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I nostri pronipoti si chiederanno: ‘Perché
i nostri avi non si ribellarono in
massa, sottoposti com’erano alle indicibili pressioni ambientali,
sociali e psicologiche che stavano sgretolando la società degli uomini e
di cui si erano ben resi conto?’
Sarà
difficile rispondere loro. Potremmo accampare scuse quali l’impiego di
una raffinata e
martellante azione di propaganda dei regimi oppure ‘puntare il dito’
sulle operazioni neurodegenerative in atto, trincerandosi dietro la
scusa: ‘eravamo malati e confusi, non potevamo
agire’.
Intanto la manovra a tenaglia continua a flagellare l’America del nord. Al centro notiamo
la depressione economica indotta
che continua a minare paesi che sullo sviluppo costante avevano
poggiato
la loro ragione d’essere. Sulle coste, oltre a ciò, insistono i
disastri ambientali dei cosiddetti ‘incidenti’, quello alla piattaforma
petrolifera della BP, nel Golfo del Messico, e
all’altrettanto tragico ed oscuro evento che ha coinvolto la
centrale atomica di Fukushima in Giappone.
E’ già cominciata una moria in massa di animali acquatici;
tartarughe,
sardine e stelle marine
sono le prime vittime in una prospettiva futura davvero sconfortante:
quella di un oceano silenzioso e sterilizzato. Farmaci
antidepressivi dispensati a iosa, interagiscono in chissà quale
maniera con i veleni ambientali introdotti a forza nei corpi umani
tramite la fluorizzazione delle acque potabili e la diffusione di aerosol tossici delle scie chimiche.
Una prospettiva da tregenda. Possiamo associare a tutto ciò il cibo
ormai totalmente contaminato dai ferali organismi
geneticamente modificati per prevedere un futuro quanto meno
traballante a tutta la popolazione residente in quella parte del globo.
La situazione al di qua dell’oceano (Atlantico) non è più rosea. Governi
illegittimi (almeno secondo il buonsenso popolare)
insistono sadicamente sulle popolazioni inermi, fiaccate da decenni di
irrorazioni chimiche che stanno contribuendo tra l’altro ad
annichilire in toto la flora. Nel ‘blocco Nato’ dilaga la povertà, decine di
milioni sono ormai le persone che faticano a trovare cibo in quello spazio un tempo ‘libero’ e progredito.
Alcuni
si organizzano, con le limitatissime risorse residue a causa della
predazione
economica a cui siamo stati sottoposti, a condurre vite ‘di
emergenza’ in luoghi più o meno sicuri, lontano dai centri urbani. Negli
States si autodefiniscono ‘preppers’
ossia ‘quelli che si preparano’ … a cosa? A vivere in autonomia,
procurandosi il cibo
necessario per sopravvivere e condurre esistenze dignitose senza
l’ausilio delle reti ‘civili’ di fornitura dell’energia e dell’acqua.
Ovviamente si preparano anche all’assenza di giustizia e di
copertura poliziale, armandosi ed autodifendendosi, così come si
addestrano a comunicare in modo alternativo ed a interagire con sistemi
semplici ma efficaci. La tecnologia è ridotta al minimo ed
all’elettronica si preferisce sempre la meccanica. Come faranno però
a preservare il loro DNA?
I preppers, comunque sia, sono il termometro del malumore e vengono additati dalla
propaganda come paranoici sociopatici mentre potrebbero rappresentare una fievole speranza in un futuro prossimo. La ‘maniacalizzazione’ dei comportamenti in fondo è un fenomeno
indotto dalle pressioni che subiamo.
In
Italia la situazione non è dissimile solo che i preppers siamo già
tutti noi. Quasi
tutti si sono già arrabattati a condurre vite minimali, fuori dalla
griglia. Gli italiani sono pronti a rivivere in un contesto ruralizzato
nonostante lo scempio ambientale trascorso ed ancora in
atto. Il boom economico degli anni cinquanta non è stato mai
considerato definitivo ma solo come un treno a cui appigliarsi finché
‘cammina’. La memoria di una vita rurale è ancora
viva nelle menti e non è detto che ciò non diverrà a
breve una risorsa davvero umana. Chi tra i potenti gioca a fare ‘Dio’,
ricreando il reale, incarna invece
il ruolo del pessimo Demiurgo, l’Arconte primitivo che rimodella la sua
gabbia per anime per poterla meglio controllare. Non so perché ma credo
proprio che
stavolta abbia commesso un fatale errore. Questo insieme posticcio
di operazioni traballa sempre più ed una massa preme dalle basi su cui
egli stesso poggia la sua esistenza. Staremo a vedere,
i giochi sono ancora aperti.
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