Le organizzazioni internazionali denunciano
regolarmente: la violazione dei diritti dei giornalisti e dei blogger,
l’uccisione dei giornalisti, le persecuzioni penali contro i mass media,
la pressione sulle emittenti pubbliche e varie altre restrizioni,
trascurando però il fatto che tutto ciò riguarda non solo regimi
totalitari o Paesi arabi: con arroganza o manovre varie, la libertà di
parola viene violata ovunque.
In tutta Europa, già da
tempo, è diventato “normale” concordare con le persone di potere i testi
degli articoli e delle interviste: i collaboratori dei VIP “redigono”
le domande dei giornalisti. In alcuni Paesi il tribunale può imporre ai
mass media multe per calunnie e reati contro la privacy, obbligarli a
porgere le scuse ufficiali. In Gran Bretagna si discute sull’opportunità
di creare delle commissioni preposte al controllo dei mass media. Di
che si tratta? Di una nuova censura o di un tentativo di far ragionare i
giornalisti che hanno “oltrepassato ogni limite”? Un esempio recente.
In Norvegia lo storico Bjorn Nistad è stato dichiarato persona non grata
nel proprio Paese per essersi espresso in disaccordo con la posizione
assunta dalle autorità europee sulla vicenda ucraina. Ora rischia di
perdere il suo posto di lavoro e la possibilità di insegnare.
La
libertà di parola è solo un’illusione, come anche la libertà assoluta.
Le persone e gli organi d’informazione dipendono dalle circostanze,
dalle congiunture politiche, dai soldi e anche da se stessi. Rincorrendo
la “notizia”, i proprietari dei mass media sono pronti a pubblicare
qualunque cosa. Nei dibattiti televisivi, sulle pagine dei giornali, la
gente è pronta a fare a pezzi i propri oppositori, ma con metodi
“civili”, cioè manipolando le parole.
Ecco che cosa
pensa della libertà di parola il giornalista e scrittore italiano,
direttore della rivista trimestrale “Reportage”, Riccardo De Gennaro.
Sì, in Italia c’è libertà di parola. Perfino di parolaccia, come dimostrano alcuni dei nostri politici o sedicenti tali. La libertà di parola dovrebbe coincidere con la libertà di pensiero, garantito dalla nostra Costituzione, ma spesso dietro la parola non c’è nemmeno un pensiero. In Italia molti parlano a vanvera, senza conoscere, senza sapere, senza informarsi. Ogni dibattito (sia esso politico, sportivo, culturale, o di politica estera) si trasforma spesso in uno scontro tra “tifosi” di una tesi o della tesi opposta.
Oggi si usa parlare
male della Russia, dire che in Russia la gente è priva di ogni diritto,
mentre in Europa e negli USA tutto è possibile. Precisiamo che la legge
russa non prevede alcuna punizione per la critica allo Stato o agli
organi di potere (in conformità all’articolo 319 del Codice penale è
perseguibile soltanto l’offesa al pubblico ufficiale in relazione
all’adempimento dei suoi doveri, mentre la Legge Federale “Sul contrasto
all’attività estremista” consente di qualificare come estremismo
l’offesa in pubblico alle massime autorità dello Stato).
Il
Codice penale della Germania, invece, contiene ben tre commi (§90,
§90а, §90b) che puniscono l’offesa al Cancelliere, al Presidente, allo
Stato, ai simboli statali, agli organi di potere e ai loro
rappresentanti. Dette disposizioni del Codice prevedono non solo multe,
ma anche pene fino a 5 anni di carcere.
Ogni testata
segue la propria filosofia e sceglie informazioni secondo la propria
politica redazionale. Chi non vuole scrivere in sostegno del governo può
cambiare lavoro e farsi assumere da una testata d’opposizione. E non è
mica necessario avvelenare il pozzo dal quale si beve. La libertà di
parola non c’entra, è questione di autocensura, dice Riccardo De
Gennaro.
Аnche nei giornali c’è libertà di parola, raramente ci sono censure visibili, perché è lo stesso giornalista ad autocensurarsi, prima di poter essere eventualmente censurato. Un giornalista che scrive per una determinata testata vi si attiene completamente, quando deve scrivere di un fatto, alla linea politica decisa dall’editore che lo retribuisce. È per questo che nei corsi di giornalismo si invita sempre ad acquistare più giornali per valutare una notizia.
A quanto
pare, la libertà di parola già da tempo ha perso il suo valore
originale. Viviamo nell’epoca della crisi dei significati, dove si
scatenano le correnti delle informazioni false che non si possono
destinguere da quelle obiettive. Le opinioni personali non esistono più,
regnano compilazioni, link e hyperlink. Quindi, la libertà di parola
deve rigenerarsi nella nuova realtà 2.0.
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