Un tempo il latte era un alimento il cui valore non si metteva in discussione. Oggi, molti di noi si sentono meglio se lo evitano. Si è detto che il latte non è più quello di una volta, che le mucche invece di pascolare sui prati e brucare l’ erba vivono in allevamenti intensivi dove vengono nutrite con pastoni, imbottite di antibiotici e vengono munte a ritmi così innaturali che alla fine crepano prima del previsto. Si è anche detto la pastorizzazione e l’ omogeneizzazione hanno cambiato le qualità originarie del latte, trasformando questa bevanda in qualcosa di poco salutare. Più di recente, è stata proposta una nuova teoria, che pone l’accento sulla genetica della vacca, più che sulla manipolazione del latte.
Secondo il Dr Kevin Woodford, Professore di Farm Management and Agribusiness
alla Lincoln University, Nuova Zelanda, circa 5000 anni fa la
Beta-Caseina, una proteina presente nel latte, si è trasformata. Nella
sua catena di 229 amminoacidi, in posizione 67, la prolina è stata
sostituita con l’istidina. Da quel momento esistono due tipi di mucca,
l’A2, quello più antico e l’A1, quello che produce il latte con la
proteina trasformata, chiamata Beta-Caseomorfina-7 (B-CM7).
Per ragioni ancora poco chiare, il gene
della caseina A1 si è largamente diffuso in Europa. Secondo alcuni, la
ragione sta nel fatto che i vitelli che ricevono dalla madre il B-CM7
sono più docili e quindi l’uomo li ha preferiti. Sta di fatto, che le
razze più antiche producono ancora latte A1, come ad esempio la Jersey,
la Guernesey e la Zebu africana. Vacche della razza Holstein e Frisona
producono un latte che per la metà è A1 e per l’altra è A2. Il bufalo e
lo yak producono latte A2, così come la capra e la pecora.
La B-CM7, mille volte più narcotica
della beta-caseina, proteina che si trova nel latte umano, agisce come
potente oppioide nel nostro organismo. Il Dr Woodford è convinto che il
latte A1 provochi risposte infiammatorie a livello dei vasi sanguigni,
da cui il rischio cardiovascolare, e porti alla produzione di un eccesso
di muco. C’è anche una crescente evidenza che questo latte sia alla
base dei sempre più frequenti disturbi cognitivi dei bambini, come ad
esempio l’autismo e la dislessia. Gli studi epidemiologici mostrano una
relazione tra consumo di latte A1 e mortalità per disturbi mentali. Per
altro, il latte A1 è spesso utilizzato per produrre latte in formula per
i neonati e i bambini piccoli.
In condizioni normali, la B-CM7 non può
attraversare la barriera mucosa intestinale, ma nel caso di un aumento
di permeabilità intestinale le cose posso cambiare. Un eccesso di
vaccinazioni, l’abuso di farmaci e un’alimentazione moderna
devitalizzata potrebbero facilmente causare questa permeabilità.
Uno studio ha mostrato che la
somministrazione di B-CM7 ai topi di laboratorio provocava, in soli 65
secondi, agitazione e nervosismo, che dopo qualche minuto lasciavano il
posto ad atteggiamenti passivi ed antisociali. In uno studio umano sono
stati trovati alti livelli di anticorpi verso la caseina nel 90% dei
pazienti autistici esaminati e nel 93% di quelli schizofrenici.
Inoltre, sottoposti ad una dieta priva di caseina e di glutine, l’81% di
questi pazienti mostrava miglioramenti cognitivi e comportamentali,
entro tre mesi dall’inizio della dieta. Sembra che la barriera
emato-encefalica dei bambini autistici sia molto più permeabile ai
peptidi, inclusi quelli del latte.
Considerato il pericolo insito nel
consumo di latte A1, molti allevatori stanno sempre più selezionando
mucche del tipo A2. Diversi studi internazionali hanno mostrato che il
consumo di latte di queste razze è nutriente e allo stesso tempo
benefico per la prevenzione di diverse malattie.
Francesco Perugini Billi©
Bibliografia
- Lynn Berry A2 Milk: the Solution to Lactose Intolerance, Allergies and Other Illness? http://www.naturalnews.com/023752_cows_lactose_intolerance_casein.html
- McTaggart L. Milk: don’t drink up. WDDTY. Vol 20; no 6.
- Williams L. The A1 vs A2 milk story. www.maternity.org.nz
- Woodford K. devil in the Milk. Chelsea gree Pub. 2009
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