E’ di alcuni anni fa uno spot pubblicitario che faceva di una logica e credibile frase, la propria bandiera :
“Prevenire è meglio che curare!”
E’ una frase in se logica, condivisibile e, alla lunga, molto producente
specie se si tratta di salute umana e, di riflesso, planetaria.
Cosa accadrebbe in effetti se l’uomo prevenisse le malattie anziché curarle?
Probabilmente la gente non si ammalerebbe, o si ammalerebbe molto meno,
la spesa sanitaria potrebbe diminuire sensibilmente richiedendo meno
tassazione al popolo, il quale potrebbe lavorare di meno, divertirsi di
più, prendersi più cura di se, per poi ammalarsi meno. Un magnifico e
utopistico circolo virtuoso che, purtroppo, non si è mai verificato se
non forse in antichissime civiltà (Maya, antichi Greci ed Egizi).
Al dover ricorrere sempre meno alle cure ed al dover lavorare sempre
meno per pagare le spese sanitarie, si aggiungerebbe anche un
contenimento dell’inquinamento che si tradurrebbe verosimilmente in un
abbassamento dei fattori patogeni di tipo chimico e fisico, un aumento
dei fattori salutari, un miglioramento delle condizioni di vita ed una
adeguata prevenzione delle malattie. Insomma ad una adeguata prevenzione
delle malattie conseguirebbe un adeguata prevenzione delle malattie.
Bello vero?
Purtroppo oggi non è assolutamente così, ma non per questioni legate
al fato, al caso od alla sfortuna, ma per un preciso volere, un preciso
piano economico per il quale il cittadino in salute non è fonte di guadagno.
Non solo non si prevengono le malattie, ma la malattia è considerata da
sempre una importante, fondamentale, inesauribile fonte di guadagno.
Il mantenimento degli stati patologici, la creazione di condizioni patogene e la spregiudicata virata verso la cronicizzazione di stati patologici acuti,
anzichè verso la cura definitiva, rappresentano gli investimenti della
moderna medicina e di tutte le multinazionali farmaceutiche che
chiameremo d’ora in poi “industrie mortifere”.
Produrre condizioni patogene o evitare di scongiurarle, è un prezioso
investimento per ogni industria farmaceutica. Significa avere per
sempre nuovi malati che richiederanno nuove terapie, farmaci a
tonnellate, visite dal medico in numero crescente. Questo significa
ingrassare il portafogli dell’industria del farmaco e degli strumenti
sanitari, significa arricchire le tasche di medici generici, specialisti
e sedicenti tali. Un vortice nel quale il popolo affoga, mentre i
magnati del farmaco patogeno e i finti scienziati, navigano con il vento
in poppa.
Il malato cronico è il massimo obiettivo a cui puntano oggi industrie
mortifere e grandi finanzieri. E’ il tipico pozzo senza fondo e se la
cronicità assale il povero individuo in giovane età, per questi
criminali è il Bingo multimiliardario.
La sola ipertensione, per esempio, classica e dilagante forma di
patologia cronica, produce annualmente denaro per le industrie
mortifere, in quantità difficilmente calcolabili, ma gigantesche. Finora
nessuno dei farmaci prodotti ha determinato la guarigione definitiva
anche di un solo caso; al massimo controlla l’andamento della malattia,
ma in nessun caso ne determina la guarigione. Non solo, ma con tutta la
ricerca scientifica, oggi spinta a suon di donazioni e Telethon, non si è
riusciti a produrre un farmaco da prendere una volta ogni tre mesi e a
prezzi umani, chissà perchè?
Nei vari congressi di medicina si assiste ad un elogio, talora
miracoloso, di certe soluzioni farmaceutiche, che vengono smentite con
vergogna e recisamente al congresso successivo, giusto in tempo per aver
fatto guadagnare sufficientemente la casa farmaceutica che produceva il
miracoloso farmaco. Naturalmente lo sponsor del congresso smentitore è
rappresentato dalla casa famaceutica che produce un farmaco concorrente,
che assolda clinici e professori per elogiare e magnificare doti talora
inesistenti o marginali di un farmaco che spesso non serve a nulla.
Vengono rivisitate a più riprese tecniche chirurgiche vecchie e
dichiarate superate, che risorgono a nuova vita solo perchè la tal
multinazionale ha prodotto un aggeggio chirurgico dedicato a quella
particolare tecnica, non importa se sia curativa, l’importante è che
consenta la vendita di centinaia di migliaia di quegli aggeggi.
Si sono abbandonate sostanze naturali usate in chirurgia, che non
potevano quindi essere brevettate, in favore di sostanze sintetiche,
brevettabili ed esclusive, adducendo motivazioni clinico-chimiche
assurde e ridicole. Eggià perchè la seta o il catgut non danno diritto
all’esclusiva, il lino lo possono produrre tutti, mentre la tal molecola
artificiale la può produrre solo la tal ditta eccetera, eccetera,
eccetera.
Il cancro, incubo terribile di ogni abitante di questo pianeta, non
rappresenta la massima aspettativa di guadagno da parte delle industrie
di morte. Infatti un malato di cancro ha il 98% di possibilità di
morire, per quel cancro, entro un anno e mezzo dalla diagnosi e per le
industrie di morte è un business di breve durata. I vari professoroni
continuano a sostenere che il 50% dei malati di cancro può guarire e
questo cosa determina in effetti? Che ogni malato di cancro consuma
farmaci fino a due giorni prima della morte che, proprio per quei
farmaci, arriva anche prima dello scadere naturale. Non sentirete mai
dire, da uno di questi geni della medicina, che il cancro è
effettivamente uno sconosciuto e che ogni uomo è libero di decidere
della propria vita!
Il diabete, piaga dell’umanità, in una piccola percentuale è in forma
congenita, mentre oltre il 60% è in forma acquisita, favorita quasi
sempre da una alimentazione stracolma di zuccheri e altre schifezze.
Avete mai udito il Ministro della Sanità obbligare le industrie
dolciarie ad apporre opportuni avvertimenti sui pericoli dei loro
prodotti sulle confezioni dei medesimi?
Non lo fa per ovvie ragioni. Non danneggia l’industria dolciaria che
probabilmente ha dato il loro voto politico e permette alle industrie di
morte di produrre antidiabetici orali, zuccheri succedanei ed altre
amenità per “aiutare il povero diabetico” e il Ministro stesso che
magari si sta facendo la villa in un posto incantevole sulla costiera
sarda!
Il suo mutismo interessato si estende anche ad alcolici, salumi, prodotti petroliferi ed altre cose salutari.
Non si vedranno mai scritte sul tappo del serbatoio le parole
“Bruciare benzina provoca il cancro” e non si vedranno mai scritte le
parole “Questa ciminiera danneggia chi vive intorno ad essa” eppure il
bruciare petrolio ha determinato la devastazione di un organismo
complesso come il pianeta Terra!
Nessuno troverà scritto sui telefonini “Le onde di questo apparecchio
causano il linfoma maligno”, come non si troveranno mai le scritte “Chi
si reca al lavoro in bicicletta avrà uno sconto fiscale del 30%”.
Insomma è una sanità progettata ed esercitata per gli interessi di chi fonda il proprio profitto sulla malattia ed il disagio.
Prevenire significherebbe dire ai signori della morte farmacologica
“Signori, da oggi il cittadino in salute e libero dai farmaci è il
nostro obiettivo primario!”
Prevenire significherebbe incentivare vistosamente chi usa sistemi
energetici alternativi ed ecologici, disincentivare e tassare
accanitamente chi usa petrolio a fini energetici.
Significherebbe
piantare alberi e incentivare il verde in ogni luogo libero disponibile,
significherebbe togliere dalle lobbies del mattone i terreni comunali
per destinarli al verde.
Significherebbe disincentivare l’uso delle auto e incentivare
appetibilmente l’uso di bici e mezzi ecologici. Significherebbe
incentivare l’uso di telefoni pubblici a costi pressochè nulli e
disincentivare la telefonia mobile con prezzi e tasse shoccanti.
Significherebbe insomma andare contro quello che oggi riteniamo utile e
comodo.
E’ una missione impossibile in quanto l’intero tessuto societario,
l’intera economia ed il futuro a breve termine della nostra società sono
basati su questi sistemi dannosi, devastanti e mortali. Chi dovrebbe
indagare sugli eventi e le cause patogene, chi dovrebbe salvaguardare la
nostra salute e imporla come bene supremo e desiderabile non avrebbe
alcuna convenienza a farlo, mentre ha un diretto tornaconto se si
produce malattia, se si effettuano più interventi chirurgici, se si
consumano più farmaci e se le cronicità si diffondono a scapito delle
guarigioni complete.
L’industria farmaceutica può raggiungere e corrompere chiunque, comunque
e dovunque ed è una cosa risaputa, accettata e attesa proprio da chi
dovrebbe gridare allo scandalo.
Non solo la prevenzione è andata nel cassonetto dei rifiuti, ma anche
umanità e assistenza sono state relegate a pratiche collaterali e
sacrificabili, basta entrare nei moderni ospedali per accorgersene.
Innanzitutto l’aziendalizzazione della Sanità ha portato alla riduzione
dei malati ad una uguaglianza irraggiungibile ed alla numerificazione di
ogni singolo caso. Non esiste più il malato, esiste la sua malattia che
in quanto classificata fa si che il tal individuo venga messo insieme a
tutti gli individui a cui sia stata formulata la stessa diagnosi della
stessa malattia, non importa come il paziente si sia ammalato, quali
siano le sue paure, i suoi bisogni personali ed altre amenità
soggettive. Ogni paziente si identifica con la sua cartella e il suo
Codice a Barre, come la scatola dei pelati dell’Ipermercato vicino a
casa.
Ogni malato perde la sua identità in funzione della sua malattia che
viene indicizzata e trasformata in un articolo economico al quale
corrisponde un valore monetario che risarcirà l’azienda dei soldi spesi
per il suo trattamento. Questo ha scatenato il fenomeno per cui ad una
patologia principale se ne affiancano altre collaterali e accessorie che
innalzino il valore economico del paziente in funzione di ottenere un
risarcimento maggiore da parte dello stato. Un pò come fanno le
assicurazioni che difendono il proprio assicurato, che se aveva avuto il
fanalino rotto della sua automobile, vede aggiungersi anche il fascione
e un pneumatico nella lista dei danni subiti, anche se non risultava
all’ispezione del carrozziere compiacente.
La cancellazione della personalità del paziente a livello
amministrativo, la determina irrimediabilmente anche a livello sanitario
assistenziale. Si cerca assolutamente di scrivere tutto, registrare
tutto, formulare protocolli, codificare standardizzazioni e applicare
pratiche spersonalizzanti. Le aziende sanitarie devono produrre salute
al minor costo possibile evitando la fuga dei malati e cercando di
risparmiare tempo. Si è arrivati a quantificare il numero di minuti da
devolvere alla visita medica per ogni ammalato, numero da rispettare per
tutti i pazienti.
Non esiste più il paziente!!!
Esiste la malattia che ha un valore, un trattamento standard, un tempo
per essere diagnosticato, un quantitativo di documenti da redigere e
controlli a cadenze rigorose.
E’ una sanità per macchine!
Un individuo dovrà fare i suoi tagliandi come lui si preoccupa di farli alla sua autovettura.
Ogni ammalato deve firmare il consenso informato senza essere stato
effettivamente informato e questo ricorda la triste pratica degli agenti
assicurativi che dopo aver ubriacato il possibile cliente con paroloni
ed esempi assurdi, gli fanno firmare moduli alla ceca, offrendo una
salvezza impossibile o improbabile. Anche nelle pratiche estreme di
salvataggio della vita, è necessario firmare il consenso!
Per morire bisogna firmare il consenso, capite!
Una vergogna ingiustificabile.
La pratica della medicina è oggi strettamente legata alle attività
degli avvocati. Il medico oggi non teme di fallire un trattamento o una
diagnosi, teme molto di più la querela da parte nemmeno del paziente,
quanto dei suoi famelici parenti che quasi sperano che le cose si
mettano male per sperare in un ricco risarcimento. Le cartelle quindi si
riempiono di fogli scritti, di consulenze ridicole, di referti ripetuti
ossessivamente, ecc. ecc.
Il medico non è più libero di fare il suo lavoro, non è libero di poter
sbagliare o di curare una malattia con la medicina “tempo”. Se non
prescrive farmaci a go go, o non fa fare la TAC al paziente, verrà di
certo criticato e se, malauguratamente, la patologia peggiora, sarà
fatto oggetto della visita degli avvocati del paziente ingiustamente
“trascurato”.
La Medicina paurosa, intimorita e schiavizzata porta il medico a sentirsi in pericolo nel fare la sua parte.
Prevenire efficacemente le malattie aiuterebbe il medico a fare il
suo mestiere e il cittadino a prendersi più cura di se. Si toglierebbero
poteri ai magnati dell’alimentazione “pret a porter” e distruttiva,
poteri ai magnati del petrolio (e non ci sarebbero guerre per rubare il
petrolio facendo credere che si tratti di guerre democratiche), ecc.
ecc. ecc.
Solo che un futuro migliore e in salute, fa più paura di un presente di
malati che non si possono e non si vogliono curare e guarire!
La verità è che oggi curare è meglio che guarire!
fonte: http://blogtre.wordpress.com/2012/06/24/sanita-curare-e-meglio-che-prevenire/
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