debbono essere
posseduti alla data della domanda, e non è possibile alcuna sanatoria in
corso d’opera. Quindi se anche avesse scritto qualcosa nel frattempo,
non avrebbe potuto essere valutata in quel concorso».
A titolo di cronaca e per informazione ai nostri lettori, i virgolettati
sono tratte da un articolo di Roberto Altesi apparso Martedì 20 Marzo
2007 a pagina 5 del quotidianoItalia Oggi. E le notizie contenute
nell’articolo succitato, come ci ha rilevato Paolo Cioni, non sono mai
state né contestate né smentite dal Professor Giulio Napolitano.
“C’è forse da attendersi qualcosa di meglio da un’università di
Stato?” - si chiede Paolo Cioni, proseguendo con altri quesiti e altre
considerazioni: ”E perché poi dev’essere lo Stato ad occuparsene? É uno
dei tanti bei frutti della Rivoluzione francese? Almeno prima c’erano
concorsi di libera docenza per diventare professore aperti a tutti
quelli che avessero accumulato produzione scientifica e curriculum di
carriera. É utile in questo contesto utilizzare il solito slogan secondo
cui occorre spendere di più per la ricerca? Ci sarà sicuramente qualche
ricercatore serio - prosegue Cioni - ma in un contesto cosiffatto il
suo contributo non può essere dato per scontato. Io non darei una lira
(sì una lira, non un eurocent) bucata per la ricerca in un contesto
simile. E solo le Università beneficiano di un regime per cui le ditte
che sono costrette a fare progetti di collaborazione con loro (senza
potersi scegliere i consulenti che le Università stesse inviano) vengono
detassate”.
Sempre in famiglia Napolitano Paolo Cioni ci ricorda poi anche il caso
di Susanna Napolitano, nipote del Presidente della Repubblica. Già per
due anni impiegata con contratto precario presso l’ufficio stampa della
Regione Puglia, è stata promossa da Nichi Vendola a Capo Addetto Stampa
del Presidente della Regione, con uno stipendio lordo di 91.000 Euro
annui, come rilevò il sito Isegretidellacasta.blogspot.it il 19
Gennaio 2012. Non abbiamo avuto il piacere di conoscere la Signora
Susanna Napolitano, ma sicuramente deve essere molto qualificata per
rivestire questo incarico.
http://altrarealta.blogspot.it/
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