martedì 25 agosto 2015

Quarta guerra mondiale, la lezione di Putin


Ora che la crisi greca è rientrata, almeno apparentemente e momentaneamente, sarebbe finalmente opportuna un po’ di autocritica. La dovrebbe fare l’Occidente in generale, totalmente schiavo dei grandi gruppi finanziari che muovono come marionette le istituzioni del vecchio e del nuovo Continente.

La dovrebbe fare ancora di più quella Unione Europea che, oltre ad avere sulla coscienza la non ortodossa Terza Guerra Mondiale che si sta consumando nel disinteresse dei media e che sta segnando la colonizzazione lenta dei Pigs da parte di Francia e Germania, continua ad andare acriticamente a rimorchio degli Stati Uniti: un viaggio con l'unica bussola dell'interesse personale. Deve risultare chiaro che mai come in queste settimane si è andati vicini, vicinissimi alla Quarta Guerra Mondiale. 
 
Sarebbe bastato poco: se la Russia avesse lanciato un salvagente a Tsipras, riscattando il debito nei confronti della Troika e offrendo loro condizioni più umane e realistiche, la Grecia sarebbe passata sotto la sua influenza e avrebbe aperto una breccia difficilmente rimarginabile nella credibilità di un'Unione azzoppata nei suoi valori costituenti. L'effetto a catena è facilmente immaginabile: le uscite di Austria e Ungheria sarebbero state inevitabili, visto che non da oggi si mostrano insofferenti verso la diarchia franco-teutonica che regge l'Europa. 
 
In un simile contesto la figura di Putin si sarebbe rafforzata, dopo aver smascherato una volta per tutte le condizioni usuraie che la Troika impone da anni ai Paesi che ha messo in difficoltà lei stessa (grazie anche alla complicità di agenzie di rating sulle quali peraltro sono aperte diverse inchieste giudiziarie). Putin aveva già lasciato correre ai tempi della crisi di Cipro, evitando conflitti con USA e con UE. Sicuramente però sfilare la Grecia dalla sfera d'influenza europea sarebbe stata un'occasione mediaticamente più succulenta che non la piccola isola del Mediterraneo. Un'occasione più simbolica che non economicamente vantaggiosa, certo. Eppure ancora una volta è prevalso il buon senso del premier russo, che ha evitato le reazioni isteriche della politica obamiana.

E laddove non arriva l'autocritica americana, ci si aspetterebbe che almeno l'Europa battesse un colpo, quell'Europa culla delle migliori diplomazie mondiali che dovrebbe ritrovare il suo pragmatismo e la sua prospettiva di potenza mondiale. E invece l'UE, spinta dalla Germania — a sua volta pressata degli States — starebbe studiando altre sanzioni contro la Russia. Una decisione tanto più grottesca visto che Putin ha a più riprese offerto disponibilità a supportare azioni contro l'avanzata del terrorismo islamico in Medioriente.

Questa sì una apertura fondamentale perché, in controtendenza rispetto al passato, potrebbe portare ad un fronte Occidentale e Orientale compatto nei confronti dell'Isis e a difesa di quella rete valoriale e culturale che dovrebbe essere il collante ultimo della Comunità europea. A Obama non è bastato destabilizzare col suo aperto supporto alle primavere (anglo)arabe un'intera regione che anni di impegno dei suoi predecessori avevano contribuito a stabilizzare. Così, in piena scadenza di mandato, continua a muoversi sullo scacchiere internazionale come un elefante in cristalleria. Imperterrito insiste a stuzzicare una Russia che a differenza degli Usa rimane l'unico punto fermo per la comunità di popoli che compongono la variegata Europa.

Oggi l'Europa insegna al mondo soltanto l'egoismo profondamente nazionalista radicato nella Germania della Cancelliera Merkel, che crede di essere la presidentessa degli Stati Uniti d'Europa. Eppure il referendum greco dovrebbe averle dato un assaggio di che cosa pensano molti cittadini delle sue idee. Ma tanto il consenso popolare è ormai diventato un optional: se non serve per legittimare un governo nazionale (per esempio l'Italia), figuriamoci a livello di organismi sovranazionali.

E pensare che recentemente Romano Prodi ha presentato il salatissimo conto delle sanzioni per l'Italia: persi 85mila posti di lavoro e lo 0,9% di Pil. Quando si alzerà qualcuno al Parlamento europeo chiedendo un dibattito vero sulla politica internazionale comunitaria che ci si vuole dare da qui al 2040? Oggi vengono solo presentati e votati documenti già preconfezionati dagli USA: è questa l'idea di Europa che hanno Merkel e Hollande? Ormai è andata perduta la missione che ci si era dati quando si fondò l'Europa: creare un terzo blocco mondiale. Ora non solo non siamo terzo referente nel globo, ma stiamo rischiando anche la nostra stessa identità, schiacciati come siamo dal terrore verso le tradizioni che ci hanno fatto grandi in passato e dalla sudditanza verso una grande super potenza che dopo la Seconda Guerra Mondiale è intervenuta solo dove aveva interessi economici.

 
Marco Fontana
 
 

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