Ora che la crisi greca è rientrata, almeno apparentemente e momentaneamente, sarebbe finalmente opportuna un po’ di autocritica. La dovrebbe fare l’Occidente in generale, totalmente schiavo dei grandi gruppi finanziari che muovono come marionette le istituzioni del vecchio e del nuovo Continente.
Sarebbe bastato poco: se la Russia avesse lanciato un
salvagente a Tsipras, riscattando il debito nei confronti della Troika e
offrendo loro condizioni più umane e realistiche, la Grecia sarebbe
passata sotto la sua influenza e avrebbe aperto una breccia
difficilmente rimarginabile nella credibilità di un'Unione azzoppata nei
suoi valori costituenti. L'effetto a catena è facilmente immaginabile:
le uscite di Austria e Ungheria sarebbero state inevitabili, visto che
non da oggi si mostrano insofferenti verso la diarchia franco-teutonica
che regge l'Europa.
In
un simile contesto la figura di Putin si sarebbe rafforzata, dopo aver
smascherato una volta per tutte le condizioni usuraie che la Troika
impone da anni ai Paesi che ha messo in difficoltà lei stessa (grazie
anche alla complicità di agenzie di rating sulle quali peraltro sono
aperte diverse inchieste giudiziarie). Putin aveva già lasciato correre
ai tempi della crisi di Cipro, evitando conflitti con USA e con UE.
Sicuramente però sfilare la Grecia dalla sfera d'influenza europea
sarebbe stata un'occasione mediaticamente più succulenta che non la
piccola isola del Mediterraneo. Un'occasione più simbolica che non
economicamente vantaggiosa, certo. Eppure ancora una volta è prevalso il
buon senso del premier russo, che ha evitato le reazioni isteriche
della politica obamiana.
Questa
sì una apertura fondamentale perché, in controtendenza rispetto al
passato, potrebbe portare ad un fronte Occidentale e Orientale compatto
nei confronti dell'Isis e a difesa di quella rete valoriale e culturale
che dovrebbe essere il collante ultimo della Comunità europea. A Obama
non è bastato destabilizzare col suo aperto supporto alle primavere
(anglo)arabe un'intera regione che anni di impegno dei suoi predecessori
avevano contribuito a stabilizzare. Così, in piena scadenza di mandato,
continua a muoversi sullo scacchiere internazionale come un elefante
in cristalleria. Imperterrito insiste a stuzzicare una Russia che a
differenza degli Usa rimane l'unico punto fermo per la comunità di
popoli che compongono la variegata Europa.
Oggi
l'Europa insegna al mondo soltanto l'egoismo profondamente nazionalista
radicato nella Germania della Cancelliera Merkel, che crede di essere
la presidentessa degli Stati Uniti d'Europa. Eppure il referendum greco
dovrebbe averle dato un assaggio di che cosa pensano molti cittadini
delle sue idee. Ma tanto il consenso popolare è ormai diventato un
optional: se non serve per legittimare un governo nazionale (per esempio
l'Italia), figuriamoci a livello di organismi sovranazionali.
E
pensare che recentemente Romano Prodi ha presentato il salatissimo
conto delle sanzioni per l'Italia: persi 85mila posti di lavoro e lo
0,9% di Pil. Quando si alzerà qualcuno al Parlamento europeo chiedendo
un dibattito vero sulla politica internazionale comunitaria che ci si
vuole dare da qui al 2040? Oggi vengono solo presentati e votati
documenti già preconfezionati dagli USA: è questa l'idea di Europa che
hanno Merkel e Hollande? Ormai è andata perduta la missione che ci si
era dati quando si fondò l'Europa: creare un terzo blocco mondiale. Ora
non solo non siamo terzo referente nel globo, ma stiamo rischiando anche
la nostra stessa identità, schiacciati come siamo dal terrore verso le
tradizioni che ci hanno fatto grandi in passato e dalla sudditanza verso
una grande super potenza che dopo la Seconda Guerra Mondiale è
intervenuta solo dove aveva interessi economici.
E laddove non arriva l'autocritica americana,
ci si aspetterebbe che almeno l'Europa battesse un colpo, quell'Europa
culla delle migliori diplomazie mondiali che dovrebbe ritrovare il suo
pragmatismo e la sua prospettiva di potenza mondiale. E invece l'UE,
spinta dalla Germania — a sua volta pressata degli States — starebbe
studiando altre sanzioni contro la Russia. Una decisione tanto più
grottesca visto che Putin ha a più riprese offerto disponibilità a
supportare azioni contro l'avanzata del terrorismo islamico
in Medioriente.
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