Il
miliardario Rinat Akhmetov a una settimana dalle elezioni in Ucraina
aveva chiesto ai suoi 300000 dipendenti di partecipare a una
manifestazione contro il movimento federalista, ma all’ingresso
dell’acciaieria Ilijch di Akhmetov, a Marjupol sul Mar d’Azov, nessuno
operaio è uscito dalla fabbrica quando il fischio della sirena avvertiva
dell’inizio della manifestazione anti-russa. Denis Pushilin, leader
della Repubblica Popolare del Donetsk dichiarava che la repubblica
avrebbe nazionalizzato le proprietà degli “oligarchi regionali” che si
rifiutano di pagare le tasse alla Repubblica Popolare di Donetsk.
“Akhmetov ha fatto la sua scelta. Purtroppo è una scelta contraria al popolo del Donbass. Niente più colloqui con Akhmetov. Se tenta delle provocazioni, la nostra repubblica avrà diversi modi di rispondere“. Il co-presidente Miroslav Rudenko aveva detto, “la dichiarazione di Akhmetov non è in linea con la visione del popolo del Donetsk, mettendosi contro l’opinione pubblica, non favorendo sentimenti positivi verso di lui“.
La Repubblica Popolare del Donetsk prepara
la richiesta per l’adesione alla Federazione Russa. Il Primo ministro
della Repubblica del Donetsk, Aleksandr Boroda, afferma
“Le nostre industrie sono legate alla Russia. Se manteniamo stretti rapporti economici con la Russia, l’economia della Repubblica Popolare Donetsk si svilupperà. … La richiesta sarà inviata al ministero degli Esteri russo dopo che il governo della repubblica sarà formato. Il piano ufficiale è pronto. È tempo di parlare della data precisa per l’invio della richiesta“.
Le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk aprivano collegamenti diretti sulla sicurezza e il sostegno umanitario,
“Non siamo solo vicini, ma abbiamo identiche opinioni. Abbiamo stabilito legami politici, comunicazione militari, sulla sicurezza e il supporto umanitario“,
dichiarava Pavel Gubarjov, aggiungendo che le due repubbliche unendosi “
diverranno la base del nuovo Stato di Novorossija”.
Il partito che promuove questa formula, afferma Gubarjov,
“è un partito di tipo nuovo. Non sarà collegato agli oligarchi ma al popolo, che coinvolgerà coloro che sono divenuti la spina dorsale del nostro movimento, la milizia del Donbass, la vera élite del popolo“.
La Repubblica Popolare del Donetsk
“non facendo parte dell’Ucraina, affronta grandi sfide, mentre formiamo il parlamento, approviamo la costituzione, creiamo l’esercito e facciamo molte altre cose. Ma non abbiamo paura, la cosa più importante è avere la fiducia del popolo, e dargli una vita dignitosa e sicura. La leadership della repubblica popolare conosce tutte le basi delle truppe straniere ucraine nella RPD. Siamo pronti a reagire adeguatamente ad ogni tentativo di aggressione armata”.
Il 19 maggio, il Consiglio
della Repubblica Popolare di Lugansk aveva chiesto alle Nazioni Unite di
riconoscerne l’indipendenza.
“L’assemblea repubblicana della Repubblica Popolare di Lugansk si appella a voi per riconoscere la sovranità e l’indipendenza del nostro Paese. La Repubblica Popolare di Lugansk intende costruire le sue relazioni con gli altri Stati sulla base di uguaglianza, pace, buon vicinato e principi universalmente riconosciuti della cooperazione politica, economica e culturale, in conformità ai diritti umani internazionali e al diritto all’autodeterminazione dei popoli generalmente accettati e costituenti la base delle decisioni politiche, e che ogni Stato ha il dovere di rispettare. Gli abitanti della ex-regione di Lugansk hanno cercato di preservare l’unità e la pace nel Paese, regolarmente riunitisi per esprimere le loro richieste. Ma il governo non ha voluto sentirli“.
Il 18 maggio, il comandante militare del Donetsk Igor Strelkov
dichiarava che presso Slavjansk un checkpoint era stato colpito da
mortai e due APC nemici erano stati distrutti sul posto, mentre colpi di
mortaio cadevano sulle posizioni delle 25.ma e 95.ma brigate
aerotrasportate ucraine, vicino al checkpoint attaccato. Verso sera
l’unità d’intelligence delle forze di autodifesa ricevette informazioni
sulle posizioni del nemico nel villaggio Seleznevka (2 km a nord di
Semjonovka). L’unità da ricognizione s’infiltrava nel paese e nella
battaglia seguita distrusse la 6.ta “Guardia Nazionale”, facendo in
totale, secondo le intercettazioni radio, più di 100 tra morti e feriti
tra i nemici, distruggendo tre veicoli blindati per il trasporto di
personale e due autocarri. Infine, l’unità di ricognizione attaccava un
altro checkpoint dei golpisti distruggendo un BMP e facendo diversi
morti e feriti tra le guardie nazionali.
Il 21 maggio, nel villaggio
Blagodatnoe, regione di Donetsk sul confine russo-ucraino, c’era stato
uno scontro armato, la base dell’esercito ucraino è stata attaccata
dagli squadristi di Fazione destra inviati da Kiev, supportati da
veicoli blindati ed elicotteri. Lo scontro è avvenuto nei pressi del
checkpoint di Olgink. La cosiddetta “guardia nazionale” aveva ordinato
ai soldati di schiacciare la resistenza sul posto, ma i soldati si erano
rifiutati. Si trattava di un’operazione punitiva commissionata
dall’oligarca mafioso sionista Igor Kolomojskij; i mercenari al suo
servizio, dopo aver ucciso 4/5 soldati, ne catturavano altri 10 della
51.ma brigata che assassinarono sparandogli alla nuca. Nello scontro, un
deposito di munizioni è stato colpito e l’esplosione ha ferito almeno
35 persone.
Il parlamento ucraino approvava un finto “memorandum di reciproca comprensione e di pace”
che fornirebbe rassicurazioni sullo status della lingua russa e al
decentramento del potere nel Paese. Infatti, con 252 voti il parlamento
ucraino approvava il cosiddetto ‘Memorandum di Pace e consenso’ che
chiede
“di ripristinare legge, ordine e sicurezza pubblica fermando gli spargimenti di sangue e consegnando alla giustizia i responsabili delle uccisioni di civili durante le proteste, fermare l’operazione antiterrorismo nel sud-est dell’Ucraina e far rientrare nelle basi i soldati coinvolti nelle operazioni antiterrorismo”.
Tale passo è
solo una manovra per accontentare formalmente la richiesta della
cancelliera tedesca Angela Merkel e del presidente francese Francois
Hollande alla giunta di Kiev di ritardare le elezioni del 25 maggio. I
due avevano detto che Kiev doveva modificare la costituzione, la
legislazione, adottare un’amnistia e avviare il dialogo con tutte le
regioni dell’Ucraina.
“Nonostante l’impegno ad astenersi da qualsiasi azione di violenza, intimidazioni e provocazioni Kiev non si è fermata. Al contrario, Kiev intensifica l’operazione punitiva contro il popolo e bombarda di notte le città nella parte orientale del Paese, anche con armi pesanti“,
dichiarava ITAR-TASS. Il parlamento
ucraino infatti condizionava il ritiro dei militari dalle regioni
orientali al disarmo delle milizie di autodifesa e all’abbandono degli
edifici governativi controllati dai federalisti. Molti militari ucraini
hanno però smesso di obbedire a Kiev:
“Guardate queste missioni, ‘Prendete questa strada per quel checkpoint e sparate…’ E noi: ‘Ma è confermato che ci sono separatisti?’ ‘No, c’è un posto di blocco, significa che sono nostri nemici.’ ‘Va bene, ma cosa succede se ci sono uomini con bastoni o caschi?’ ‘Ascoltatemi, non fate domande stupide. Andate e sparate!’ ‘No, tenente generale, se volete andateci voi e sparate da solo’”, dice un militare ucraino sul sito expert.ru. “Se stasera vi ordinano di attaccare Slavjansk, che farete?” chiede un giornalista ai militari, “Non eseguiremo questo ordine, perché abbiamo giurato al popolo ucraino“.
Inoltre, il reparto militare 1302 di
Cherkaske Novomoskovsk, nella regione di Dnepropetrovsk, si ammutinava
poiché i coscritti non volevano partecipazione all’”operazione
antiterrorismo” sul territorio della Repubblica Popolare di Donetsk. Il
22 maggio, comunque, la Repubblica Popolare di Lugansk dichiarava la
legge marziale, mobilitando gli uomini di età compresa tra 18 e 45 anni.
Scontri armati erano segnalati nelle città di Rubezhnoe e Lisichansk e
un un ponte sul fiume Donets, a Severskij, era stato fatto saltare in
aria. Turchinov è arrivato a Rajsin, presso Slavjansk e ha ordinato ai
soldati ucraini di bombardare Slavjansk. Quindi le forze golpiste hanno
scatenato un’ampia offensiva contro la regione, mentre un convoglio di
truppe era diretto verso la città di Lugansk.
“Il convoglio è costituito da circa 2000 soldati e 200 automezzi, compresi lanciarazzi multipli Grad, veicoli da combattimento per la fanteria, APC e carri armati, nonché autocarri Ural e GAZ“.
Un’altra nave statunitense, intanto, il Vella Gulf, viene
inviata nel Mar Nero per le elezioni presidenziali ucraine. I
diplomatici statunitensi sottolineano che gli Stati Uniti
“sostengono le azioni delle nuove autorità ucraine attraverso la presenza di navi da guerra statunitensi nel Mar Nero”.
L’incrociatore Vella Gulf è armato con 122 tra missili da crociera Tomahawk, missili antisom e missili antiaerei Standard-2 e Standard-3. La NATO promette anche assistenza a Kiev,
“sottolineando l’importanza dell’Ucraina per la pace e la sicurezza in Europa e nel mondo, e promettendo al Paese slavo assistenza completa, esprimendo la volontà di rafforzare ulteriormente la cooperazione“.
Quindi la
NATO inviava un team di ‘esperti’ che “su richiesta delle autorità
ucraine” dovrebbe aiutare le ‘autorità’ golpiste a “migliorare la sicurezza delle centrali nucleari civili”.
Le società elettronucleare ucraina Energoatom e quella statunitense
Westinghouse intanto hanno firmato un contratto per la fornitura di
combustibile a tre centrali nucleari ucraine. Gli interessi economici
degli USA, gravemente coinvolti nella crisi ucraina, vengono tutelati
con tali manovre militari. Non è un caso che i golpisti di Kiev cercano
di occupare il Donetsk, poiché la compagnia petrolifera Shell aveva
firmato, nel gennaio 2013, un accordo 50ennale per sfruttare gli utili
derivanti dall’esplorazione e trivellazione del gas di scisto nella
regione.
“Direi che l’interesse economico in questo caso, è ciò che guida il regime golpista a Kiev nel lanciare azioni militari contro i propri cittadini, perché vi realizzerebbe un profitto dai contratti firmati dal governo precedente“,
afferma l’esperto di politica
estera Nebojsa Malic. Anche l’azienda petrolifera statunitense Chevron
ha firmato un accordo da 10 miliardi di dollari per sfruttare il gas di
scisto nell’Ucraina occidentale. Il figlio del vicepresidente degli
Stati Uniti, Hunter Biden, è stato posto nel consiglio di
amministrazione del primo produttore di gas privato dell’Ucraina,
Burisma Holdings, che detiene le licenze sul bacino del Dnepr-Donets.
Anche Devon Archer, ex-consulente del segretario di Stato John Kerry, è
stato assunto dalla Burisma.
“Non vi è certamente migliore dimostrazione di altruismo e umanitarismo nel mercato libero che criticare un Paese per corruzione, sponsorizzare un colpo di stato per rovesciare il governo presunto corrotto e quindi nominare figli e amici dei funzionari statunitensi nei consigli di amministrazione di società aventi interessi nel Paese. Certo, ciò è perfettamente legale e dichiarato“.
Il
17 maggio, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e il ministro
degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier avevano discusso della
de-escalation della situazione,
“I ministri hanno espresso preoccupazione per i continui scontri armati, e hanno convenuto sulla necessità di un’urgente de-escalation della situazione, rinuncia all’uso della forza, evitare nuove vittime e creare condizioni favorevoli per il dialogo nazionale completo sulla riforma costituzionale in Ucraina. … Hanno segnalato l’importanza di riunioni ampie per garantire la dovuta rappresentanza degli interessi del sud-est del Paese”.
Infine Russia e Cina hanno invitato tutte le regioni ucraine e i gruppi socio-politici al dialogo,
“Le parti chiamano tutte le regioni e i gruppi socio-politici a un ampio dialogo nazionale per sviluppare congiuntamente il concetto costituzionale di Stato che garantisca il pieno rispetto dei diritti e delle libertà universalmente riconosciuti ai cittadini. Le parti hanno espresso profonda preoccupazione per la crisi politica interna in Ucraina“. Russia e Cina “invitano a disinnescare il conflitto, alla moderazione e alla ricerca di soluzioni politiche pacifiche ai problemi esistenti nel Paese“.
Intanto Gazprom avverte Kiev che
sospenderà le forniture di gas dal 3 giugno se l’Ucraina non versa un
anticipo di 1,66 miliardi dollari per acquistare il gas per giugno. Kiev
ha 3,5 miliardi di dollari di debito per il gas russo. L’Unione europea
che ha foraggiato il golpe a Kiev e diffonde una propaganda oltraggiosa
contro la Federazione Russa e la popolazione russofona dell’Ucraina,
chiede a Mosca di continuare le forniture di gas all’Europa.
“Mentre le discussioni continuano tra Russia e Ucraina, le forniture di gas all’Unione europea non devono essere interrotte. La Russia deve mantenere questo impegno“, ha scritto il presidente della commissione europea José Manuel Barroso. “Gli stessi pagliacci non chiedono a Kiev di fermare l’offensiva criminale nel Donbass e nonostante le loro promesse non pagano i debiti dei nazisti a Kiev”,
afferma l’autore Allain Jules. In effetti, il
terrore della ritorsione energetica di Mosca porta a miti consigli anche
i più truculenti dei russofobi europeisti. Il primo ministro polacco
Donald Tusk ha dichiarato
“La Polonia è uno degli Stati che si aspetta una risposta decisa dall’occidente verso la Russia. Tuttavia, voglio dichiarare molto chiaramente che finché prendo decisioni, la Polonia non sarà un Paese dalla politica aggressivamente anti-russa“.
Fonti:
Allain Jules
Global Research
ITAR-TASS
ITAR-TASS
ITAR-TASS
ITAR-TASS
Life News
Nsnbc
Nsnbc
Oplot
RIN
RIAN
RIAN
RIAN
Russia Today
Russia Today
Russia Tdoay
Washington Post
Alessandro Lattanzio
http://aurorasito.wordpress.com/2014/05/22/ucraina-una-guerra-al-servizio-degli-usa/
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