Scrivo
questo articolo in risposta alle diverse persone che nel corso degli anni mi
hanno accusato di spiegare concetti – ad esempio riguardo il karma – che non
collimano con quella che loro definisco “la pura tradizione”. Faccio notare che
i tradizionalisti non usano mai espressioni come “concetti differenti” o
“differenti punti di vista”, ma “nozioni errate” oppure “grossolani errori”
oppure “madornali fandonie”. D’altronde, loro sono venuti a contatto con
l’unica, primordiale, incorruttibile, imperitura verità, mentre tutti noi siamo
bloccati nell’ignoranza e brancoliamo nelle tenebre della moderna new age!
Ma
andiamo per ordine. Anche io ho trascorso ore della mia vita curvo in
leopardiana postura sulle pagine dell’esoterista René Guénon, quando ero ancora
un giovincello pieno di speranze (le speranze di mia madre, che voleva
diventassi medico). I miei autori preferiti in realtà erano quelli che chiamavo
“i magnifici tre”: Evola, Jünger e Spengler; ma il vero tradizionalista, quello
incazzato con la vita, gode davvero solo con René Guénon! Ricordo che all’epoca
mi ero innamorato del concetto di “tradizione esoterica” fino a diventarne
invasato.
Ma quando cominciai a citare, urlando, anche durante il pranzo, libri
come L'Uomo e il Suo Divenire Secondo il
Vêdânta, i miei genitori, amorevolmente, mi indicarono l’indirizzo del CRT
(Centro Recupero Tradizionalisti) più vicino. Se non fosse accaduto questo,
probabilmente avrei fatto la stessa fine che ho visto fare a tanti miei
coetanei: hanno cominciato con René Guénon, credendo di poter smettere in qualsiasi
momento, ma poi sono passati ai testi della tradizione indù. E dai testi della
tradizione indù... credetemi... non ho mai visto uscire nessuno!
I
tradizionalisti, infatti, spesso scadono in una sorta di “fanatismo esoterico”
che nulla ha da invidiare al vecchio fanatismo religioso o all’odierno
fanatismo scientifico/farmacologico. I fanatismi, come vi sarete accorti, sono
tutti uguali, perché dipendono dal livello di coscienza dell’individuo, non
dallo specifico oggetto del fanatismo. Il fanatico (tradizionalista, religioso,
vegano, ecc.) crede che l’unica verità sia quella di cui è venuto a conoscenza
lui e questo lo rende particolarmente aggressivo nei confronti di chiunque non
la pensi allo stesso modo. In altre parole: «O riconosci anche tu che questa è
la vera spiritualità (...scienza, religione, ecc.), oppure sei un ignorante e
come tale vai messo a tacere». L’ultima parte della frase («...vai messo a
tacere») identifica con sicurezza l’elemento – pericolosissimo – del fanatismo.
Il tradizionalista è convinto di tale assunto: «Più una cosa
è vecchia, più è vera», per cui, per poter identificare l’autentica
spiritualità, cerca le fonti più antiche che riesce a trovare (e di norma va a
parare, per l’appunto, nei testi indù). Il concetto di evoluzione non gli sta
molto simpatico e crede che la spiritualità odierna sia solo “merda new age”. Si
tiene tenacemente aggrappato a ciò che è antico, convinto di vivere in un’epoca
dove è impossibile produrre qualcosa che sia allo stesso tempo nuovo e
risvegliante.
Tutto questo, ovviamente, non lo pensa con la sua testa, ma lo
pensa perché lo hanno scritto Guénon e i suoi colleghi, i quali a loro volta lo
hanno ricavato/interpretato dai testi indù. A nessuno è venuto in mente che
forse le regole del risveglio sono cambiate (che il percorso stesso del
risveglio abbia oggi fini differenti), oppure, ancora meglio, che esistano
regole più antiche, di cui non è giunta prova scritta, che comprendono ma non
si limitano a quelle che gli esoteristi studiano oggi?
Quanta limitatezza risiede nel pensiero: «Ciò che fu detto
allora varrà per sempre!»
Se sollevaste la testa dai libri e guardaste con occhi nuovi
intorno a voi, non vedreste solo merda, ma scoprireste in che maniera si è
evoluto il percorso spirituale in funzione di ciò di cui ha bisogno l’umanità
in questo momento. Io per primo sono convinto che viviamo nell’epoca più buia
della storia – e l’ho scritto più volte – ma ho comunque trovato qualcuno che mi
ha insegnato a lavorare su di me e adesso applico a mia volta delle strategie
che agiscono sulla coscienza delle persone. Non mi limito a commentare i testi
indù.
Come
ho già scritto qualche mese fa in un post su Facebook, la mia missione, la mia
soddisfazione e il mio tormento... sono la continua ricerca di tutto ciò che è
risvegliante per l'essere umano occidentale di oggi. Per cui, per quanto ritenga interessante la lettura di
scritti come la Brhadaranyaka Upanishad,
ossia l' "Upanisad del grande Aranyaka", con il commento dell'ancor
più grande Śaṅkarācārya,
non la ritengo di utilità immediata per l'integrazione psicologica e il
risveglio spirituale del newyorkese del 2017.
Quando sei un piccolo imprenditore oppresso
da tasse inique, passi nove ore in ufficio tutti i giorni, ti cibi di fonzies e
merendine, ascolti la musica di Neffa o Nek, respiri un'aria irrespirabile e
hai gli alimenti da pagare all'ex moglie... il livello di stress fisico e
psicologico a cui sei sottoposto è decisamente diverso da quello di un indù
dell'800 d.C., per cui sarà per forza di cose differente anche il lavoro di
reintegrazione nell'Unità che devi fare.
Per esempio, chi si occupa di
risveglio oggi, sa bene che non è più possibile prescindere da un lavoro di
tipo psicologico (portato alle masse da Freud e Jung), così come da un lavoro
sull’Attenzione condotto nella quotidianità (portato alle “masse” da Gurdjieff).
Non tener conto di questa evoluzione sarebbe come ignorare i progressi della
medicina e continuare a curare le malattie con i salassi, applicando le
sanguisughe sulle braccia dei pazienti, come si faceva fino al 1800.
Il tradizionalista, di norma, salta a piè pari il lavoro di
auto-osservazione e quindi di integrazione psicologica e si dedica alla lettura
dei testi e alla meditazione, come si faceva nell’antichità, quando l’uomo non
si era ancora animicamente separato dall’Uno e una vera psicologia nemmeno ce
l’aveva. Il punto è che in questo modo il tradizionalista sta dando per
scontato di possedere un apparato psicofisico ancora uguale a quello di un
praticante dell’epoca di Śaṅkarācārya.
Non accettando il concetto di evoluzione,
non si accorge che l’uomo odierno possiede un’anima molto più individualizzata –
più autonoma – rispetto alle epoche antiche, un corpo mentale più sviluppato e
una psicologia articolata. La conclusione è che attraverso quegli stessi mezzi
(meditazioni, respirazioni, mantra), non può più giungere al risveglio, ma può
provarci testardamente per decenni, rischiando però, nel frattempo, di
danneggiare irreparabilmente i propri centri sottili.
Di norma queste persone conducono una vita insoddisfacente,
che comprende problemi di denaro, difficoltà a inserirsi nella società,
problemi di coppia, di sesso, ecc. Ma anziché lavorare con umiltà sui loro
problemi al fine di ottenere una vera integrazione psicologica, entrano in un
loop compulsivo – che in tutti questi anni di attività ho imparato a osservare
in un numero sempre maggiore di individui – che le costringe ad attuare un
comportamento scellerato: più stanno male, più odiano il mondo moderno e più insistono
con gli esercizi di meditazione, nella speranza di ottenere l’illuminazione che
metta fine a tutti i loro problemi in una volta sola. Poi osservano quei
relatori che, come me, aiutano le persone a ottenere realizzazione, serenità e ricchezza,
e sentenziano: «Quella non è vera spiritualità»!
Il punto è che il concetto
stesso di risveglio è mutato: non si parla più unicamente di “meditare per
ore fino a fondersi con l’Uno”, ma di acquisire, per mezzo della disciplina, la
padronanza dei corpi sottili e dei relativi piani (astrale, mentale, causale,
ecc.), e questo comporta spesso delle guarigioni - anche dolorose - di traumi, e
delle trasmutazioni energetiche.
Non è più tempo di “rifiuto della materia in
quanto illusoria per principio”, questo è un comportamento anacronistico,
adesso il lavoro su di sé implica la capacità di accettare e gestire la
materia, ossia l’ottenimento di un’esistenza felice e soddisfacente anche nella
sfera del denaro, in quella della sessualità e nel rapporto di coppia. In
particolare dopo l’avvento del Cristo, il risveglio è divenuto anche sinonimo
di “servizio verso l’umanità”, un elemento che prima era assente, perché la
pratica spirituale era rivolta principalmente alla propria liberazione e non ad
alleviare le sofferenze del mondo. Dopo il Cristo è stata portata una maggiore
attenzione alla progressiva apertura del Cuore (“ama i tuoi nemici e prega per
i tuoi persecutori”).
È vero, dunque, che in quest’epoca buia ogni ordine è
sovvertito e il popolo ignorante fa le leggi, mentre gli spiriti più elevati
devono subirle. È vero che anche il percorso di risveglio spirituale è stato
pervertito, ma non nel senso in cui lo intende di solito l’esoterista
tradizionale, il quale cerca di non sporcarsi con la modernità e la materialità
restando abbarbicato al passato.
Al contrario, la perversione della
spiritualità sta proprio nell’ostinarsi a tenere gli occhi fissi sui libri
antichi, rinunciando a cercare, continuando a utilizzare metodi che non sono
più risveglianti e che, nella maggioranza dei casi, danneggiano il sistema
nervoso del praticante. D’altronde non esiste perversione maggiore che ignorare
l’evoluzione, i cambiamenti... lo scorrere della vita verso l’Alto.
Come ho già previsto – e ci tengo a ribadirlo – un giorno
vivremo in una società pseudo-spirituale dove tutti faranno meditazione e
reciteranno mantra... ma nessuno si risveglierà davvero.
Salvatore Brizzi
(professione: cane di Dio
D.O.G. = Dogs Of God)
D.O.G. = Dogs Of God)
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