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La guerra mondiale delle valute, come hanno mostrato gli eventi del 2013, è ancora in pieno svolgimento. Le banche centrali stanno usando l' “artiglieria pesante”, sotto forma di nuovi programmi di riduzione quantitativa: questo permette loro di trattenere la crescita delle loro valute, che incide negativamente sulle economie nazionali.
Il termine “guerra delle valute” è
stato introdotto nel 2010 dal ministro delle finanze brasiliano Guido
Mantega, due mesi dopo che i leader dei paesi del G20 si sono esortati a
vicenda ad “astenersi dalla svalutazione competitiva”.
Il
fatto che il mondo sia sull'orlo di un nuovo ciclo scontri valutari lo
dimostrano le recenti azioni delle banche centrali del mondo. La Banca
Centrale Europea, per esempio, ai primi di novembre ha abbassato il
tasso di sconto. Molti credono che la crescita dell’euro fino al suo
massimo nel 2011 abbia giocato in questo un ruolo significativo. Poi, le
autorità monetarie ceche hanno annunciato un intervento nel mercato dei
cambi per svalutare la corona, per la prima volta negli ultimi undici
anni. In Nuova Zelanda, sono pronti a rialzare i tassi per frenare la
crescita del dollaro neozelandese, e il capo della Banca Centrale
Australiana ha dichiarato che è necessario ridurre il tasso del dollaro
australiano per contribuire a equilibrare la crescita economica del
paese.
In prima linea tra i paesi belligeranti per il
tasso di cambio c’è il Giappone. La sua Banca centrale nel 2013 ha
indebolito lo yen rispetto al dollaro di quasi il 25%, e lo yen
giapponese ha raggiunto i valori del 2008. Così, le autorità monetarie
del paese, ovviamente, negando con forza il fatto di stare conducendo
una guerra valutaria, hanno notevolmente aumentato l'attrattiva delle
proprie esportazioni, e la capitalizzazione delle proprie aziende
leader.
Tuttavia, dare la colpa a Tokyo della sua condotta non è un
gioco onesto, non è corretto.
Tutte le principali banche centrali del
mondo influenzano comunque il corso delle loro monete nazionali, spiega
il direttore del dipartimento di analisi della “BANCA NOMOS”, Kirill
Tremasov:
Per i paesi del “G8”, in questo argomento mi sembra meno doloroso. In generale, il Giappone sta facendo le stesse cose che fanno anche gli altri principali paesi. In queste circostanze, fare pressione sul Giappone sembra che non sarebbe del tutto corretto, da parte degli Stati Uniti e dell’Europa.
Una nuova ondata di
scontri valutari può portare al rischio di un’inflazione globale,
avverte il direttore del dipartimento di analisi degli investimenti
della società finanziaria “Metropol”, Mark Rubinstein:
Assistiamo costantemente all'emergere di guerre straniere. Queste scoppiano in diverse parti del globo, e sono associate principalmente ai vari squilibri interni che sorgono nelle diverse regioni economiche. Questo metodo è sempre stato applicato, viene tutt’ora applicato, e continuerà ad esserlo. Ma ha un lato negativo: se la valuta si indebolisce bruscamente e rapidamente, questo può portare a un’inflazione elevata, che ha un effetto negativo sull'economia.
Gli
analisti ritengono che i giochi aggressivi sul tasso di cambio possono
portare anche ad altre conseguenze negative a livello globale. In
particolare, a delle lotte politiche. Tuttavia, la gravità di tali
dichiarazioni si sta gradualmente erodendo. Le banche centrali
continuano a fare il loro lavoro per il bene di economie di interi
continenti.
Gli esperti dicono che questa pratica di influenza sui tassi
di fissaggio delle valute continuerà anche nel 2014. Ad esempio, l’euro
a buon mercato potrebbe quasi diventare il principale motore della
crescita europea. Allora l'economia del Vecchio Continente, il
principale partner economico della Russia, potrà iniziare a crescere
lentamente, ma inesorabilmente.
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