di Lòthlaurin
I bambini rappresentano il futuro
potenziale della comunità umana e la loro educazione influisce in
maniera determinante sul destino dell’intero sistema sociale.
Coloro che detengono il potere sanno bene
quanto sia più facile plasmare una mente vergine fin dalla tenera età,
piuttosto che manipolare una personalità già formata: è per questo che
il nostro sistema d’istruzione pubblica ha l’effetto di preparare i
bambini a conformarsi al vigente modello sociale, mancando di
perseguire – nella pratica, non certo sulla carta bollata piena di buone
intenzioni – lo scopo ultimo dell’educazione, che è quello di assistere ed accompagnare i bambini nel ricercare, individuare, coltivare e perfezionare i propri talenti ed incoraggiarne la libera espressione al servizio della collettività.
Questo valido principio pedagogico, ben
noto a livello teorico accademico, sul piano dell’attuazione pratica
trova ostacoli insormontabili, poiché il sistema scolastico pubblico
risponde ai governi nazionali i quali, fingendo di deliberare in linea
con i più alti valori umanistici, culturali, etici ed antropologici, rispondono di fatto agli interessi delle grandi corporation private che muovono l’economia mondiale.
In sostanza, nel mondo dell’istruzione si
lavora ufficialmente per promuovere la crescita umana e lo sviluppo
dell’unicità individuale per infondere nella società linfa eterogenea e
rinnovata, ma il risultato a lungo termine è quello di indurre
dall’esterno una pericolosa omologazione a danno delle diversità
individuali e di favorire un appiattimento standardizzato dell’Essere in
divenire e un impoverimento delle coscienze.
Questa depauperazione del potenziale
umano si fa tanto più marcata quanto più si avanza nel curriculum
scolastico: se è ancora a livelli dignitosamente accettabili durante la Scuola dell’Infanzia (3-6 anni), cresce pesantemente negli anni della Scuola Primaria (6-11 anni) e della Scuola Secondaria Inferiore (11-14 anni)[1];
dopo i quali non rimane che da raccogliere i cocci delle disorientate
personalità pre-adolescenti e riempirne la mente con le informazioni
stereotipe che necessitano al sistema per auto-perpetuarsi, cosa che
avviene negli stadi finali dell’istruzione, cioè alla Scuola Secondaria Superiore (14-19 anni) e all’Università.
È un fatto assodato che, nei primi anni
dell’istruzione obbligatoria, i bambini non vedano l’ora di andare a
scuola, mentre negli ultimi anni gli studenti non vedano l’ora di
marinarla. Anno dopo anno, il calo dell’entusiasmo, della curiosità e
del desiderio di imparare, e il crescente diffuso senso di frustrazione e
insoddisfazione sono segni che qualcosa non funziona a livello profondo.
Quest’articolo è dedicato in special modo
alla fascia d’età compresa fra i 6 e i 14 anni, quella più fragile ed
esposta ai rischi di un’istruzione pensata e realizzata in modo obsoleto
e inadeguato. Contiene anche alcuni video fortemente interallacciati al
testo, che vale davvero la pena prendersi il tempo di vedere.
[1]
Le scuole dell’Infanzia, Primaria e Secondaria Inferiore sono
rispettivamente le ex scuole Materna, Elementare e Media, tanto per
riesumare la terminologia mandata in pensione nel 2003 dalla Riforma Moratti.
1. IL PASSATO – La storia dell’istruzione pubblica
Questa
connotazione omologante, finalizzata a sacrificare la preziosa e ricca
eterogeneità delle vocazioni umane individuali e l’intima e delicata
coltivazione dei talenti sull’altare di una necessità collettiva eteronoma
strutturata in ruoli, mansioni e funzioni, appartiene ai geni del
sistema centralizzato d’istruzione – cioè quello obbligatorio, gratuito e
a carico dello Stato – fin dal primo momento in cui nacque nel XIX
secolo.
Allora, il suo scopo dichiarato era
quello di preparare i fanciulli al loro futuro quasi sicuro impiego come
operai e manovali nelle fabbriche, una mansione richiestissima dai
fulcri operativi di un sistema economico nel pieno dell’era industriale.
Quali erano le caratteristiche
comportamentali e caratteriali che permettevano ai bambini di adattarsi
prima e meglio al loro futuro lavoro in catena di montaggio – quelle
stesse caratteristiche che la pubblica istruzione aveva pianificato di
garantire?
- Capacità di stare in silenzio il più a lungo possibile;
- Capacità di non distrarsi dall’attività, evitando di parlare con i colleghi di reparto;
- Capacità di rimanere fermi in posizione statica il più a lungo possibile;
- Capacità di ripetere sistematicamente le stesse operazioni mentali e manuali;
- Capacità di effettuare rapidi cambi di turno;
- Capacità di obbedire prontamente senza discutere agli ordini dei capi-reparto.
Tutte queste caratteristiche sono ancora
rintracciabili, adeguatamente trasposte e riadattate al nostro moderno
contesto socioculturale, nel concetto diffuso che abbiamo oggi
dell’istruzione. Sono talmente radicate nell’inconscio collettivo che,
neanche a distanza di secoli, si palesa con la giusta evidenza la loro disfunzionalità.
Ecco un elenco che dimostra come, nel tempo, queste caratteristiche si
siano trasformate e siano permaste al livello di canoni indiscussi,
nonostante una palese anacronia:
- L’atomizzazione dei discenti, ovvero la promozione di attività individuali a scapito di quelle collettive, genera separazione e competizione invece che promuovere la collaborazione e il lavoro di gruppo;
- Il sistema di votazione abitua i bambini ad essere giudicati in base al loro rendimento e, tramite il sistema premio-punizione, li incentiva ad indirizzare le loro energie verso le sole attività esternamente proposte o imposte;
- La dimensione corporea è completamente snobbata come strumento di apprendimento. Stare immobili per diverse ore sui banchi di scuola fa calare l’energia vitale e l’attenzione, imbriglia lo spirito d’iniziativa autonoma e rende la mente docilmente inattiva, pronta ad essere plasmata più facilmente;
- La lezione frontale – ossia quella dove il docente parla e i bambini ascoltano, rinforzata anche dalla disposizione spaziale oppositiva di banchi e cattedra – è gerarchicamente fondata [rapporto Uno → Molti] e inefficace per la socializzazione, la valorizzazione e lo scambio delle idee personali dei bambini [rapporto Molti → Molti];
- La creatività è relegata al ruolo di comprimaria: le materie scolastiche sono divise fra quelle utili al sistema (matematica, italiano, scienze, ecc. che stimolano l’emisfero cerebrale sinistro) e quelle considerate, nei casi migliori, di svago e intrattenimento (musica, danza, pittura, ecc. che stimolano l’emisfero destro). Guarda caso, le arti sono le discipline che favoriscono maggiormente l’espressione individuale;
- La temporizzazione delle attività (come il suono della campanella, introdotto in origine per assuefare alle turnazioni delle fabbriche) a lungo andare aliena dal bambino la voglia sincronica di scoprire, esplorare e conoscere autonomamente il mondo.
Analizzando corsi e ricorsi storici, il pedagogista di fama mondiale prof. Sir Kenneth Robinson spiega in maniera esemplare nel prossimo video perché oggi sia quantomai urgente cambiare i paradigmi dell’educazione.
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