Non credete minimamente a ciò che dico. Non prendete nessun dogma o libro come infallibile. (Buddha)
giovedì 23 luglio 2015
La storia falsificata per secondi fini
In un articolo del 13 aprile avevo usato la cosiddetta Guerra Civile, e i miti che gli storici cortigiani vi hanno ricamato sopra, per mostrare come la storia venga falsificata per supportare delle agende di interessi. Avevo fatto notare che si trattò di una guerra di secessione, non di una guerra civile, in quanto il Sud non stava combattendo il Nord per conquistare il governo a Washington. Per quanto concerne la schiavitù, tutte le dichiarazioni di Lincoln dimostrano che egli non era né per i neri né contro la schiavitù.
Tuttavia lo si è fatto diventare un eroe dei diritti civili, e la guerra di aggressione da parte del Nord, il cui scopo, come affermato ripetutamente da Lincoln, era di “preservare l’unione” (ovvero l’impero), è stata trasformata in una guerra per liberare gli schiavi.
Riguardo alla Proclamazione di Emancipazione, Lincoln disse che era “una misura pratica per la guerra”, che avrebbe aiutato a sconfiggere il Sud e avrebbe convinto l’Europa, la quale stava prendendo in considerazione di riconoscere la Confederazione, che Washington era motivata da “qualcosa di più della pura ambizione”.
La proclamazione liberò soltanto gli schiavi della Confederazione, non dell’Unione. Come affermò il Segretario di Stato di Lincoln: “Abbiamo emancipato gli schiavi dove non li possiamo raggiungere e li teniamo prigionieri dove li potremmo liberare.”
Alcuni lettori hanno contestato la verità e fatto diventare la constatazione di fatti storici una difesa razzista della schiavitù. Nell’articolo sotto riportato, il ben noto afro-americano Walter Williams spiega che la guerra si combatté per il denaro, non per la schiavitù. Così come gli ebrei che dicono la verità sulle politiche di Israele vengono definiti “ebrei che odiano se stessi”, magari Walter Williams verrà definito “un nero che odia se stesso”? L’invettiva viene usata come difesa contro la verità.
Spiegare le cose con il razzismo può essere molto fuorviante. Per esempio, viene ora dato per certo che i poliziotti siano razzisti perché uccidono senza motivo gli americani neri e la fanno quasi sempre franca. Ecco l’esempio di come un fatto vero possa venire pericolosamente misinterpretato. Di fatto, i poliziotti uccidono più bianchi che neri, e la passano franca anche con quei delitti. Perciò, la spiegazione come fa ad essere la razza?
La vera spiegazione è che i poliziotti sono stati militarizzati e addestrati a considerare il pubblico come un nemico che deve essere prima sopraffatto con la forza e poi interrogato. Questo è il motivo per cui così tanti innocenti, di ogni razza, vengono brutalizzati e uccisi. Senza dubbio alcuni poliziotti sono razzisti, ma nel complesso il loro atteggiamento verso il pubblico è brutale con tutte le razze, i sessi e le età. La polizia è un pericolo per tutti, non solo per i neri.
Vediamo lo stesso errore nel caso della bandiera da battaglia della Confederazione.
Leggendo alcuni resoconti sul recente massacro nella chiesa di Charleston, ho avuto l’impressione che il responsabile fosse la bandiera da battaglia della Confederazione, anziché Dylann Roof, l’assassino. Quanti affermano che quella bandiera sia un “simbolo d’odio” potrebbero aver ragione: forse è il simbolo del loro odio per il “Sud bianco”, odio che risale alla falsa interpretazione della cosiddetta “Guerra Civile”. Come ha fatto notare un commentatore: se sventolare per 4 anni sulla schiavitù ha reso la bandiera confederata un simbolo d’odio, sventolare sulla schiavitù per 88 anni, come ha fatto la bandiera USA, cosa la rende?
Sui campi di battaglia, le bandiere sono semplici strumenti informativi per mostrare ai soldati dove sono le loro linee. All’epoca della polvere nera, le battaglie producevano enormi nuvole di fumo che oscuravano la linea tra le forze avversarie. Nella prima battaglia di Bull Run, la somiglianza delle bandiere causò confusione.
Così nacque la bandiera da battaglia della Confederazione. Non aveva niente a che fare con l’odio.
Gli americani nati in uno stato centralizzato non sanno che i loro antenati si consideravano prima di tutto come residenti dei rispettivi stati, e non come americani. La loro fedeltà andava allo stato. Quando venne offerto a Robert E. Lee di comandare l’Esercito Unionista, egli rifiutò in quanto era della Virginia e non poteva andare in guerra contro la sua terra natale.
E’ stato creato un mito senza senso, per il quale i sudisti avevano schiavi neri perché erano e sono razzisti. La realtà è che gli schiavi vennero portati nel nuovo mondo come manodopera per praticare agricoltura su vasta scala. I primi schiavi erano bianchi, condannati alla schiavitù secondo i codici penali europei. L’Encyclopedia Virginia riporta che “i lavoratori detenuti potevano essere comprati a un prezzo minore dei lavoratori vincolati bianchi o degli schiavi africani, e poiché essi già esistevano al di fuori delle regole sociali, potevano venire sfruttati più facilmente.”
La schiavitù bianca prendeva anche la forma della servitù vincolata, nella quale i bianchi servivano sotto contratto come schiavi per un tempo stabilito. Anche i nativi americani vennero resi schiavi. Ma i bianchi e i nativi si dimostrarono forza lavoro non soddisfacente per l’agricoltura di vasta scala. I bianchi non resistevano alla malaria e alla febbre gialla. Si scoprì invece che alcuni africani vi resistevano, ed erano anche abituati ai climi caldi. Gli africani diventarono la forza lavoro preferita perché sopravvivevano meglio.
Gli schiavi erano più diffusi nelle colonie del Sud che nel Nord perché i terreni del Sud erano più adatti per l’agricoltura di vasta scala. Al tempo della Rivoluzione Americana il Sud era già specializzato nell’agricoltura, e la schiavitù era un’istituzione ereditata, di molto precedente sia agli Stati Uniti che agli Stati Confederati d’America. I proprietari di schiavi erano una percentuale molto piccola della popolazione, perché pochi erano i proprietari di grandi tenute che producevano beni agricoli per l’esportazione.
Lo scopo della schiavitù era di avere una forza lavoro per coltivare la terra. I proprietari di grandi terreni volevano braccianti, non importa di che colore. Prove e tentativi rivelarono che alcuni africani sopravvivevano meglio alla malaria, e per questo vennero preferiti gli africani. Non esisteva un mercato del lavoro libero. La frontiera in espansione offriva ai bianchi poveri terra di loro proprietà, che essi preferivano al lavoro agricolo salariato.
Spiegare la schiavitù e la Confederazione con il razzismo potrà essere funzionale a qualche agenda, ma non è storico.
Le spiegazioni non sono giustificazioni. Ogni istituzione, vizio, virtù, e lo stesso linguaggio, ha le sue radici.
Ogni istituzione e ogni causa viene difesa da interessi particolari. Ci sono stati alcuni tentativi, come la rivoluzione francese o quella bolscevica, di rifare il mondo in un giorno buttando a mare tutte le istituzioni esistenti, ma quei tentativi hanno fatto una brutta fine.
Le continue accuse di razzismo possono creare e perpetuare il razzismo, così come la costante propaganda proveniente da Washington sta creando l’islamofobia e la russofobia nell’opinione pubblica americana.
Dovremmo stare attenti alle parole che usiamo, e rigettare le spiegazioni che hanno secondi fini.
I lettori mi chiedono sempre: “cosa possiamo fare?” La risposta è sempre la stessa: non possiamo fare nulla a meno che siamo informati.
Da LewRockwell.com:
Lewrockwell.com/
La verità storica
di Walter E. Williams
Chiamiamo la guerra del 1861 Guerra Civile. Ma è così? Una guerra civile è una lotta tra due o più entità che cercano di conquistare il governo centrale. Il presidente confederato Jefferson Davis non ambiva a conquistare Washington DC più di quanto George Washington ambisse a conquistare Londra nel 1776. Entrambe le guerre, quella del 1776 e quella del 1861, furono guerre per l’indipendenza. Per riconoscerlo non occorre approvare gli orrori della schiavitù. Ci potremmo chiedere: quanto aveva a che fare la guerra con la schiavitù?
Il presidente Abramo Lincoln voleva davvero rendere la schiavitù illegale? Vediamo le sue parole. In una lettera del 1858, egli disse: “Ho dichiarato un migliaio di volte, e lo ripeto ancora, che nella mia opinione né il governo generale né alcun altro potere esterno agli stati schiavisti può interferire costituzionalmente o con diritto in materia di schiavi o schiavitù dove essa già esiste.” In un discorso tenuto a Springfield, Illionois, Lincoln spiegò: “Le mie dichiarazioni in merito alla schiavitù dei negri si potranno rappresentare male, ma non mi si può fraintendere.
Ho detto che a mio avviso la Dichiarazione di Indipendenza non intendeva significare che tutti gli uomini siano creati uguali sotto ogni aspetto.” Dibattendo con il senatore Stephen Douglas, Lincoln affermò: “Non sono, né mai sono stato, a favore di far diventare i negri elettori o giurati, di permetter loro di ricoprire incarichi o sposarsi con i bianchi; e aggiungerò che c’è una differenza fisica tra la razze bianca e nera, differenza che credo proibirà per sempre che le due razze convivano in termini di uguaglianza sociale e politica.”
E che dire della sua Proclamazione di Emancipazione? Ecco le sue parole: “La considero una pratica misura di guerra, da valutare secondo i pro e i contro che potrebbe offrire nella repressione della ribellione.” E scrisse anche: “Ammetto che l’emancipazione ci aiuterebbe in Europa, e convincerebbe gli europei che siamo motivati da qualcosa di più della pura ambizione.” Quando Lincoln abbozzò la prima proclamazione, la guerra stava andando male per l’Unione. Londra e Parigi stavano considerando di riconoscere la Confederazione e di aiutarla nella guerra contro l’Unione.
Inoltre, la Proclamazione di Emancipazione non era una dichiarazione universale: essa specificava dettagliatamente dove gli schiavi dovevano essere liberati, ovvero solo negli stati “che si ribellavano agli Stati Uniti”. Negli stati che non si ribellavano, come il Kentucky, il Maryland, il Delaware e il Missouri, gli stati restavano schiavi. L’ipocrisia della Proclamazione di Emancipazione venne sottoposta a dure critiche. Lo stesso segretario di stato di Lincoln, William Seward, commentò sarcasticamente: “Abbiamo emancipato gli schiavi dove non li possiamo raggiungere e li teniamo prigionieri dove li potremmo liberare.”
Lincoln in effetti aveva elaborato una visione della secessione che sarebbe stata appoggiata ben volentieri dalla Confederazione: “Ovunque, ogni popolo che ne abbia l’inclinazione e la capacità ha il diritto di sollevarsi per rovesciare il governo esistente e di formarne uno nuovo ad esso più confacente… E tale diritto non è limitato ai casi in cui l’intero popolo sottoposto a un governo decida di esercitarlo. Qualsiasi porzione di detto popolo può fare la rivoluzione e impadronirsi del territorio in cui abita.”
Lincoln espresse tale visione in un discorso del 1848 al parlamento, appoggiando la guerra con il Messico e la secessione del Texas dal Messico. Come mai non ebbe lo stesso sentire nei riguardi della secessione del Sud? Seguire il denaro potrebbe aiutarci a trovare una risposta. Per gran parte della storia del nostro paese, le uniche fonti di introito federale sono state le tasse e le tariffe. I porti del Sud nel 1859 pagavano il 75% delle tariffe. Quale politico “responsabile” avrebbe rinunciato a tanto introito?
Paul Craig Roberts
Fonte: Paul Craig Roberts.org
Nelle foto sopra: un dipinto della guerra di secessione
Nella foto: sotto Abramo Lincoln in una foto d’epoca
Traduzione: Anacronista
http://www.controinformazione.info/la-storia-falsificata-per-secondi-fini/#more-12031
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