E’
il modo con cui il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha reagito
all’attentato mortale a Istanbul, questa settimana, che suscita
sospetti. Sospetti che ci sia molto più del semplice attentato
terroristico islamista contro civili inermi. Per dirla senza mezzi
termini: ad Erdogan era “necessaria” tale atrocità per cancellare le
prove crescenti della collusione del suo regime col terrorismo e la
stessa rete terroristica islamista sospettata dell’attentato a Istanbul.
Tra sangue e carneficina, il suo regime ha rapidamente cercato di
presentarsi internazionalmente come ulteriore vittima del barbaro
terrorismo e combattente senza paura contro la rete terroristica dello
Stato islamico. La Turchia era un po’ troppo imbarazzata, avvolgendosi
nella bandiera emotiva della Francia dopo gli attacchi terroristici di
Parigi di novembre. L’americano della Casa Bianca e il capo delle
Nazioni Unite Ban Ki-Moon se ne sono usciti con condanne degli
“spregevoli” omicidi ad Istanbul promettendo solidarietà allo Stato
turco contro il terrorismo. Erdogan e il suo primo ministro Ahmet
Davutoglu hanno risposto immediatamente, separatamente ma con lo stesso
discorso, sostenendo che l’atrocità era la prova che la Turchia è in
“prima linea nella lotta al terrorismo”. “Nessuno dovrebbe dubitare della nostra determinazione a sconfiggere i terroristi dello Stato islamico”,
ha detto ai giornalisti Erdogan. Le sue gravi e dure dichiarazioni
antiterrorismo furono riprese da Davutoglu. Tuttavia, come William
Shakespeare disse: “Tu protesti troppo!”, cioè la retorica
artificiosa suggerisce scopi reconditi.
Il governo di Erdogan ha reagito
con sospetta puntualità all’attentato nel quartiere storico d’Istanbul
che aveva ucciso almeno 10 turisti tedeschi. Poche ore dopo l’attentato,
le autorità turche definivano il kamikaze come un 28enne siriano nato
in Arabia Saudita. Il governo turco ha detto che era un membro del
gruppo terroristico dello Stato Islamico (IS). Ma anche diverse ore più
tardi, alcun gruppo aveva rivendicato l’attentato. Ciò solleva domande
su chi l’abbia effettuato. Sicuramente lo SIIL sarebbe molto felice di
assumersene la paternità, con titoli internazionali, come fa di solito
con tali atrocità? Perché il gruppo sembra non saperne nulla
immediatamente dopo?
Se fosse stato un vero attentato terroristico
contro i servizi di sicurezza dello Stato turco, come mai le autorità
turche furono così rapide nell’identificare il presunto attentatore
suicida? In un “normale” attentato, le autorità sarebbero state colte
alla sprovvista e avrebbero impiegato diversi giorni prima di capire chi
fosse stato a compierlo. Non in questo caso. Il governo Erdogan ha
scoperto immediatamente non solo il presunto gruppo responsabile (SIIL),
ma anche il presunto autore. Una abbastanza sorprendente efficienza
inquisitoria, se si accetta alla lettera la versione ufficiale. In ogni
caso, l’accettazione della versione del governo Erdogan sarebbe anche
estremamente ingenua. L’intelligence militare turca, MIT, s’è già
dimostrata in molti casi precedenti, collegata intimamente ai gruppi
terroristici islamici in guerra con la Siria.
Può Dundar, redattore di Cumhuriyet, subire l’ergastolo perché il suo giornale denunciò le armi inviate dal MIT ai gruppi terroristici in Siria. Il deputato turco Eren Erdem all’inizio di quest’anno fece delle affermazioni credibili sul governo Erdogan che avrebbe insabbiato l’indagine sulla fornitura di armi chimiche ai terroristi dello Stato islamico da parte del MIT; le armi chimiche probabilmente furono utilizzate per la strage di cittadini siriani nel sobborgo di Damasco del Ghuta orientale, nell’agosto 2013. La ricognizione aerea russa negli ultimi mesi ha dimostrato in maniera inconfutabile le dimensioni industriali del contrabbando di petrolio dei terroristi dello SIIL verso la Turchia, con collegamenti credibili del racket che arrivano allo Stato turco, e in particolare alle imprese della famiglia Erdogan. Anche i precedenti attentati contro cittadini turchi in Turchia coinvolsero le operazioni sporche del regime Erdogan.
Quando più di 100 sostenitori
dei diritti curdi furono uccisi in un attentato a una manifestazione
pacifica ad Ankara, lo scorso ottobre, gruppi curdi accusarono gli
agenti turchi di aver compiuto di nascosto la strage. Affermazioni
simili sul terrorismo di Stato contro i gruppi politici curdi furono
fatte dopo gli attentati mortali di Suruc e Diyarbakir, l’anno scorso.
Un attentato mortale nella città di confine turca Reyhanli, nel maggio
2013, che uccise più di 40 presone, fu nuovamente attribuito ad agenti
turchi che cercavano d’incolparne il governo siriano, nel tentativo di
escogitare un casus belli per l’invasione militare turca della Siria. Il
premier turco Ahmet Davutoglu fu scoperto, nei nastri audio trapelati, a
parlare di tali false flag del regime in incontri privati con quadri
del partito.
Nelle ultime settimane le autorità turche hanno fatto
affermazioni altisonanti di come avevano sventato complotti terroristici
nel Paese, sostenendo di aver fermato attentatori suicidi dello SIIL. È
impossibile verificare queste affermazioni ufficiali perché il regime
di Erdogan ha imposto un grave giro di vite sui giornalisti
indipendenti. Ma un modo ragionevole di valutare le dichiarazioni
ufficiali è che le autorità turche abbiano preparato l’attentato, come
sembra sia accaduto questa settimana con l’attentato di Istanbul. E la
reazione rapida del governo di Erdogan abilmente intensifica le
affermazioni di essere vittima del terrorismo dello SIIL e, quindi,
avere rapidamente simpatia e appoggio da Casa Bianca e Nazioni Unite.
La tempistica è importante per una corretta comprensione. Erdogan, Davutoglu e il partito Giustizia e Sviluppo sono stati denunciati negli ultimi mesi dall’intervento militare della Russia in Siria come stretti sostenitori del terrorismo in Siria. I media occidentali hanno trattato le rivelazioni con indifferenza istupidita. Tuttavia, le rivelazioni sono un atto d’accusa sconvolgente sull’illegalità dello Stato turco, membro della NATO e aspirante membro dell’Unione europea. Il regime Erdogan è diventato sinonimo di terrorismo di Stato, contrabbando di armi in Siria, e in particolare di collusioni con gruppi terroristici islamici come lo SIIL. (L’Arabia Saudita viene anch’essa denunciata come Stato canaglia).
Cosa c’è di meglio allora, dal punto di vista di
Erdogan, che un’atrocità dello SIIL a Istanbul, uccidendo turisti
stranieri in modo che il suo regime avanzi successivamente la pretesa di
essere “nemico dello SIIL” e di “difendersi dal terrorismo”. Tuttavia,
secondo uno scenario alternativo, e più realistico: il regime Erdogan
conosceva l’identità del terrorista perché coopera con essi; e le
autorità turche permisero l’attentato per proprie ragioni politiche
egoistiche, dopo la scottatura della reputazione internazionale
macchiata, ed essere quindi vista come “vittima del terrorismo”.
Finian Cunningham, Strategic Culture Foundation 14/01/2016
La ripubblicazione è accolta in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2016/01/14/false-flag-per-cancellare-i-legami-tra-erdogan-e-terroristi/
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