In
questo post faccio riferimento al commento comparso sotto un mio video un po’
di tempo fa, con il fine di spiegarvi meglio un concetto essenziale nel Lavoro
su di sé, che però spesso viene frainteso.
Nel
commento in questione, la signora, dopo essersi espressa più volte contro la
mia persona e il mio lavoro, a un certo punto dice (riporto a memoria, perché
il commento non c’è più, e forse nemmeno il video): “Stavo per dire una
cattiveria, una cosa proprio cattiva, ma mi sono trattenuta ...”.
In
pratica questa persona ha espresso la sua antipatia nei miei confronti, poi a
un certo punto le è venuta in mente una cattiveria più grossa delle altre, ma,
appunto, si è trattenuta e non l’ha scritta.
Ciò che mi interessa analizzare ai
fini del nostro Lavoro è il perché lei non ha scritto la sua cattiveria.
Perché?
Quando voi dite una cattiveria di qualcuno o vi scagliate contro il lavoro di
qualcuno, cosa sta accadendo esattamente?
(uso
consapevolmente il “voi” e non il “noi” perché io ovviamente mi guardo bene dal
dire cattiverie di qualcuno o dal criticare qualcuno... proprio perché conosco
bene l’argomento di cui mi accingo a parlarvi)
(mi ci
vedete ad andare sotto il video di un relatore a scrivere qualcosa di brutto
contro quel relatore? Perché vi fa ridere anche solo il pensiero? E perché
invece per alcune persone è un comportamento normale?)
Secondo
il sentire comune – del terrestre medio – quando una persona male-dice qualcuno, cioè, detto in altro
modo, quando “parla male” di qualcuno, sta facendo del male a quella persona. Detto
per inciso, quando parlate male di una persona in verità la state male-dicendo,
anche se a nessuno piace usare questo termine perché viene di norma ritenuto un
po’ troppo forte. Però è questo che fate.
Sempre
secondo il sentire comune, se l’altra persona non viene a saperlo in realtà non
le state davvero facendo male, se invece il pettegolezzo o la critica vengono
scritte o in qualche altro modo divulgate, esiste anche l’intenzione di
“colpire” quella persona direttamente (“Se lo legge si offenderà, quindi starà
male”) o indirettamente (“Quello che dico serve a divulgare delle critiche
nelle orecchie delle altre persone che così cambieranno idea sul soggetto che a
me sta antipatico”).
Infatti
la reticenza della succitata signora nello scrivere la sua cattiveria nasce
proprio da questo inconscio ragionamento: “Le mie critiche danneggiano la
persona cui le rivolgo, e in questo caso non voglio danneggiarlo troppo”.
Riassumendo, nella testa del terrestre medio accade questo: quando dice una
cattiveria sta danneggiando l’oggetto della cattiveria, quando invece evita di
dirla gli sta facendo un favore perché non lo danneggia come avrebbe potuto. Come
quando uno decide di sparare o non sparare un colpo di pistola a un’altra
persona. In questo caso io dovrei ringraziare la signora perché ha evitato di
ferirmi con una cattiveria in più.
Ma non
funziona proprio così.
Quando pensate, dite o scrivete
una cattiveria contro qualcuno non è lui che state danneggiando, bensì voi stessi. Se il bersaglio a cui mirate
vibra sulla vostra stessa lunghezza d’onda (da rissa di strada) allora può
essere danneggiato dalle vostre maldicenze, altrimenti no. Ma in ogni caso –
che l’altro sia sul vostro stesso livello oppure no – i primi a subire un danno
siete voi, e questo non può essere evitato in alcun modo una volta che la
maldicenza è stata inviata. Per questo motivo sto utilizzando l’esempio del
commento al fine di mettervi in guardia.
Pensare,
dire o scrivere sono tre gradi di profondità differenti della vostra
maldicenza; il terzo grado è quello più pericoloso, quello che più lascia il
segno dentro di voi, perché pensare è un attimo, dire la cattiveria può
succedere a chi si controlla poco, ma se arrivate a scriverla è perché ci avete
riflettuto su e avete preso un decisione ben precisa. Il potenziale danno che potreste
arrecare al vostro nemico è più grande, quindi è più grande il danno che
sicuramente arrecate al vostro Cuore.
La
maldicenza, il giudizio, la critica... chiudono progressivamente il vostro
Cuore. Non è una questione di “libertà di esprimere le proprie opinioni”, in
quanto non potete essere liberi di essere meccanici! State rivendicando il
diritto alla libertà della vostra meccanicità, vi rendete conto?
Scrivere
sotto un video di Berlusconi che è un ladro e che andrebbe arrestato, significa
manifestare la propria libertà di parola? Questa è libertà di parola? Io me la
immaginavo diversa.
I
terrestri sono i terrestri, e loro di critiche e lamentele si nutrono, ne
traggono alimento e piacere. Ma per chi svolge un Lavoro su di sé è tassativo
non poter parlare male di nessuno. Non trovate giustificazioni, perché c’è
sempre una giustificazione valida per parlare male di qualcuno: voi siete
sempre i paladini che stanno salvando il mondo parlando male di qualcuno. Ma se
davvero volete contrastare il brutto dovete lavorare per il Bello, non potete
mettervi a criticare il brutto per il gusto di farlo. A meno che questo non
faccia parte del vostro mestiere: se, per esempio, siete degli architetti
chiamati a decidere sulla fattibilità di determinate opere civiche allora
dovrete essere irremovibili contro il brutto, ma capite quanto ciò sia diverso
dallo scrivere i commenti sotto i video di youtube!
L’essere
cattivo danneggia il cattivo. La vostra attenzione si focalizza sui difetti
degli altri e vi impregnate di quell’energia.
Le malattie, gli
incidenti, i dolori quotidiani... sono le conseguenze delle cattiverie
che avete pensato, detto o scritto in passato. Perché se il Cuore si
restringe l'Esistenza deve poi faticare di più per aprirlo e occorrono
quindi lezioni più severe.
Meno Bellezza cogliete nel mondo
più il vostro Cuore si chiude, e più questo si chiude meno Bellezza potete
cogliere nel mondo. È un circolo vizioso che vi conduce a diventare ciechi e
rancorosi.
Salvatore Brizzi
NON
DUCOR DUCO
(non
vengo condotto, conduco)
Non concordo, sono uno di quelli che indica.
RispondiEliminaPer poter andare verso il bello è necessario riconoscere il brutto, e se non ci sono abbastanza persone a riconoscere il brutto in quanto tale, allora non ci si muove per il bello.
Ci vuole anche una educazione al bello, o almeno il confronto su cosa sia il bello.
Peraltro se non ci si espone, non sappiamo mai quanti convengono con la nostra idea di bello.