venerdì 13 novembre 2015

Vaccini: nessun obbligo per iscriversi a scuola. Servirebbe una Legge dello Stato che andrebbe a ledere i Diritti individuali


Obbligo di certificazione dell’avvenuta effettuazione delle vaccinazioni previste dal Piano Nazionale Vaccinazioni [PNV] per l’ingresso scolastico. È questa una delle misure contenute nella bozza del Piano Nazionale Vaccinazioni 2016-2018 che ha appena ricevuto il parere positivo delle Regioni. Il piano è in attesa dell’intesa della Conferenza Stato-Regioni dopo che il Ministero dell’Economia lo ha bloccato ed ha chiesto ulteriori approfondimenti e verifiche sul fronte dell’impatto economico.

In termini economici, è imbarazzante assistere al balletto di dichiarazioni di Istituzioni che negano il reddito minimo per coloro che sono in difficoltà a fronte del costo complessivo dei vaccini inseriti nel calendario vaccinale, secondo il prezzo corrente, a regime, e con il raggiungimento dei tassi di copertura richiesti, stimato intorno a 620 milioni di euro. Una bella torta che arricchirebbe i soliti noti di circa 300 milioni di euro in più rispetto al PNV attualmente in vigore.

In termini sociali, è altrettanto imbarazzante assistere a come vengono quotidianamente calpestate le Leggi in questo Paese. Infatti,  “tagliando i costi sociali“, in caso di danno vaccinale, i malcapitati resi disabili e le relative famiglie saranno lasciati soli dallo Stato, in barba a quanto più volte ricordato dalla Suprema Corte di Cassazione, fin dal 1998, in materia di Diritti inviolabili:

La sentenza n. 27, red. Zagrebelsky riafferma il principio che non è lecito, alla stregua degli artt. 2 e 32 della Costituzione, richiedere che il singolo esponga a rischio la propria salute per un interesse collettivo, senza che la collettività stessa sia disposta a condividere, come è possibile, il peso delle eventuali conseguenze negative.
Anche per questo motivo, sulla misura che ipotizza l’obbligo di certificazione dell’avvenuta effettuazione delle vaccinazioni previste dal PNV per l’ingresso scolastico, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin è costretta a precisare che
«qualora ci dovesse essere un’iniziativa del genere deve passare per il Parlamento, perché prevede una legge dello Stato».
Infatti, per quanti non lo sapessero, il Piano Nazionale Vaccinazioni non è assimilabile a Legge dello Stato. Il Piano Nazionale Vaccinazioni rappresenta un’offerta vaccinale che, come tutte le offerte promozionali, può essere valutata e rifiutata, in quanto ad oggi le vaccinazioni obbligatorie per Legge e per tutti i nuovi nati in Italia sono le seguenti vaccinazioni: vaccinazione contro la difterite, vaccinazione contro il tetano, vaccinazione contro la poliomielite, vaccinazione contro l’epatite virale B.

A fronte di ciò, la somministrazione della vaccinazione esavalente [contenente le 4 sopracitate più la vaccinazione contro la pertosse e la vaccinazione conto l’Haemophilus influenzae tipo B] prosegue ad essere quantomeno illegittima. Così come, la prassi di somministrare una vaccinazione esavalente illegittima in contemporanea alla vaccinazione anti-pneumococcica 13valente, è assimilabile al reato di lesioni personali in quanto la documentazione confidenziale dei produttori certifica che tale prassi comporta il 34% di rischio di complicanze neurologiche nel ricevente.

E’ incontestabile che, quanto riportato dall’epidemiologo Vittorio Demicheli, della Cochrane Collaboration Vaccines Field,  corrisponde a pura verità
Il calendario riportato all’interno del Piano nazionale di vaccinazione è la copia fedele del “calendario per la vita” sponsorizzato dalle industrie del farmaco.
Non solo, il piano di vaccinazione in scadenza prevede, prima di introdurre nuove inoculazioni, un processo decisionale trasparente basato su una valutazione delle priorità effettuato da istituzioni indipendenti. Perchè quello proposto dal Ministero non ha seguito lo stesso percorso e non contempla analoghe valutazioni?
Nel corso del 2014 le regioni hanno chiesto all’Istituto superiore di sanità (Iss) alcuni pareri sull’efficacia dei nuovi vaccini contro le patologie batteriche invasive, meningite meningococcica B e infezioni da pneumococco nell’anziano. In entrambi i casi l’Iss aveva fornito valutazioni contenenti numerose criticità, ma nonostante questo i due vaccini sono rientrati tra i trattamenti previsti nel nuovo calendario.
Ma le analisi critiche non si fermano qui. Il dibattito è aperto anche rispetto al vaccino del Papilloma virus da proporre ai maschi, siano essi infanti o adulti. La stessa cosa si può dire per il Rotavirus che sarebbe sufficiente utilizzare nei neonati ad alto rischio (pretermine e a basso peso), ma che il nuovo piano prevede per tutti. Ancora controversa è la decisione sulla vaccinazione degli anziani contro l’Herpes Zoster.
Anche l’introduzione del vaccino per debellare la Varicella presenta dei dubbi che meritano una riflessione. Il nuovo piano lo prevede in contemporanea combinazione con il vaccino contro il Morbillo. Ebbene, forse non tutti sanno che da diversi anni la percentuale di copertura del vaccino contro il Morbillo non supera il fatidico 95% di copertura. In sostanza significa che, con molta probabilità, lo stesso risultato potrebbe verificarsi per l’inoculazione del virus della Varicella. In questo caso si rischia, nonostante gli sforzi del sistema sanitario, di non debellare la malattia e rimane il pericolo di contrarla in età adulta. Questo fallimento è già avvenuto per il Morbillo, ripetere l’errore anche per la Varicella propone dubbi anche sul piano etico.
Se pensiamo che, non più tardi dello scorso anno, alla delegazione italiana all’ONU fu conferito l’incarico di guidare le strategie vaccinali per i prossimi cinque anni, è facilmente intuibile che l’Italia è il Paese europeo che, nell’insieme dei suoi politici, è stato ritenuto come terreno più fertile per il compimento di un “piano industriale” attraverso la somministrazione indiscriminata di vaccini.

130 miliardi di euro è il costo annuale della salute in Italia. Denaro pubblico che viene investito senza un efficace sistema di controlli e per questo fa gola a tanti: medici e politici corrotti ai posti di comando delle ASL, industrie del farmaco avide di profitti, holding mezzo commerciali e mezzo sindacali, società medico-scientifiche che non sono certificate da alcun registro.

Comunità scolastiche

Sono decenni che la norma di regolamentazione alle comunità scolastiche è stata annullata in primo luogo da una dichiarazione [23 settembre 1998] del Ministro della Pubblica Istruzione e del Ministro della Sanità, nella quale
si invitano i direttori didattici e i presidi ad ammettere alla frequenza gli alunni che rifiutino di esibire la certificazione relativa alle vaccinazioni obbligatorie, per consentire loro di adempiere all’obbligo scolastico, comunicando i relativi casi all’Unità Sanitaria Locale
Con questa disposizione viene privilegiato il diritto allo studio nei confronti del diritto alla salute.
Inoltre, tale disposizione è stata rafforzata dall’applicazione del DPR 355/1999 che ha consentito la frequenza scolastica ai bambini non vaccinati. E’ possibile richiamarsi a questa favorevole normativa in gran parte del territorio nazionale, e viene estesa anche al nido ed agli asili. Non potrebbe essere altrimenti, visto che in caso contrario una norma dello Stato sarebbe evidentemente incostituzionale [artt. 3 e 32 della Costituzione], attuando discriminazioni sulla base dell’età e sul luogo scolastico pubblico o privato.

Tuttavia, i problemi legislativi per coloro che mirano a introdurre l’obbligo di certificazione dell’avvenuta effettuazione delle vaccinazioni, previste dal PNV, per l’ingresso scolastico, non finiscono qui.

Infatti, partendo dal presupposto incontestabile che non è in atto alcuna epidemia di rilevanza nazionale e/o internazionale, ovvero in assenza di oggettive esigenze di “salute pubblica”, si aprono scenari incostituzionali che andrebbero a ledere i diritti espressamente tutelati da:
  • artt. 2 , 3 , 10 , 32 e 34 della Costituzione della Repubblica Italiana;
  • artt. II-63 , II-81 e II-84 della Costituzione dell’Unione Europea;
  • art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo;
  • artt, 3 , 10 , 14 , 20 e 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea;
  • artt. 4 , 5 e 13 del Patto Internazionale sui Diritti Economici del 19/12/1966;
  • artt. 4 e 5 della Convenzione Internazionale contro la discriminazione nel campo dell’educazione adottata dalla 11° Conferenza Generale dell’UNESCO a Parigi del 14/12/1960;
  • art. 9 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4/11/1950;
  • art. 2 Primo protocollo aggiuntivo del 20/03/1982 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4/11/1950;
  • artt. 2, 4 e 5 della Convenzione di Oviedo del 1977;
  • art. 4 Carta Europea dei Diritti del Malato di Bruxelles;
e molti altri ancora potrebbero essere citati.

Più che un approccio coercitivo sarebbe opportuno vederci chiaro, non solo per evitare una spesa superflua in tempi di scarsità di risorse come quelli attuali, ma per garantire effettivamente il benessere dei cittadini, anziché proseguire a causare ulteriori danni [come al solito] nelle comunità scolastiche. Infatti, di norma, sono proprio le strutture pubbliche a fornire informazioni scarse ed errate facendo disinformazione, stravolgendo le regole, negando fatti, omettendo studi scientifici e occultando documentazione, pur di imporre con le minacce l’esistenza di una sola credibilità scientifica definitivamente esposta alla sua pochezza e alle nudità del malaffare.


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