Se l’aggressione contro un Paese straniero significa indebolirne la struttura sociale, rovinarne le finanze, rinunciare al territorio per accogliere i profughi, qual è la differenza tra tale tipo di aggressione e l’altro tipo, quello classico, quando qualcuno dichiara guerra, o qualcosa del genere? - Sawer Sen, ambasciatore dell’India presso le Nazioni Unite
In
una conferenza stampa all’UE del 3 settembre 2015, il Primo ministro
ungherese Victor Orban candidamente disse che la crisi dei rifugiati in
Europa era “un problema della Germania”. Orban si riferiva al fatto che i
rifugiati accalcatisi al confine dell’Ungheria erano diretti, per la
maggior parte, in Germania. Il Primo ministro ungherese sottolineò che
la maggior parte dei rifugiati non aveva intenzione di rimanere in
Ungheria. Orban fu oggetto di critiche per la decisione di erigere una
barriera di sicurezza al confine ungherese/serbo, per arginare il flusso
di migranti che entravano nel territorio ungherese illegalmente.
Mentre
la maggior parte dei media europei rappresentò Orban come xenofobo
dittatore di destra, la decisione di erigere una recinzione fu attuata
nel rispetto delle norme comunitarie, che richiedono che tutti gli
immigrati che entrano nella zona Schengen siano registrati dalla polizia
alla frontiera. Eppure, paradossalmente, Bruxelles critica il primo
ministro ungherese per aver tentato di rispettare le leggi comunitarie!
Il quotidiano Le Monde definiva il primo ministro ungherese
l’uomo che cerca di ‘criminalizzazione’ clandestini. E’ davvero uno
strano Paese quello che criminalizza chi infrange le leggi! Perché,
dunque, Orban è sotto tiro? Fin dal suo arrivo al potere nel 2010,
Victor Orban ha adottato politiche interne e sociali contrarie quelle
dettate dalla Commissione Europea. Nel 2013 l’Ungheria chiuse l’ufficio
del Fondo monetario internazionale, mettendo le finanze del Paese sotto
il controllo statale. Il Fondo Monetario Internazionale è un’istituzione
fondamentale della governance globale statunitense-sionista e vi sono
alcuni Paesi sfuggitigli dalle grinfie del debito permanente. Pertanto,
la decisione del governo ungherese di cacciare il FMI era a dir poco un
temerario atto d’insubordinazione per l’imperialismo statunitense.
L’Ungheria è anche criticata per la legge sui media che vieta
l’ingerenza straniera della propaganda degli USA, come Voice of America,
che il governo ungherese ritiene in contrasto con l’interesse pubblico.
Di conseguenza, l’Unione europea, perfettamente felice di vietare la
televisione iraniana, ha criticato l’Ungheria per violazioni della
‘libertà di espressione’. Orban ha detto alla Chatham House, nel 2013,
che credeva ci fosse un “complotto di sinistra e verde” in Europa contro
i “valori tradizionali”. Orban senza dubbio si riferiva alle filippiche
continue dei guerrafondai sionisti di sinistra come l’eurodeputato
Daniel Cohen Bendit contro l’Ungheria. Bendit ha ironicamente chiamato
Orban “Chavez d’Europa”. Tale esempio d’insulto ideologico incarna
l’insensatezza del paradigma politico sinistra-destra nell’epoca
post-sovietica.
Il ‘nazionalismo’ di Orban non è un piano imperiale. E’ piuttosto una filosofia nazionale che va contro, e indebolisce, l’imperialismo. E’ il nazionalismo nel senso di liberazione nazionale dall’oppressione neo-coloniale delle istituzioni finanziarie internazionali e dell’Unione europea. La difesa di Orban dei “valori tradizionali” l’ha ideologicamente avvicinato alla politica estera del presidente russo Vladimir Putin, che visitò il Paese nel 2014. Durante la visita di Putin in Ungheria, Orban elogiò il ruolo del leader russo nel tentativo di trovare una soluzione pacifica alla guerra siriana. Nel 2014 Orban disse ai media ungheresi che la guerra ucraina fu causata dal desiderio degli Stati Uniti di controllare l’Europa orientale. Sottolineò anche che gli Stati Uniti volevano trascinare l’Ungheria nella crisi. Il Primo ministro ungherese non fa mistero del desiderio di perseguire politica interna ed estera indipendenti. L’Ungheria ha anche stretti legami con Cina e Iran.
Pertanto tentare, come hanno fatto alcuni analisti, di
ritrarre Victor Orban come reazionario imperialista e xenofobo, si
semplifica eccessivamente la complessa interazione delle forze
ideologiche e geopolitiche sull’attuale scena politica mondiale e in
particolare, le forze profonde che hanno scatenato produzione e gestione
della crisi dei rifugiati/migranti. Pertanto, paragonando l’opposizione
di Orban all’immigrazione a quello del primo ministro inglese David
Cameron, si semplifica eccessivamente la questione. Il primo ministro
inglese David Cameron gioca sull’opposizione all’immigrazione. Ma senza
aver nulla a che fare con il vero obiettivo del governo inglese. Le
politiche anti-immigrazione di Cameron sono semplicemente un appello
alla xenofobia necessaria ai tories per attrarre il loro elettorato. Il
regime di Cameron serve il capitalismo finanziario internazionale nella
forma più brutale, e il capitalismo finanziario ha bisogno di una
continua immigrazione.
Le obiezioni di Orban sono più conflittuali con
il capitalismo finanziario e criticano la globalizzazione guidata
dall’ideologia liberale. Victor Orban ha proposto che i
rifugiati/migranti siano rispediti in Turchia fino alla fine della
guerra in Siria. È una proposta ragionevole. Lo slogan “I rifugiati sono
benvenuti” e le successive marce a favore dell’immigrazione sono utili
agli obiettivi geostrategici israeliani. Attualmente, pochi sembrano
capire che, come nella primavera araba del 2011, al carrozzone
dell’imperialismo statunitense non mancano passeggeri. In questo senso,
Victor Orban è, in modo molto limitato, degno dell’epiteto di ‘Hugo
Chavez d’Europa’. Mentre molte scelte politiche di Victor Orban sono
tutt’altro che di sinistra, (ad esempio, il divieto dei simboli
comunisti) l’abbraccio del capitalismo tradizionalista sotto forma
dirigista e con forti politiche sociali a favore della famiglia, e una
politica estera molteplice avvicina il suo Paese a Paesi come Venezuela,
Bielorussia, Eritrea e altri Stati-nazione che cercano di mantenere la
sovranità contro l’imperialismo.
Un articolo profondamente prevenuto ed
ostile su Le Monde, tuttavia, descrive accuratamente la politica di
Orban come ‘di sinistra economicamente e di destra culturalmente’.
Tuttavia è qui necessaria una distinzione. Le sue politiche sono ‘di
sinistra’ dal punto di vista della finanza corporativa globale, ma le
politiche economiche di Orban favoriscono la borghesia patriottica
nazionale e sono quindi di destra dal punto di vista della classe
operaia. La politica estera multidirezionale dell’Ungheria ha dato
benefici al Paese, soprattutto agli altri Paesi partner dell’emisfero
meridionale come il Venezuela. Ad esempio, la tecnologia fotovoltaica
sviluppata in Ungheria e finanziata dalla Cina, è stata esportata in
Venezuela nel 2013.
Si ritiene che la nuova tecnologia ungherese non
solo permetta al Venezuela di diventare autosufficiente nell’energia
elettrica, ma di diventare grande esportatore di energia elettrica. La
cooperazione del Venezuela con l’Ungheria è fondamentale per
l’industrializzazione del Paese. Tutti i Paesi citati hanno in comune il
tentativo di costruzione volontaria nazionale per arginare la marea
della ‘globalizzazione’ e tutti i concomitanti mali sociali ed
economici. È una borghesia patriottica nazionale in alleanza con la
classe operaia contro la borghesia ‘internazionalista’ compradora e il
‘Nuovo Ordine Mondiale’. E’, per molti aspetti, un rovesciamento delle
dinamiche di classe della seconda guerra mondiale, quando l’Unione
Sovietica alleò la classe operaia internazionale organizzata con i resti
della borghesia democratica contro il fascismo internazionale.
Il
Primo ministro ungherese Victor Orban è salito al potere in un Paese
devastato dal FMI e profondamente corrotto dal partito ‘socialista’
uscito dai decenni di capitalismo di State di Janos Kadar. Kadar,
liberale, sostituì il comunista Rakosi durante la contro-rivoluzione in
Europa orientale negli anni ’50, quando il capitalismo dalle
caratteristiche “socialiste” sostituì il socialismo del Cominform. Il
processo fu eufemisticamente denominato ‘destalinizzazione’, ma fu in
realtà un tentativo di ripristinare i modi di produzione capitalistici.
La crisi ideologica dell’Ungheria culminò nel tentato colpo di Stato del
1956, quando la CIA, operando da Vienna, tentò di rovesciare il regime
assediato con l’aiuto di ex-collaborazionisti dei nazisti. La
‘rivoluzione ungherese’ del 1956 fu, per molti aspetti, prodromo delle
molte operazioni d’intelligence orchestrate dagli Stati Uniti per
cambiare i regimi, decenni dopo. Anche se Orban dice di aver ‘combattuto
il comunismo’ da studente, era, come molti altri della sua generazione,
un combattente contro un particolare tipo di capitalismo che percepì
come “cospirazione di sinistra” contro il popolo.
I marxisti-leninisti
hanno sempre considerato il trionfo del revisionismo kruscioviano in
URSS, nel 1956, e la successiva ‘destalinizzazione’ dell’URSS e delle
democrazie popolari dell’Europa orientale, una contro-rivoluzione contro
la dittatura del proletariato. Le riforme di Krusciov portarono
all’abbandono della pianificazione statale centralizzata, la
reintroduzione del profitto come regolatore della produzione, combinata
alla politica estera cinica e anti-marxista della ‘coesistenza pacifica’
tra capitalismo e socialismo. Per giustificare tali politiche Krusciov
scrisse un lungo discorso menzognero per calunniare Stalin. Ogni
affermazione contro Stalin nel discorso di Krusciov s’è poi dimostrata
una menzogna. Il revisionismo sovietico non uccise solo il socialismo in
URSS, ma, con la notevole eccezione dell’Albania, la speranza del
socialismo in tutto il mondo.
Questa distruzione del marxismo-leninismo
da parte dei revisionisti sovietici, e cinesi più tardi, portò alla
rinascita del trotzkismo nei Paesi imperiali occidentali. Ed è tale
‘nuova sinistra’ che costituisce l’avanguardia dell’imperialismo
occidentale contemporaneo. In questo senso, Orban ha ragione
sull’analisi su una cospirazione “di sinistra” contro la civiltà,
vedendo oggi il trionfo dell’ideologia trotzkista sotto forma di
sionismo e neo-conservatorismo, dove l’internazionalismo proletario
viene assorbito dai diritti umani internazionali da un lato, e dalla
‘jihad islamico’ dall’altra, una nuova alleanza ‘rivoluzionaria’ in
guerra contro la classe operaia. Basta osservare il pugno chiuso delle
rivoluzioni colorate degli Stati Uniti e l’appello costante alla
ribellione giovanile per capire come il capitalismo ormai approfondisca
la presa sulla umanità con l’appropriazione della simbologia
rivoluzionaria di sinistra.
Infatti, il capitalismo statunitense
contemporaneo, impiegando una frase di Trotskij, è una ‘rivoluzione
permanente’. Oppure, secondo lo stratega statunitense Generale Thomas
Barnett, “la globalizzazione degli USA è pura rivoluzione socio-economica“.
Ma è una rivoluzione che dichiara guerra alla classe operaia. Uno dei
risultati della ‘primavera araba’ in Egitto è stata l’abrogazione delle
leggi sul lavoro che richiedevano alle aziende di pagare i lavoratori
durante i periodi di chiusura degli stabilimenti per mancanza di
domanda. Molti degli scioperi che portarono alla caduta del regime di
Mubaraq furono guidati da organizzazioni sindacali “indipendenti”
finanziate dagli Stati Uniti.
Data l’intransigenza di Orban sulla questione dei profughi, è probabile che USA/Israele sostengano un ‘movimento di protesta popolare’ nel tentativo di effettuare un cambio di regime. Le rivoluzioni colorate spesso comportano il trasporto di migliaia di stranieri sui luoghi delle proteste per opera dei servizi segreti tramite le ONG. Questo accadde in Bielorussia nel 2010. Molti dei giovani che tentano di entrare in Ungheria potrebbero essere usati come ariete per destabilizzare lo Stato-nazione ungherese. Da quando la CIA e le sue numerose ONG nel 2011 fomentarono la ‘primavera araba’, la distruzione totale per mano della NATO della Libia e la guerra per procura contro la Siria, milioni di persone sono divenuti dei rifugiati. Perciò fuggono in Europa.
Ma non è
la ragione principale della ‘crisi’, o meglio dell’attuale fase della
crisi che si aggrava. L’invasione e la distruzione della Libia da parte
della NATO nel 2011, ha creato milioni di disperati che tentano di
attraversare il Mediterraneo. Questa crisi ha avuto diversi tipi di
coperture dai mass media. Ad esempio, l’affondamento di una barca nel
Mediterraneo nel luglio 2015 ebbe solo un articolo di quattro riga sul
quotidiano francese Le Figaro, nonostante il fatto che un centinaio di
persone annegasse! Tuttavia, dopo la pubblicazione della foto del
bambino annegato sulle coste della Turchia nel 2015, la crisi dei
rifugiati entrò in una nuova fase, con la foto del ragazzo in questione
utilizzata come pretesto per dare sostegno pubblico agli attacchi aerei
della NATO contro la Siria al fine di “fermare le stragi”.
Mentre
nessuno sembra sapere quanti siano i siriani tra i migranti in fuga
verso l’Europa, c’era una fissazione dei media su questi migranti in
particolare, nonostante fossero solo una minoranza dei migranti che si
accalcavano al confine ungherese. Il dibattito su cosa dovesse essere
fatto per gestire la crisi dei rifugiati/migranti si accese sul se
dovrebbero o meno essere accolti nei Paesi europei. Tuttavia, questo
dibattito pro o anti-migrante maschera una nuova e assai pericolosa fase
della strategia geopolitica di USA/NATO. Molti dei migranti alla
frontiera ungherese provengono dai campi profughi in Turchia.
Intelligence austriaca ha riferito che le agenzie governative degli
Stati Uniti finanziano l’esodo dei rifugiati in Europa, nel tentativo di
destabilizzare il continente.
Questa nuova iniziativa geostrategica
comporta l’uso di profughi disperati come armi per il divide et impera
sionista-statunitense sul continente europeo. France Radio
Internationale rivelava che oltre il 95 per cento dei migranti attuali
verso l’Europa sono maschi tra i 20 e i 35 anni. Molti dicono di fuggire
dalla coscrizione dell’esercito siriano, che ha perso migliaia di
uomini e donne coraggiosi dall’inizio della guerra sionista al loro
Paese. La preponderanza di giovani maschi in forma tra i cosiddetti
“rifugiati” fu confermata personalmente anche all’autore da giornalisti
della televisione di Stato russa RT. Quando interrogato sulla questione
dei rifugiati dalla francese BMTV, l’ambasciatore russo Aleksandr Orlov
disse “Tutto quello che posso vedere sono giovani fuggire dalla guerra, invece di difendere il loro Paese“.
Allora perché ci sono così poche donne e bambini tra i rifugiati in
fuga dalla guerra in Siria? Il viaggio attraverso il Mediterraneo verso
l’Europa può normalmente costare fino a 11000 dollari, più di quanto la
maggior parte dei lavoratori europei riesce a risparmiare in anni di
duro lavoro, ma ci dicono che milioni di iracheni e siriani devastati
dalla guerra improvvisamente possono pagare tale colossale somma per
andarsene in Europa. Com’è possibile? La glorificazione dei giovani in
fuga dall’arruolamento in Siria, insieme alla demonizzazione degli
eroici uomini e donne in Siria che lottano per la libertà del loro
Paese, è profondamente indicativo della turpitudine morale della nostra
classe dirigente, per cui slealtà e viltà sono i caratteri principali.
A settembre una fotografa ungherese fu ripresa fare lo sgambetto a un rifugiato con un bambino, al confine ungherese. Il video divenne virale. La fotografa ora ha querelato l’uomo che inciampò avendo cambiato la sua versione con la polizia. Petra Laszlo ha sostenuto che era in preda al panico quando i rifugiati le corsero contro. Ci fu molta indignazione nei media aziendali politicamente corretti. Ma i patrioti siriani hanno fatto qualche indagine sulla ‘vittima’ di Laszlo. L’uomo si chiamerebbe Usama Abdalmuhsan al-Ghadab ed è un membro di Jabhat al-Nusra, il gruppo terroristico affiliato ad al-Qaida che ha massacrato migliaia di inermi in Siria. Non si suggerisce che tutti i profughi che tentano di entrare in Ungheria siano terroristi.
Ma
nel contesto di una guerra globale che coinvolge complesse reti
internazionali di terroristi che operano sotto l’egida delle
intelligence statunitensi, israeliane ed europee, tale incidente è un
altro argomento a favore della politica di Orban per attuare la normale
regolamentazione dell’immigrazione. Nel febbraio 2011 il leader libico
Muammar Gheddafi avvertì l’Europa sul pericolo di un’invasione da parte
dei migranti e, in particolare, dei terroristi di al-Qaida se
fosse stato rovesciato. Anche il Presidente della Siria Assad ha
avvertito l’Europa sul pericolo di migliaia di terroristi di al-Qaida
e Stato islamico che arrivano in Europa travestiti da rifugiati. È del
tutto possibile che uno scenario simile si svolga adesso.
Gearóid Ó Colmáin, Global Research, 18 gennaio 2016
Gearóid Ó Colmáin
è un giornalista e analista politico di Parigi, che studia
globalizzazione, geopolitica e lotta di classe. Assiduo collaboratore di
Global Research, Russia Today International, Press TV, Sputnik Radio France, Sputnik inglese, al-Etijah TV, Sahar TV ed è apparso anche su al-Jazeera e al-Mayadeen.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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