lunedì 24 agosto 2015

La giusta azione (Jiddu Krishnamurti)


“Non si può arrivare alla verità passando per la realtà; bisogna comprendere i limiti della realtà, cioè tutto il processo del pensiero”.
Bisogna che tutti ci occupiamo di quel che succede nel mondo. Disintegrazione, violenza, brutalità, guerre e disonestà nelle alte sfere politiche. Qual è l’azione corretta davanti a questa disintegrazione? Cosa bisogna fare per sopravvivere nella libertà e per essere pienamente religiosi? Non usiamo il termine “religioso” nella sua accezione ortodossa, che non è religiosa. Il significato della parola è: riunire tutte le energie per scoprire qual è il posto del pensiero e i suoi limiti e oltrepassarli. Ecco il vero significato e l’importanza della parola “religioso”. Cosa bisogna fare dunque in questo mondo immorale e corrotto, in via di disintegrazione, cosa bisogna fare in quanto esseri umani, non in quanto individui, perché l’individuo non esiste. Siamo esseri umani, collettività, non individui, siamo il risultato di varie influenze collettive, forze, condizionamenti, ecc. 

Come esseri umani viventi in questo paese o in altri, America, Russia, India, che attra­versano questi terribili tempi, cosa dobbiamo fare? Qual è l’azione corretta, giusta? Se si è seri – ed io spero che qui lo siamo tutti, altrimenti non sareste venuti – cosa dobbiamo fare per scoprirla? Esiste un’azione totale, integra, non frammentata, che sia allo stesso tempo corretta e accurata, compassionevole e religiosa, nel senso in cui usiamo questa parola? Che non ha assolutamente nulla a che fare con la fede, il dogma, il rito o il condizionamento di un certo tipo di inquisizione religiosa. Cosa deve fare un essere umano posto davanti a questo problema?
 
Per trovare una risposta che non sia immaginaria, fittizia o falsa, per trovare la verità bisogna indagare nell’intero movimento del pensiero. Poiché tutto il nostro condizionamento, la nostra attività, la nostra vita politica, economica, sociale e morale e religiosa si basa sul pensiero. Il pensiero è stato lo strumento principale in tutte le fasi della vita, in tutti i campi, religioso, morale, politico, economico, sociale, e nei rapporti personali: mi sembra ovvio. Per favore, vorrei farvi notare che stiamo discutendo insieme. Insieme indaghiamo su questo problema, lo condividiamo, è vostra responsabilità condivi­derlo e non limitarvi ad ascoltare qualche idea, essere d’accordo o no, ma condividerlo. 

Ciò significa che dovete prestargli attenzione, dovete curarvene, questo problema deve essere serio, toccare le vostre menti, i cuori, tutta la vita, altrimenti non c’è partecipazione, né comunione, non c’è comunicazione altro che al livello verbale o intellettuale e ciò ha pochissimo valore. Dunque, stiamo indagando insieme su questo problema. Qual è la responsabilità del pensiero? Conoscendone i limiti, sapendo che tutto quel che fa appartiene a un’area limitata; e in quell’area limitata si può avere una risposta e un’azione corretta, accurata? A che livello si scopre da sé, in quanto esseri umani, la giusta azione? Se è immaginaria, personale, legata ad una idea, a un concetto o a un ideale, non è più azione corretta. Spero che ci ca­piamo.

L’ideale, l’idea risultante, è pure movimento del pensiero in quanto tempo, misura. E il pensiero ha creato tutti i nostri problemi nei nostri rapporti personali, economici, sociali, morali, religiosi, il pensiero non ha trovato risposta alcuna. E oggi – e nelle prossime due o tre discussioni – cercheremo se possibile, di scoprire quale sia l’azione integra, non tradizionale, non meccanica, che non sia una idea risultante, un pregiudizio, una fede. In pratica quel che voglio scoprire, se sono veramente serio, è come devo agire. Una azione senza arroganza, o rimpianti, una azione che non porti con sé altri problemi, che sia integra, completa e risponda ad ogni problema sia al livello personale che a livelli sociali più complessi. 

Spero che questo sia il vostro problema. Senza risolverlo alla radice, non ha alcun si­gnificato stare a parlare di meditazione, di cosa sia Dio, la verità e tutto il resto. Bisogna porre le fondamenta, altrimenti non si va molto lontani. Bisogna cominciare ad andare il più possibile lontano e voi siete la vicinanza, come esseri umani viventi in questa mostruosa e corrotta società. È necessario scoprire da sé un’azione integra, non frammentata, perché è sempre più pericoloso vivere nel mondo, sta diventando un deserto in cui ciascuno deve essere un’oasi. La nostra indagine sul problema dell’azione serve a determinare una esistenza umana totale – non un’esistenza isolata.

Può il pensiero risolvere i nostri problemi, essendo la reazione della memoria, dell’esperienza e della conoscenza? La memoria è un processo materiale; il pensiero è materiale e chimico – su questo punto gli scienziati sono d’accordo. E quel che il pensiero ha creato nel mondo e in noi stessi è il mondo della realtà, delle cose. Realtà significa la cosa che esiste. E per scoprire cosa sia la verità bisogna avere ben chiaro quali sono i limiti della realtà e non permettere che confluiscano anche nel mondo che non è reale. Osserviamo che dentro di noi e nel mondo il pensiero ha creato un problema esistenziale di straordinaria complessità. Il pensiero ha creato il centro, il “me” e il “te”. E agiamo in base a questo centro. Per favore, guardate, osservate, e lo vedrete da voi stessi; non accettate quel che vi dice chi parla, non accettate niente. Sapete, quando si comincia a dubitare di tutto, da quel dubbio, dall’incertezza viene la certezza, la chiarezza; ma se partite con l’immaginazione, la fede e continuate a vivere entro quell’area, resterete sempre nel dubbio. Qui stiamo cercando di investigare, indagare, guardare nelle cose che ci sono molto vicine: cioè la nostra vita quotidiana, con tutta la sua miseria, i conflitti, la pena, la sofferenza, l’amore e l’ansia, la cupidigia e l’invidia.

Come abbiamo detto, il pensiero ha creato il “me”, e così dal mo­mento che il pensiero in se stesso è frammentario, anche il me è un frammento. Dire “io”, “me”, “io voglio, io non voglio, io sono giusto, io non sono quello”, è un risultato del pensiero. E poiché il pensiero è frammentario, non è mai integro, e anche ciò che ha creato diventa frammentario. “Il mio mondo”, “la mia religione”, “la mia fede”, “il mio paese”, il mio dio e il tuo, ecco che diventa frammentario. Il pensiero è intrinsecamente un processo temporale, di misura, e perciò frammentario. Mi chiedo se riuscite a capire. Se capite almeno una volta molto chiaramente, saremo in grado di scoprire cos’è l’azione, l’azione corretta e accurata in cui non vi sia immaginazione, arroganza, in cui vi sia nient’altro che l’effettivo.

Stiamo cercando di scoprire cosa sia l’azione integra, non frammentaria, non prigioniera del movimento del tempo, non tradizionale e quindi meccanica. Si vuol vivere una vita senza conflitto, vivere in una società che non distrugga la libertà, e sopravvivere. La nostra li­bertà diventa sempre minore man mano che le società e i governi del mondo diventano sempre più centralizzati, burocratici. Libertà non è fare quel che ci piace, quel che vogliamo, questa non è libertà. Li­bertà significa qualcosa di totalmente diverso. Vuol dire libertà da questa perenne battaglia, dall’ansia, l’incertezza, la sofferenza, il dolore, da tutto ciò che il pensiero ha creato in noi.

Ebbene, esiste un’azione che non sia basata sul processo meccanico della memoria, su una ripetizione di una esperienza e quindi su una continuità nel movimento del tempo in quanto passato, presente e futuro? Esiste una azione non condizionata dall’ambiente? Saprete che i marxisti dicono che se si controllerà l’ambiente si cambierà l’uomo, ma ciò è stato provato e l’uomo non è cambiato. Per quanto essi controllino l’ambiente l’uomo è rimasto primitivo, volgare, crudele, brutale, violento, ecc. E ci sono quelli che dicono: non curatevi dell’ambiente, piuttosto credete in qualche divinità che vi guiderà: e quella divinità è la proiezione del pensiero. E quindi siamo tornati allo stesso punto, cosa deve fare un essere umano quando comprende tutto ciò?

Il pensiero, che è un processo materiale, chimico, una cosa che ha creato tutta questa impalcatura, può lo stesso pensiero risolvere i nostri problemi? Bisogna scoprire i limiti del pensiero con molta at­tenzione e cura. Può lo stesso pensiero comprendere i suoi limiti e quindi non espandersi in quel regno che il pensiero non può toccare? Il pensiero ha creato il mondo della tecnologia, ed ha creato anche la divisione tra “te” e “me”, e queste immagini ci tengono separati. Il pensiero può funzionare nella dualità, negli opposti, e quindi ogni reazione è un processo di divisione, di separazione. E il pensiero ha creato divisione tra gli esseri umani, le nazionalità, le fedi religiose, i dogmi, le differenze politiche, le opinioni, le conclusioni, tutto ciò che è risultato del pensiero.

Il pensiero ha creato divisione anche tra voi e me in quanto forma e nome; ed ha creato il centro, il “me”, opposto a voi, perciò tra voi e me c’è una divisione. Il pensiero ha creato tutta l’impalcatura del comportamento sociale, che si basa essenzialmente sulla tradizione, che è meccanica. Il pensiero ha creato anche il mondo religioso, i cristiani, i buddisti, gli indù, i mussulmani, con tutte le divisioni, tutte le pratiche, tutti gli innumerevoli maestri che spuntano come funghi. E il pensiero ha creato quel che giudica amore. La com­passione è il risultato dell’amore, il risultato del pensiero? Ecco il nostro problema, ecco tutti i nostri problemi.

E tuttavia cerchiamo di risolvere tali problemi servendoci del pensiero. Ma può il pensiero vedere in se stesso il creatore della discordia, vedersi come strumento necessario nella creazione di una società che non sia immorale? Il pensiero può essere consapevole di se stesso? Per favore cercate di seguire. Il vostro pensiero può diventare consa­pevole di se stesso? E se lo può, quella consapevolezza fa parte del pensiero? Si può essere consapevoli delle attività del pensiero e tra esse scegliere la buona e la cattiva, la meritevole e la non meritevole, ma la scelta è pur sempre un risultato del pensiero. E di conseguenza si perpetuano il conflitto e la dualità. Il pensiero può essere attento ai propri movimenti? O c’è una entità esterna al pensiero che lo di­rige?

Posso dire che sono consapevole dei miei pensieri, che so cosa penso, ma quell’entità che afferma “io so cosa penso”, quell’“io” è il prodotto del pensiero. E allora quella entità comincia a controllare, a soggiogare, a razionalizzare il pensiero. Diciamo dunque che c’è una entità diversa dal pensiero: ma essenzialmente è pensiero. Quel che cerchiamo di spiegare e questo: il pensiero è tremendamente limitato,mette in pratica ogni stratagemma, immagina, crea una coscienza su­periore – ma è pur sempre pensiero.

Ecco allora il problema: il pensiero può comprendere da sé dove è necessario operare, dove è accurato nelle sue operazioni, e comprendere tut­tavia di essere assolutamente limitato in ogni altra direzione? Ciò signifi­ca che bisogna approfondire il problema della coscienza umana. Sembra un fatto filosofico, molto complesso, ma non è così. Filosofia è amore della verità, non amore delle parole, o delle idee, o delle congetture, ma amore della verità. E ciò significa che dovete scoprire dov’è la realtà e che la realtà non può diventare verità. Non si può arrivare alla verità attraverso la realtà. Bisogna comprendere i limiti della realtà, cioè dell’intero processo del pensiero.

Sapete, quando guardate dentro di voi, conoscendo la vostra coscienza, sapendo perché pensate, quali sono i vostri motivi, gli scopi, le opinioni, le intenzioni, le pretese, le fantasie, tutto questo è la vostra coscienza; ed è essenzial­mente la coscienza del mondo. Per favore cercate di capire. La vostra coscienza non è radicalmente diversa da quella di un mussulmano, di un indù, o di chiunque altro, perché la vostra coscienza è piena di ansie, speranze, paura, piacere, sofferenza, bramosia, invidia, rivalità; questa è la coscienza. La fede e gli dei, tutto è in questa coscienza. Questo contenuto forma la coscienza, ed è pensiero – il pensiero che ha riempito la coscienza di cose che lui stesso ha creato. Guardate dentro di voi e vi renderete conto di quanto ciò sia straordinariamente ovvio.

E partendo da questo contenuto, che è condizionato, è la tradi­zione, il risultato del pensiero, cerchiamo di scoprire il modo di agire entro quell’area – entro l’area della coscienza che il pensiero ha riempito di cose sue. E ci si chiede: se il pensiero non è in grado di risolvere i nostri problemi umani -- che sono diversi dai problemi tecnici o matematici – come può limitarsi e non penetrare nel campo della psiche, dello spirito? – usiamo questa parola per il momento. Finché funzioneremo entro quell’area, dovremo sempre soffrire, ci sarà sempre disordine, paura e ansia. Ecco dunque la mia domanda: posso io, può un essere umano, mettere ordine nel mondo della realtà? Il pensiero comprenderà i suoi tremendi limiti quando avrà messo ordine nel mondo della realtà. Riuscite a capire?

Viviamo in un mondo di disordine, non solo esteriore, ma anche interiore. E non siamo stati capaci di risolvere questo disordine. Tentiamo di tutto – medita­zione, droghe, accettiamo o rifiutiamo l’autorità, vogliamo o rifiutiamo la libertà – abbiamo fatto tutto il possibile per mettere ordine – con la costrizione e la paura – e tuttavia viviamo ancora nel disor­dine. E ora una mente disordinata cerca di scoprire se esiste un’azione corretta – mi seguite? Una mente disordinata cerca di scoprire se esiste un’azione giusta, accurata, corretta. E scoprirà un’azione non corretta, disordinata, non integra. Di conseguenza dobbiamo far or-dine nel mondo della realtà nella quale noi tutti viviamo. Lo capite?

Ordine non vuol dire accettare l’autorità, né fare quel che si vuole, l’ordine non è uno schema. Esso deve essere qualcosa di altamente matematico: il massimo ordine matematico è la totale negazione del disordine, ed è così dentro ciascuno, dentro l’essere umano. Sapete guardare il vostro disordine, esserne coscienti, senza sceglierne forme particolari – alcune accettandole, altre negandole – sapete vedere il disordine nella sua totalità? Il disordine implica conflitto, attività incentrata sull’io, l’accettare una conclusione e vivere in base ad essa, l’ideale e la ricerca dell’ideale che nega ciò che è effettivo; sapete negare tutto ciò in modo totale? Solo quando lo farete ci sarà ordine, ma non l’ordine creato dal pensiero nel mondo della realtà. Capite? Noi separiamo la realtà dalla verità.

Diciamo che la realtà è tutto quanto è stato creato dal pensiero; e in quell’area, in quel campo, c’è un totale disordine, tranne che nel mondo della tecnologia. In quell’area si vive in un disordine completo, generato, come abbiamo già visto, dal conflitto, dalla ricerca del piacere, dalla paura, la sofferenza, ecc. Sapete esserne consapevoli e negarlo totalmente – e allontanarvene? Da ciò viene ordine nel mondo della realtà.

Il comportamento in questo mondo della realtà sarà del tutto diverso. Quando avrete negato tutto, avrete negato il “me”, che è il prodotto del pensiero, che crea la divisione, il pensiero che ha creato il “me” e la coscienza superiore, e tutte le fantasie, le pretese, le ansie, l’accettazione e il rifiuto. Questo è il contenuto tradizionale; negare quella tradizione è fare ordine. Allora potremo entrare nella questione di cosa sia la verità, non prima; altrimenti si diventa pre­suntuosi, ipocriti, senza senso. In questo caso bisogna capire tutta la questione della paura, capire che gli esseri umani vivono nella paura, la quale va diventando sempre più acuta, perché il mondo diventa un posto sempre più pericoloso, in cui le tirannie sono in aumento, ti­rannie politiche, burocratiche, che vietano alla mente la libertà di capire, di indagare.

È possibile dunque che noi, in quanto esseri umani viventi in questo mondo disordinato in via di disintegrazione, si diventi effettivamente e non in teoria o nella fantasia, un’oasi in un mondo che si trasforma in un deserto? È un problema veramente serio. E possiamo noi, esseri umani, educarci in modo del tutto diverso? Sapremo farlo solo se comprenderemo la natura e il movimento del pensiero in quanto tempo, il che significa capirsi veramente come esseri umani. Guardarci non come dicono gli psicologi, ma guardare come effettivamente siamo e scoprire che vita disordinata conduciamo – una vita di incer­tezza, di dolore, basata su conclusioni, opinioni, ricordi.

Quando se ne diventa coscienti, quella stessa coscienza lava via tutto.

Per il resto della mattinata potremmo discutere insieme di quel che si è detto, con domande e richieste di informazioni. Per favore, non fate domande su di me, su chi parla. Facciamo domande su di noi, a voce alta in modo che tutti partecipino, perché il problema di uno è il problema di tutti. Il vostro problema è il problema di tutto il mondo. Voi siete il mondo. Non credo che si comprenda bene ciò. In effetti voi siete il mondo, proprio nella sostanza più profonda – i modi, i vestiti, il nome e l’aspetto possono differire – ma nell’essenza, nel profondo voi siete il mondo, avete creato il mondo e il mondo siete voi.

Se fate una domanda, dunque, la fate per l’intera umanità. Non so se capite – ciò non significa che non dobbiate fare domande, al contrario. Chiedere diventa un fatto ben serio, non dunque domanda e risposta senza importanza, o qualche domanda sul momento, che poi viene dimenticata fino a un altro giorno. Se fate domande, fatele su un problema che sia veramente umano.


estratto da: Verità e realtà di Jiddu Krishnamurti
Titolo originale dell’opera: TRUTH AND ACTUALITY 
(Victor Gollancz, London)
Traduzione di Anna Guaita

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