“Chi l’ha visto?”
è lo storico programma di RAI 3 dedicato alla ricerca di persone
scomparse. Il format, che trova trasmissioni corrispondenti all’estero,
al confine tra cronaca nera e voyeurismo, tra denuncia e compiacimento,
riesce ad attrarre il pubblico grazie ad un sapiente dosaggio degli
ingredienti compositivi.
La realtà, spesso atroce, dilaniata dal dolore, dalla solitudine, dallo
sradicamento, quasi si trasfigura e si decanta in storie tormentose ma
coinvolgenti. Il racconto è in primo luogo catarsi: senza racconto il
gorgo degli affetti e degli eventi rischia di implodere.
Si è al tempo stesso spettatori più o meno distaccati e, mediante il
meccanismo dell’identificazione, protagonisti di disavventure. Certi
intrecci dell’esistenza reale, come ci insegna Pirandello, spesso sono
più inverosimili di quelli partoriti da una fervida fantasia. Così la
vita si spinge oltre il grigiore quotidiano, anche se il movimento è
azzardo, fuga verso l’ignoto, corsa sul margine dell’abisso.
Come nei romanzi, anche nella novellistica televisiva è fondamentale il
ruolo della voce narrante: nella puntata del 15 gennaio 2014, Dean
Buletti ci conduce nel plot di Giancarlo Dessena, un giovane sardo
scomparso qualche mese addietro. E' prima dipinto il ritratto del
giovane. L’ineffabile giornalista indugia su alcuni aspetti psicologici:
è un ragazzo eccentrico, solitario, amante della natura. Si insiste
proprio sul suo amore per la natura, come se fosse una nota bizzarra…
Non basta: Buletti, ad un certo punto, insinua che Giancarlo Dessena è
un visionario, poiché si interessa al problema delle “scie chimiche”
che, invece, sono “scie di condensazione” (sic). La RAI, come le altre
reti di regime, ribadisce la sua posizione negazionista, la sua funzione
di strumento atto ad annebbiare le menti.
In quale contesto si inquadra il depistaggio in esame? Nell’ambito di
una trasmissione, per certi versi utile, ma nata sotto il segno
dell’ambiguità: l’insistenza sul problema delle missing persons
non sarà un espediente? Non dovrà prima o poi convincere i cittadini a
lasciarsi inserire un microchip sottocutaneo? Sappiamo che la feccia che
pilota i media non ha alcuna premura: agisce per gradi, con sadica
lentezza. L’itinerario è sempre il medesimo: problema: sparizione di
adolescenti, anziani, donne sole etc.; reazione: bisogna trovare un
rimedio, un modo per evitare tutte queste scomparse; risoluzione:
microprocessore sottopelle.
Tra l’altro ben sappiamo chi sono gli autori di molte “eclissi”: gli
stessi che poi fingono di prodigarsi per ritrovare coloro che si sono
dileguati. E’ come nel caso degli omicidi rituali, su cui la redazione
di “Chi l’ha visto?’” indaga con zelante sprovvedutezza, con acuta
cecità. Gli assassini sono là dove nessuno pensa di cercarli.
Stride comunque con l’ostentato “coraggio” di talune inchieste, la
pusillanimità con cui codesti segugi senza olfatto si rifiutano di
seguire le orme che conducono a casi scottanti: l’inchiesta su Davide Cervia si è mummificata, non appena si è sfiorato, su nostra segnalazione telefonica, il “Progetto R.F.M.P.”; di Franco Caddeo, come denunciato da Gianni Lannes, gli investigatori della polpetta non hanno mai voluto occuparsi.
Insomma, la spettacolarizzazione del dolore va bene, ben venga pure qualche reportage
che dimostri quanto sono intrepidi i nostri eroi catodici. Moralismo e
buoni sentimenti si sprecano. Oltre non si va, semmai si disinforma
sulla geoingegneria clandestina in stile “Superkatz” o “Clistero” con i predicozzi di Adam Katzmon...
Questo è il disservizio, pardon, servizio pubblico ed il canone va pagato! Dobbiamo regalare una mise da Superwoman alla Scia-relli.
fonte: http://www.tankerenemy.com/2014/01/se-la-sciarelli-scivola.html
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