©
Foto: Flickr
Il Tribunale Amministrativo di Tallin ha respinto ieri la mia richiesta formale di cancellazione della decisione di mettermi in stato di detenzione e di espellermi, eseguita lo scorso dicembre dal Ministero degl’interni della Repubblica di Estonia.
Le
motivazioni di questo rifiuto — che sostanzialmente ratifica una
decisione illegale eseguita in violazione delle più elementari norme di
rispetto dei diritti umani — non sono ancora note. Ma la sostanza è
chiara: un atto di arbitrio è stato compiuto nei confronti di un
cittadino europeo, impedendogli di tenere una conferenza che aveva il
seguente, pericolosissimo titolo: "L'Europa deve avere paura della
Russia?"
In effetti una delle ragioni ufficiali della mia espulsione dall'Estonia è stata proprio questa: il sottoscritto costituiva una "minaccia alla sicurezza nazionale dell'Estonia". Tecnicamente ogni paese dell'Unione Europea ha il diritto di difendere la propria sicurezza nazionale e di prendere le opportune misure in tal senso. Resta dunque da dimostrare in che cosa io avrei rappresentato una tale minaccia. E, per giunta, resta da dimostrare il fatto, davvero singolare, che io avrei rappresentato una tale minaccia, ma solo per la durata di un mese. Dopodiché io avrei smesso di essere "minaccioso". Infatti il decreto di fermo e di successiva espulsione aveva una data di scadenza, precisamente il 15 gennaio 2015.
Ma c'è altro da ricordare alle autorità giudiziarie estoni. Io fui
prelevato dal mio albergo da un gruppo di agenti, che non avevano — e
infatti non esibirono, su mia richiesta — alcun mandato di fermo. E già
questo fu un atto di totale arbitrio. Solo diversi giorni dopo il mio
ritorno in patria ricevetti le motivazioni. Seconda violazione delle
norme (anche di quelle estoni, oltre che di quelle europee). Fui
trattenuto in camera di sicurezza alcune ore e, infine, liberato, dopo
perquisizione personale e dei miei bagagli, e dopo sequestro del mio
cellulare — solo per il deciso intervento dell'Ambasciatore italiano a
Tallinn, Marco Clemente (che qui torno a ringraziare per la sua
intransigente difesa dei miei diritti di cittadini europeo). Tutto
questo senza che io venissi messo a conoscenza delle ragioni di un tale
trattamento.
La seconda accusa che ricordo è la seguente: io avrei "incoraggiato e sostenuto il genocidio del popolo estone". Questa accusa è stata imbastita sulla base di un'intervista che io feci, anni prima, a Arnold Meri, eroe dell'Unione Sovietica, ora defunto senza essere stato condannato da nessun tribunale estone. In quella intervista — che esibirò nelle successive istanze giudiziarie — non esiste una sola riga che possa giusitificare una tale, del tutto infamante, accusa.
In realtà, come ben si capisce, le raffazzonate accuse sono servite per impedirmi di tenere la conferenza che avevo in programma. Cioè per impedirmi di esprimere le mie opinioni politiche. Ciò in patente violazioni delle norme vigenti nell'Unione Europea. A gennaio, lasciando l'Estonia, dichiarai che, se il Tribunale Amministrativo avesse riconosciuto l'illegalità dell'azione nei miei confronti, io avrei rinunciato a proseguire l'azione legale. Alla luce dei fatti annuncio che intendo denunciare il Ministero degli Interni di Estonia per le calunnie e le offese che si è permesso di esibire nei miei confronti. E annuncio che, nello stesso tempo adirò al Corte Europea per Diritti Umani. Come chiunque comprende, questa vicenda trascende la mia persona e implica vaste e rilevanti questioni politiche. L'Estonia dovrà dimostrare se è parte dell'Europa antinazista. E l'Europa dovrà dimostrare su quale territorio sono validi I principi che essa proclama come fondanti.
I carri armati americani Abrams arrivano in Estonia per le esercitazioni della NATO - ©
REUTERS/ Ints Kalnins
In effetti una delle ragioni ufficiali della mia espulsione dall'Estonia è stata proprio questa: il sottoscritto costituiva una "minaccia alla sicurezza nazionale dell'Estonia". Tecnicamente ogni paese dell'Unione Europea ha il diritto di difendere la propria sicurezza nazionale e di prendere le opportune misure in tal senso. Resta dunque da dimostrare in che cosa io avrei rappresentato una tale minaccia. E, per giunta, resta da dimostrare il fatto, davvero singolare, che io avrei rappresentato una tale minaccia, ma solo per la durata di un mese. Dopodiché io avrei smesso di essere "minaccioso". Infatti il decreto di fermo e di successiva espulsione aveva una data di scadenza, precisamente il 15 gennaio 2015.
Io, al fine di verificare il senso del pericolo del governo estone, mi recai nuovamente a Tallin una settimana circa dopo la scadenza della "minaccia" attribuitami. E scoprii che non ero più "minaccioso", ma solo "sgradito". Tant'è che mi lasciarono fare la stessa conferenza che mi avevano impedito a dicembre, ma fuori dalla capitale, in una cittadina distante qualche chilometro. E scoprii che qualcuno aveva "suggerito" agli hotel cittadini di non ospitarmi in alcun senso.
Il Tribunale di Tallinn ritiene evidentemente che una tale procedura sia corretta e legittima. Mi spiace anche per i miei concittadini estoni. Ma c'è un terzo punto da evidenziare. Quali le "ragioni" addotte, a posteriori, per il mio fermo e la successiva espulsione? Ne elenco solo alcune che, da sole, dimostrano l'incongruo pasticcio in cui l'Estonia si è cacciata. Io avrei costituito (per un tempo, chissà perché, limitato a un mese) una minaccia per l'Estonia in quanto mi proponevo di "ricostituire, con ogni mezzo, l'Unione Sovietica". Un piano del genere non si può realizzare in un mese. E allora perché limitare a un mese la mia espulsione e non renderla permanente? Mistero. Ma poi bisogna dimostrare questa accusa. E cioè bisogna portare le prove. Ovviamente queste prove, per un mese o per l'eternità, non esistono.
La seconda accusa che ricordo è la seguente: io avrei "incoraggiato e sostenuto il genocidio del popolo estone". Questa accusa è stata imbastita sulla base di un'intervista che io feci, anni prima, a Arnold Meri, eroe dell'Unione Sovietica, ora defunto senza essere stato condannato da nessun tribunale estone. In quella intervista — che esibirò nelle successive istanze giudiziarie — non esiste una sola riga che possa giusitificare una tale, del tutto infamante, accusa.
In realtà, come ben si capisce, le raffazzonate accuse sono servite per impedirmi di tenere la conferenza che avevo in programma. Cioè per impedirmi di esprimere le mie opinioni politiche. Ciò in patente violazioni delle norme vigenti nell'Unione Europea. A gennaio, lasciando l'Estonia, dichiarai che, se il Tribunale Amministrativo avesse riconosciuto l'illegalità dell'azione nei miei confronti, io avrei rinunciato a proseguire l'azione legale. Alla luce dei fatti annuncio che intendo denunciare il Ministero degli Interni di Estonia per le calunnie e le offese che si è permesso di esibire nei miei confronti. E annuncio che, nello stesso tempo adirò al Corte Europea per Diritti Umani. Come chiunque comprende, questa vicenda trascende la mia persona e implica vaste e rilevanti questioni politiche. L'Estonia dovrà dimostrare se è parte dell'Europa antinazista. E l'Europa dovrà dimostrare su quale territorio sono validi I principi che essa proclama come fondanti.
Nessun commento:
Posta un commento