La demenza di Alzheimer è la conseguenza di una progressiva
degenerazione delle cellule nervose e delle loro connessioni. Si tratta
di una malattia devastante che provoca perdita della memoria, difficoltà
a ragionare e a comunicare e modificazioni della personalità. Una
persona affetta da Alzheimer può vivere anche 20 anni dopo la comparsa
della malattia, nel corso dei quali diventa progressivamente sempre più
incapace di badare a se stessa e dipendente da terzi.
Questa situazione
sottopone i suoi cari a un prolungato stress fisico, emotivo ed
economico che può condurre la famiglia al collasso. I numeri della Demenza L’Alzheimer’s Disease International stima
che a livello mondiale nel 2010 le persone affette da demenza fossero
36 milioni. A causa dell’aumento e dell’invecchiamento della
popolazione, questa cifra è destinata ad aumentare a 66 milioni nel 2030
e a 115 milioni nel 2050.
Secondo un’altra stima contenuta nel report del WHO del
2012, nei prossimi 40 anni in media si verificheranno 16.15 milioni di
nuovi casi l’anno, e quindi secondo questo scenario le persone viventi
affette da demenza nei prossimi 40 anni saranno 682 milioni. Il che è di
poco inferiore all’attuale popolazione dell’intera Europa (738 milioni
di persone). I dati che fotografano la situazione italiana ci dicono che
nel nostro Paese le persone affette da demenza sono oltre 1 milione, e i
nuovi casi circa 150 mila ogni anno. Per ogni persona ammalata, i costi
sanitari e indotti sono compresi tra 15 mila e 50 mila euro all’anno,
sostenuti in parte dal sistema sociosanitario e in parte dalle famiglie.
Mentre l’efficacia dei vari trattamenti proposti per la malattia
non appare soddisfacente, gli studi scientifici oggi suggeriscono che
sono disponibili nuove strategie di prevenzione.
L’evidenza infatti suggerisce che le abitudini dietetiche e l’esercizio fisico possano
ridurre il rischio di circa la metà o più. Sebbene rimangano alcuni
“buchi” nelle conoscenze scientifiche, gli studi suggeriscono che gli stessi alimenti che sono salutari per il cuore lo siano anche per il cervello e che possano ridurre il rischio di demenza di Alzheimer.
I sette principi dietetici da seguire per ridurre il rischio di demenza di Alzheimer sono stati tratti dalla presentazione all’International Conference on Nutrition and the Brain, svoltasi a Washington il 19-20 luglio 2013.
Le Linee Guida proposte sono le seguenti:
- 1. Riduci al minimo l’assunzione di grassi saturi e trans. I grassi saturi sono contenuti principalmente nei latticini, nelle carni, e in alcuni oli (di cocco e di palma). I grassi trans si trovano in molti snack, prodotti dolci industriali e cibi fritti e sono elencati nell’etichetta nutrizionale anche con la dicitura “grassi parzialmente idrogenati”.
- 2. Verdura, legumi di ogni tipo (fagioli, piselli, lenticchie), frutta e cereali integrali devono rappresentare i cibi fondamentali della dieta.
- 3. 30 grammi al giorno di frutta secca o semi oleaginosi (una piccola manciata) forniscono una fonte salutare di vitamina E.
- 4. Una fonte affidabile di vitamina B12, come i cibi fortificati o un integratore, in grado di fornire almeno la dose giornaliera raccomandata di questa vitamina (2.4 mcg al giorno per gli adulti) deve essere inclusa regolarmente nella tua dieta quotidiana.
- 5. Se decidi di utilizzare un preparato multivitaminico, scegli una marca che non contenga ferro e rame e assumi gli integratori di ferro solamente se ti vengono prescritti da un medico.
- 6. Anche se il ruolo dell’alluminio nella demenza di Alzheimer rimane controverso, è prudente evitare l’uso di pentole, antiacidi, lievito e altri prodotti che possano introdurlo nella tua dieta.
- 7. Inserisci regolarmente l’attività fisica aerobica nella tua routine, almeno 40 minuti di camminata a passo veloce 3 volte alla settimana.
I ricercatori del Chicago Health and Aging Project sono
giunti a questa conclusione in seguito ad uno studio che ha visto
coinvolti i partecipanti per un periodo di 4 anni. Coloro che
consumavano le quantità più elevate di grassi saturi (circa 25 g al
giorno) avevano un rischio di sviluppare la demenza di Alzheimer di 2-3
volte superiore rispetto a quello dei partecipanti che ne consumavano
circa la metà. Due analoghi studi, condotti a New York e in Finlandia,
hanno trovato risultati simili. Gli individui che consumavano le
maggiori quantità di grassi “cattivi” avevano una probabilità maggiore
di sviluppare la demenza di Alzheimer, rispetto a quelli che ne
consumavano le quantità più basse (5,6). Non tutti gli studi sono però
concordi.
Uno studio condotto in Olanda non ha trovato che evitare i
grassi “cattivi” abbia effetti protettivi: tuttavia, in questo studio la
popolazione analizzata era più giovane di quella dei gruppi di Chicago e
New York. Il meccanismo attraverso il quale alcuni grassi possono agire
sul cervello rimane un argomento di ricerca. Gli studi suggeriscono che
i cibi che contengono elevate quantità di grassi e/o l’aumento dei
livelli di colesterolo nel sangue da questi causato possano contribuire
alla formazione delle placche di beta-amiloide nel cervello, un reperto
tipico di demenza di Alzheimer. Questi stessi cibi possono inoltre
aumentare il rischio di obesità e di diabete mellito tipo 2, fattori di rischio accertati per la demenza di Alzheimer.
Elevati livelli di colesterolo sono stati collegati al rischio di demenza di Alzheimer.
Un ampio studio su pazienti del Kaiser Permanente, il principale ente
americano per l’assistenza sanitaria globale, ha dimostrato che i
partecipanti che avevano nella mezza età livelli di colesterolo
superiori a 250 mg/dl presentavano un rischio superiore del 50% di
sviluppare demenza di Alzheimer dopo tre decenni, in confronto ai
partecipanti che avevano livelli ematici di colesterolo inferiori a 200
mg/dl (11). L’allele APOE-e4, che è strettamente collegato al rischio di
Alzheimer, produce una proteina che ha un ruolo chiave nel trasporto di
colesterolo. Gli individui portatori dell’allele APOE-e4 assorbono più
facilmente il colesterolo dal tubo digerente, in confronto ai soggetti
che non posseggono questo allele.
Verdura, legumi (fagioli, piselli e lenticchie),
frutta e cereali integrali contengono scarsissime o nulle quantità di
grassi saturi e grassi trans, e sono ricchi di vitamine come folati e vitamina B6, che sono cruciali per la salute del cervello.
Le diete che abbondano di questi cibi sono associate non solo con un
rischio ridotto di sviluppare sovrappeso e diabete mellito tipo 2, ma
appaiono anche in grado di ridurre il rischio di sviluppare problemi
cognitivi. Gli studi sulle diete stile mediterraneo e
su quelle ricche di verdura hanno mostrato che esse sono associate con
un ridotto rischio di sviluppare problemi cognitivi, in confronto con
altri tipi di dieta.
Il Chicago Health and Aging Project ha seguito nel tempo i suoi
partecipanti ultra65enni, trovando che elevate assunzioni di frutta e
verdura risultavano associate a un rischio ridotto di declino cognitivo.
La vitamina E è una sostanza delle proprietà antiossidanti che si trova in molti alimenti, ma è abbondante soprattutto nella frutta secca e nei semi oleaginosi, ed è associata con una ridiscussione
alla riduzione del rischio di Alzheimer. Una piccola manciata di
semi o frutta secca contiene circa 5 mg di vitamina E. Altre fonti
dietetiche salutari sono rappresentate da mango, papaya, avocado, alcuni pomodori e peperoni, spinaci, e alcune marche di cereali per la colazione fortificati.
Tre vitamine –
acido folico, B6 e B12 – sono essenziali per le funzioni cognitive.
Queste vitamine agiscono in team per ridurre i livelli di omocisteina,
un aminoacido che è stato collegato alla compromissione delle funzioni
cognitive.
In uno studio della Oxford University, condotto su anziani che
presentavano elevati livelli di omocisteina e problemi di memoria,
l’integrazione con queste tre vitamine ha migliorato la memoria e
ridotto l’atrofia cerebrale.
Fonti sane e naturali di acido folico sono rappresentate da
verdure a foglia verde, broccoli, cavoli e spinaci. Altre fonti
includono fagioli, piselli, agrumi e meloni. La dose giornaliera
raccomandata di acido folico nell’adulto è 400 mcg, l’equivalente di
un’insalata a foglia verde con fagioli, asparagi, avocado, arancia,
cosparsa di frutta secca.
La vitamina B6 si trova nelle verdure verdi, nei fagioli, nei
cereali integrali, nelle banane, nella frutta secca e nelle patate
dolci. La dose giornaliera raccomandata per l’adulto fino ai 59 anni è
di 1.3 mg.
Oltre questa età, la dose giornaliera raccomandata è 1.5 mg
per le femmine e 1.7 per i maschi. Mezza tazza di riso integrale apporta
da sola queste quantità.
La vitamina B12 può essere invece assunta attraverso integratori o
cibi fortificati, come i latti vegetali e i cereali. La dose giornaliera
raccomandata per l’adulto è di 2.4 mcg. Sebbene la vitamina B12 sia
contenuta anche nelle carni e nei latticini, l’assorbimento a partire da
questi cibi può essere insufficiente negli anziani, in chi presenta una
ridotta acidità gastrica e in chi assume alcuni farmaci (es.
metformina, antiacidi). Per questo motivo, il governo USA raccomanda a
tutti gli individui di età superiore ai 50 anni di assumere integratori
di vitamina B12. Per chi segue diete a base vegetale o presenta probemi
di assorbimento, l’assunzione di un integratore di vitamina B12 è
raccomandata a prescindere dall’età.
Ferro e rame sono entrambi necessari per un organismo sano,
ma alcuni studi hanno messo in relazione eccessive assunzioni di questi
metalli con problemi cognitivi. La maggior parte degli individui riesce
ad assumere con la dieta le quantità raccomandate di questi metalli e
non necessita di integratori. Se decidi di usare un integratore
multivitaminico, è prudente scegliere prodotti che contengano solo
vitamine, senza metalli aggiunti. Gli integratori di ferro non
dovrebbero essere assunti in assenza di una precisa indicazione del
medico. La dose giornaliera raccomandata di ferro per le donne sopra i
60 anni e per gli uomini di ogni età è di 10 mg. Per le donne tra 18 e
59 anni, la dose raccomandata è 18 mg al giorno. Per il rame, la dose
raccomandata per gli adulti di entrambi i sessi è di 0.9 mg al giorno.
Il ruolo dell’alluminio nella demenza di Alzheimer rimane
controverso. Alcuni ricercatori invitano alla cautela, riferendosi al
suo ben stabilito effetto neurotossico quando introdotto nell’organismo
in quantità più che modeste e agli studi che hanno dimostrato la
presenza di alluminio nel cervello di soggetti affetti da Alzheimer.
Alcuni studi condotti nel Regno Unito e in Francia hanno evidenziato
un’aumentata prevalenza di demenza di Alzheimer nelle zone in cui
l’acqua potabile conteneva quantità più elevate di alluminio. Alcuni
esperti sostengono che le evidenze per attribuire all’alluminio un ruolo
nell’aumentare il rischio di Alzheimer sono insufficienti. In attesa
che questa controversia venga risolta, è prudente evitare l’alluminio
per quanto possibile. Questo metallo si trova in alcune marche di
lievito e altri prodotti alimentari, in alcuni antiacidi, negli
antitraspiranti.
Oltre a seguire una dieta sana e a evitare di assumere quantità eccessive di metalli tossici, è consigliabile praticare almeno 120 minuti di attività fisica aerobica alla settimana. Gli studi hanno mostrato che l’esercizio aerobico – come la corsa, la camminata veloce o altre attività aerobiche – sono in grado di ridurre l’atrofia cerebrale e di migliorare la memoria e altre funzioni cognitive. Uno studio pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine ha
rilevato che gli adulti che praticano attività fisica intorno ai 40
anni hanno minori probabilità di diventare dementi dopo i 65 anni, in
confronto ai loro coetanei sedentari. Uno studio analogo condotto a New
York ha trovato che gli adulti che praticano attività fisica e seguono
una dieta sana possono ridurre fino al 60% il rischio di sviluppare
demenza.
Un trattamento efficace della demenza di Alzheimer non è ancora
disponibile. Tuttavia, l’evidenza suggerisce che, con una dieta sana e
regolare esercizio fisico, molti casi di malattia potrebbero essere
prevenuti.
Mentre l’efficacia dei vari trattamenti proposti per la demenza di Alzheimer non
appare soddisfacente, gli studi scientifici oggi suggeriscono che le
abitudini dietetiche e l’esercizio possano ridurre il rischio di circa
la metà o più.
Fonte: http://www.dietabianchini.com/2013/11/prevenire-lalzheimer-con-la-dieta.html#ixzz2kni8Fyjq
N.B.
Il report originale in inglese è disponibile all’indirizzo: http://www.pcrm.org/health/reports/dietary-guidelines-for-alzheimers-prevention
A cura del Physicians Committee for Responsible Medicine - PCRM (Comitato dei Medici per una Medicina Responsabile)
Traduzione a cura della dottoressa Luciana Baroni, medico neurologo, geriatra e nutrizionista
Nessun commento:
Posta un commento