mercoledì 15 gennaio 2014

Accettazione e Distacco

Mi sono fatta una domanda, quante volte io ho accettato di buon grado ciò che la vita mi manda: la risposta è “MAI”; eppure la crescita individuale passa attraverso l’accettazione, al meglio delle nostre possibilità, di quello che la vita ci fa incontrare.

La non accettazione porta inevitabilmente alla sofferenza: il solo sentire questa parola ci crea uno stato di disagio o addirittura di rifiuto; gli atteggiamenti che scaturiscono sono diversi, passano dalla ribellione alla rassegnazione e infine ad un ‘accettazione.

La prima fase davanti ad una situazione difficile e non trasformabile si manifesta con la ribellione, le nostre emozioni in questo caso sono ancora dominate dalla personalità, ci sentiamo impotenti davanti ad una situazione non voluta e non controllata da noi, questo ci fa imbestialire, usiamo tutti i mezzi per cercare di dominarla, verifichiamo tutti gli aspetti e proviamo in tutti i modi a cambiarla.

La seconda fase, davanti all’inevitabile, scatta nella rassegnazione: anche se di fondo la rabbia permane, ancora non siamo convinti che non si possa sanare una situazione, non riusciamo ad accettare perché al termine accettazione diamo ancora il significato di rassegnazione passiva, di debolezza, di rinuncia ...


In realtà l’accettazione come viene descritta nella “Guarigione esoterica” di A.A. Bailey è un’altra cosa: “L’accettazione non è uno stato passivo che ci fa adagiare in una condizione sottomessa e inattiva, ma è un atteggiamento positivo, sia nel pensiero che nell’espressione pratica, verso situazioni che sono al momento inevitabili. Ciò porta ad evitare perdita di tempo e di energie che si produce quando si tenta l’impossibile e questo conduce al giusto sforzo verso ciò che è possibile”.

Nella vera accettazione, infatti, non v’è l’ira impotente o la cieca ribellione di chi è costretto a subire qualche cosa che non comprende, né la passiva e inerte sottomissione, priva di slancio, di chi è troppo debole per lottare contro le avversità e gli ostacoli.

Nell’accettazione, vi è il coraggio e la forza di chi ha la fiducia in un disegno superiore, consapevole che tutto ciò che accade è il meglio per noi in questo momento, cosciente che siamo sulla terra per evolvere, per accrescere le nostre esperienze che devono essere accolte ed interpretate come delle possibilità e non più come difficoltà.

L’accettazione quindi è il presupposto indispensabile per iniziare un processo di liberazione dalla sofferenza.

Questo ci porta gradatamente al distacco, il distacco è ciò che induce i sensi a compiere, in maniera completa ed uniforme, le loro adeguate funzioni. Le forme di conoscenza che l’uomo percepisce mediante i sensi, perdono la presa che hanno su di lui e col tempo egli ne sarà liberato divenedone padrone. Questo non significa che i sensi siano atrofizzati o inservibili, anzi, l’essere umano li può utilizzare come e quando vuole senza esserne schiavo.

Noi siamo schiavi dei nostri pensieri e sentimenti, che inducono immancabilmente ad un azione e non sempre questa è corretta, perché non è impersonale.

Come dice il Maestro D.K.: “Manca una cosa semplicissima da enunciare e difficilissima da esprimere. È semplicemente la mancanza di distacco. Tu ti leghi a coloro che ami e spesso le mani avide dell’amore intralciano il progresso, non soltanto il tuo, ma anche quello di chi ami. Mentre vivi e ami chi ti circonda, non ti poni mai la domanda: “Li aiuto in quanto anime, per la vita e il servizio?”… 
 
Il tuo amore, avvinghiante e possessivo per coloro che hai strettamente associato a te nel processo karmico della vita, ti impedisce di amarli nella maniera giusta, intensa. Ti chiedo di amare con maggior verità. Preservate sempre l’attitudine dell’Osservatore nella testa. Il distacco dell’anima migliorerà e il suo attaccamento alle altre anime si farà più saldo.”

Accettando la vita con quello che ci riserva come possibilità e distaccandoci dagli aspetti egocentrici della personalità, evolviamo ed evolvendo saremo liberi dal dolore e dalla sofferenza, perlomeno come li conosciamo ora.
 
 
 
Luciana Mologni
 
 

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