Gli schizofrenici vivono in universi paralleli? Questa è
la domanda che si pone il Dr. Joseph Valks nel suo articolo dal titolo ‘ Do Schizophrenics Live in Parallel Universes?’. Il nostro inconscio è abitabile da complessi
autonomi che possono attingere ad esperienze e quindi a memorie situate in realtà parallele? Possiamo ricordare come
l’aspetto più sorprendente delle ricerche del Prof. Corrado Malanga
risieda, a mio parere,
proprio nella scoperta della possibilità di trasferire ‘quanti’ di
memoria aliena, attiva o passiva, meccanicamente nella mente degli
addotti. Alcune sostanze psicotrope possono aprire i varchi verso queste dimensioni inaccessibili ai nostri
sensi ma non alla ragione?
Ciò lascerebbe immaginare vite che si manifestano contemporaneamente in più livelli esistenziali
incomprensibili in una visione sostanzialmente antropocentrica e statica dell’universo. Questi piani di realtà paralleli
sono abitati soltanto da noi umani oppure alcuni
‘esseri’ abitano solo in alcuni di essi? Malanga spiega sovente che
una delle cause dei mali del nostro presente sia la pressione che la
razza di alieni definita ‘ringhio’ per il suo linguaggio
ostile, apporta alla nostra dimensione per crearsi una via di fuga
dal suo universo in rapida contrazione. Alcune manipolazioni genetiche a
cui siamo sottoposti servirebbero a creare qui un
contesto a loro compatibile per compiere il salto dimensionale,
abbandonando un universo in rovina prima che collassi su se stesso.
Gli stati quantici e la teoria delle stringhe con i suoi multiversi sembrerebbero giustificare la
compresenza di questi universi paralleli e le loro possibili interazioni dovute ad alterazioni energetiche e dello spazio tempo. In quest’ottica potremmo considerare
i simboli
archetipici come trans-universali: oggetti significanti
in grado di essere letti in diverse dimensioni contemporaneamente,
mantenendo il loro significato. Tornando alla domanda
iniziale, è forse un quesito da porsi seriamente. I recenti studi sugli effetti della molecola DMT sulla psiche sembrerebbero anch’essi disvelare la possibilità di veleggiare tra universi contigui, riscontrandone
esperienze e memorie. L’identità è l’oggetto più sfuggente dell’universo?
Forse si se siamo stati abituati
ad immaginarlo come un’unità, saldamente calata in un contenitore
fisico (il corpo). Ma se la considerassimo come uno degli aspetti
possibili di una sorta di energia trans
dimensionale, quella che Malanga chiama coscienza? Il vero mistero è forse solo dentro di noi, proprio nel labirinto oscuro
delle memorie e delle esperienze, la coscienza appunto
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