Allarme rosso: il voto italiano offre carta bianca a Matteo Renzi per
le sue cosiddette riforme: in caso di difficoltà il premier potrà
appellarsi al consenso popolare e minacciare elezioni anticipate. Il
programma è noto: una piccola riduzione delle tasse e altri bonus in
busta paga per nuove fasce di cittadini serviranno a far digerire nuovi
pesanti tagli
alle amministrazioni locali (cioè riduzione dei servizi), e soprattutto
privatizzazioni massicce, ulteriore precarizzazione del lavoro,
deregulation nell’edilizia eccetera, legge elettorale
ultra-maggioritaria per blindare l’assetto di potere.
Il tutto, recitando la parte di chi cerca di “correggere” – per quel
poco che si può – le politiche europee di austerity, «legate
all’ideologia neoliberale dominante in tutte le istituzioni della Ue
quindi molto solide e modificabili solo per alcuni dettagli», sottolinea
Lorenzo Guadagnucci.
Tutto questo, «inseguendo la chimera della ripresa e della crescita»,
ovvero «la speranza che ha probabilmente animato gli elettori italiani,
convinti che qualche
decimale in più nel Pil, da ottenere con le cosiddette riforme
annunciate da Renzi, porterà nuova occupazione e il mantenimento dei
servizi pubblici che vengono normalmente dati per scontati, come sanità e
scuola». In realtà, puntualizza Guadagnucci su “Micromega”,
la “ripresa” e l’aumento del Pil sono «argomenti virtuali, agitati dai
tecnocrati e dai capi politici neoliberali in assenza di un’alternativa
che sia alla loro portata», dal momento che «l’alternativa porta fuori
dal paradigma neoliberale», che lavora per l’azzeramento dello Stato e
del welfare,
la fine delle tutele pubbliche per i cittadini. «Gli elettori –
continua l’analista – prima o poi scopriranno che la chimera della
ripresa è appunto tale (è dal 2008 che viene annunciata la ripresa entro
pochi mesi) e che in ogni caso l’alta disoccupazione in Europa è un dato strutturale».
Gli elettori italiani, anche quelli che hanno votato Renzi,
«scopriranno prima o poi che il progetto delle élite politiche
neoliberali è quello dichiarato da Mario Draghi l’anno scorso – la fine
del sistema sociale europeo, che andrà fortemente ridotto e assegnato ai
privati – e precisato da Jp Morgan quando ha sostenuto che le
Costituzioni antifasciste nate dopo la guerra sono un ostacolo perché
concedono troppi diritti ai lavoratori e ai cittadini che contestano il potere». Ed ecco allora la vera missione politica
di Renzi nei prossimi mesi: «Rallentare e rimandare lo smascheramento
dell’illusione neoliberale», che per Luciano Gallino è «una sorta di
religione», visto che «non ammette confutazioni sulla base dei fatti
storici». E’ la teologia dell’élite finanziaria: «La recessione in atto
da anni, secondo i sacerdoti di quella dottrina,
non è dovuta al fallimento delle sue premesse e promesse, bensì a
un’imperfetta applicazione delle regole-dogmi della religione stessa».
La cosiddetta crisi, continua Guadagnucci, è in realtà «un sistema di
governo che per resistere – in presenza di alta e crescente
disoccupazione, destrutturazione dello stato sociale, immiserimento
della vita causa mercificazione di ogni aspetto dell’esistenza –
dev’essere verticistico e tendenzialmente autoritario: i cittadini
devono stare al loro posto, votare ogni 4-5 anni e nel frattempo
affidarsi alle oligarchie finanziarie, tecnocratiche e politiche
dominanti». Proprio per questo, «si preme per sistemi poltici fortemente
maggioritari e fortemente personalizzati». Scontato: «Renzi si muoverà
subito in questa direzione, e potrà contare nel tempo sull’appoggio dei
grandi media
per le sue politiche neoliberali e anche per mascherarne gli effetti
nefasti e gli insuccessi rispetto alle grandi promesse formulate nelle
settimane scorse (e molte altre sono in arrivo)».
La domanda, per Guadagnucci, ora è questa: è ancora possibile immaginare la costruzione di un’area culturale e politica
al di fuori dell’ideologia neoliberale? Qualcosa che prefiguri una via
d’uscita? In Grecia, Syriza ha ottenuto la maggioranza relativa
proponendo una rottura col paradigma neoliberale: oggi quello di Tispras
è il primo partito del paese, ma non ha davvero sfondato (è al 26%). In
Spagna, la lunga protesta degli “indignados” ha avuto un’eco elettorale
in una lista che è arrivata all’8%, “Podemos”, mentre in Italia la
lista “L’Altra Europa
con Tsipras” ha superato faticosamente la soglia del 4%. Ben diversa la
tendenza di Francia e Gran Bretagna, dove Ukip e Front National hanno
vinto le elezioni, sfoderando solidi argomenti nazionalisti, sovranisti e
contrari all’attuale europeismo. Per un’alternativa democratica
italiana, dice Guadagnucci, è necessario innanzitutto rompere col Pd,
guidato dall’ex democristiano Renzi che individua in Blair, campione del
neoliberismo, l’unica sua parentela con “qualcosa di sinistra”, anche
se Blair è l’uomo che ha seppellito le istanze della sinistra in Gran
Bretagna per votarsi al culto del mercato. Che sarà della Lista Tispras?
Vendola, uno dei suoi maggiori azionisti, già propone una convergenza
col Pd. Si accomodi pure, dice Guadagnucci: quello del centrosinistra
italiano è un binario morto.
fonte: http://www.libreidee.org/2014/05/laltra-europa-con-vendola-stampella-del-neoliberista-pd/
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