Chi capisce? Non può
essere un “qualcuno”. Questo è doloroso. Si. Molto doloroso. I
cristiani la chiamavano la “Notte nera dell’anima”. Ricordati che è
sempre l’entità “me” che ha bisogno di mettere un nome attorno al
termine “Chi?” Esso non può vivere con il fatto che non è mai esistito
un “Chi”. Allora, nella sua disperazione cerca un Maestro e supplica
di dargli una risposta al “Chi”.
Se deve avverarsi un atto di
compassione verso questo povero cercatore, se il Maestro è impotente
sia ad essere complice sia ad ostruire questo effluvio di compassione,
nasce un concetto. Un concetto che serva da ciambella di salvataggio al
cercatore che sta annegando.
Un concetto chiamato ”Coscienza” o
“Coscienza-a-riposo” o “Sorgente”, o “Consapevolezza non consapevole di
se s tessa” o “Pura Soggettività” o “Vuoto” o “Pieno della
potenzialità” o qualunque altra cosa. Solo per alleviare la sofferenza
del cercatore.
Poiché quando l’ “Io” cade, chi avrà ancora bisogno di
questi concetti, chi avrà bisogno della risposa al “Chi?” Quello che è
il “Chi”, essendo la totalità di cio’ che E’, avrà ancora bisogno
della risposta al “Chi”?
Allora può ancora sorgere questo genere di domanda?
Tutto cambia?
Paragonato a che
cosa? Paragonato a tutto il resto che sta pure cambiando? Come si può
fare questo paragone e da chi? Da qualcuno che sta cambiando anche lui?
Allora da che posizione può essere fatto il cambiamento? Il fatto che
non c’è un vero punto di paragone per determinare se il cambiamento è
un fatto, rivela la verità della situazione. Il cambiamento è apparente, ma non reale.
La permanenza, la costanza può essere trovata solo in relazione
al cambiamento, se si crede che sta avvenendo il cambiamento. I nostri
sistemi nervosi sono costruiti per determinare il cambiamento e così
il cambiamento ci sembra reale, in relazione al modo in cui il nostro
sistema nervoso costruisce dei dati comparativi. Eppure
un’investigazione più accurata mostra che il nostro sistema nervoso
fabbrica da sé i suoi paragoni basati sulle proprie ipotesi. Possiamo
così affermare che il flusso è immobile, eterno, senza tempo e non
paragonabile. Si può dire che la relatività dunque non è né la verità
ultima né un’illusione.
Un organismo destinato a presumere paragoni e
cambiamenti non può accertare il vero stato delle cose, qualunque esso
sia. Pure si potrà accertare la finzione del rendiconto della realtà
data da quell’organismo. Il che significa che il cambiamento è una
verità relativa nei limiti dettati dalla struttura organizzativa e dal
modo di riferire i dati di un organismo - ma la struttura
dell’organismo non deve rappresentare un limite alla consapevolezza.
Poiché il mio flusso è eterno, non sono in una relazione comparativa
con la totalità che è il mio essere.
Quindi non sono mai nato, malgrado le innumerevoli nascite e morti.
Tutti i fenomeni parlano di me - io sono in te e tu sei in me, e siamo nel clown Bozo.
da the-covenant.net
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