«L’acqua è la sostanza da cui traggono origine tutte le cose; la sua scorrevolezza spiega anche i mutamenti delle cose stesse. Questa concezione deriva dalla constatazione che animali e piante si nutrono di umidità, che gli alimenti sono ricchi di succhi e che gli esseri viventi si disseccano dopo la morte».Questo scriveva sull’acqua Talete di Mileto, filosofo della Grecia antica tra i più vicini, assieme ad Aristotele, alla contemplazione filosofica di stampo occidentale.
Parole che non nascondono affatto l’importanza attribuita al prezioso elemento che, sin dagli albori dei tempi, condiziona ogni dinamica, biologica e non, del nostro amato pianeta. Elemento che compare nei miti ancestrali, nei culti efesini e nelle mitiche divinazioni della profana regina Olimpiade di Samotracia, madre di Alessandro il grande: proprio in acqua lo partorì, narra il mito, avvolta nelle spire di un sinuoso serpente tanto sinistro quanto regale.
L’acqua: musa ispiratrice fin dall’antichità
Elemento, l’acqua, che ben si presta al mito, alla poesia e a tutte le licenze poetiche che la prassi artistica conviene come, altresì, seppur in tempi più recenti, ha vestito i panni di musa ispiratrice per una tipologia di indagine totalmente più empirica e scientifica. Ho esaminato negli articoli precedenti i preziosi contributi in tal senso, di scienziati quali Benveniste ed Emoto i quali, con rigorosa prassi metodologica, ne hanno investigato le proprietà fisico-chimico-energetico-strutturali.
Emilio Del Giudice e la differente interpretazione della “memoria dell’acqua”
Se da un lato l’analisi benvenistiana volgeva la propria attenzione verso un aspetto più prettamente “dinamico” dell’acqua, inteso forse meglio come serie di succussioni finalizzate alla trasmissione sottile del principio curativo (ambito omeopatico, “il simile cura il simile”), dall’altro l’approccio emotiano concepiva una metodica di osservazione certamente più votata all’aspetto strutturale, essendo quest’ultimo il risultato della diversa esposizione informazionale a fonti differenti, come suoni, parole o emozioni. A queste due soluzioni interpretative, indubbiamente calzanti, se ne aggiunge una terza, alternativa e complementare allo stesso tempo: quella di Emilio Del Giudice (1940-2014), fisico teorico italiano pioniere nella formulazione della teoria delle stringhe.
Napoletano appassionato, verace e diretto del quale si possono, per portata, ricordare le ricerche svolte presso l’Istituto nazionale di fisica nucleare, unite alla collaborazione con Giuliano Preparata, celeberrimo teorico di fisica a livello mondiale; proprio con quest’ultimo elaborò quei princìpi tanto discussi sull’elettrodinamica quantistica (QED), i quali riaccesero un tanto sopito quanto inatteso dibattito sopra la materia della “memoria dell’acqua”, previa attivazione elettromagnetica molecolare.
Forse provocatoria ma certo coraggiosa l’affermazione di Del Giudice secondo la quale, con il plauso di Montagnier, si poteva supporre una sorta di relazione “sessuale” tra le molecole d’acqua, ponendole come controparte simbolica di una dualità poligamo-monogama certamente sintesi di una facoltà di scelta attivante precisi processi biochimici.
Ne scaturiva una riflessione, diretta conseguenza delle premesse poc’anzi esposte: come possono talune molecole determinare il proprio percorso in un tempo indicibilmente veloce quale quello di una reazione fisico-biologica?
La “non monogamia molecolare” dell’acqua secondo Del Giudice
«Quando in un sistema di reazione vengono inserite le materie prime, regolate le sostanze fisiche e le molecole si urtano, producono un gran numero di specie chimiche. Sono esseri poligami promiscui... Se le molecole non hanno indicazioni specifiche “vanno con il primo che capita”, e in breve si producono tutte le specie compatibili», questo il responso irreprensibile di Del Giudice. Metabolizzata questa assonanza sulla presunta, o meno, non monogamìa molecolare, occorre prendere atto della velocità certamente maggiore delle reazioni all’interno del nostro organismo.
L’interazione “identificativa” tra molecole è di stampo elettromagnetico; questo il funzionamento dei sistemi biologici, che si aggiunge alla precedente concezione esclusivamente “biochimichista”.
Famoso, in pertinenza a quanto esposto, è l’esempio, citato dallo stesso Del Giudice, del comportamento del vapore acqueo: alla soglia dei 100 °C l’acqua passa di fase in maniera coordinata seguendo un “input” di chiaro stampo elettromagnetico.
Se, al contrario, lo stesso processo fosse diretto da leggi esclusivamente chimiche e termiche, assumerebbe un comportamento sicuramente più casuale e non coordinato, contraddicendo quella perfetta simultaneità degli eventi che giustifica la concezione asserita in partenza.
Emilio del Giudice, napoletano di nascita, tanto quanto d’estrazione: quella stessa immediatezza comunicativa elaborata nei sunti delle ricerche scientifiche condotte, trova perfetto riscontro nella dimensione certo non meno evocativa, della spontaneità partenopea, magnificamente rappresentata da Eduardo de Filippo e Massimo Troisi: proprio quest’ultimo, nel film Il postino, regala a un lontano, ma mai dimenticato Pablo Neruda, uno scorcio di massima poesia, una parentesi fulminea di eccelsa ispirazione ispirata, prosaicamente, da una vaga contemplazione dell’acqua.
«Il rumore del mare», scrive Mario Ruoppolo al poeta Neruda. Perché ricordasse la grandezza che aveva smarrito e che, solo nel silente ascolto dell’acqua, poteva ritrovare.
Emanuele Cangini
fonte: http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/emilio-del-giudice-e-l-acqua.php
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