Il nostro è un paese dall’identità storicamente fragile. Sfiducia
nello Stato nazionale o sfiducia nella saldezza democratica del popolo
hanno fatto in modo che sia a destra che a sinistra si guardasse all’Europa
per rafforzare la nostra debole costituzione. Un pizzico di utopia
spinelliana ha fatto il resto.
Quest’ultima di per sé non guasta, se non
fosse andata (in particolare a sinistra) troppo oltre, dimenticando che
l’Europa
è un consesso di Stati nazionali che fanno ciascuno il proprio
interesse. L’utopismo ha inoltre offuscato il segno reazionario che ha
preso la costruzione europea, soprattutto col progetto della moneta
unica. Come l’antico gold standard, la moneta unica è uno strumento
disciplinante. C’è chi ha detto che precisamente attraverso questa crisi,
frutto dell’euro, la moneta unica sta realizzando i suoi obiettivi: un
ritorno a un capitalismo ottocentesco, quello del gold standard appunto.
La sinistra ha assistito imbelle e genuflessa agli ideali europeisti,
allo svuotamento dei poteri dello Stato nazionale.
Quest’ultimo è il playing field naturale della democrazia, del conflitto democratico su come creare e distribuire le risorse. Una volta svuotato dei sui poteri, trasferiti a livello sovra-nazionale, con lo Stato nazionale scompare la democrazia. Fior di economisti hanno sostenuto l’incompatibilità fra moneta unica e democrazia!
Il Parlamento Europeo non può sostituire le democrazie nazionali perché
troppo cacofonico. Lì finiscono per prevalere gli interessi nazionali,
mentre le classi lavoratrici nazionali non hanno più un terreno
rivendicativo su cui esprimersi. A me pare, contrariamente alle accuse
mosse dagli utopisti delle liste di sinistra, che Stati sovrani siano il
presupposto di democrazia e cooperazione internazionale, mentre sia l’europeismo superficiale a fomentare il nazionalismo: dio ci scampi dagli utopisti!
L’Europa
dovrebbe invertire il segno delle politiche di bilancio con un forte
sostegno della Bce nel controllo dei tassi di interesse e nell’agevolare
forme di ristrutturazione del debito (vi sono varie proposte in
merito). Il dramma è che la Germania non è interessata a quest’Europa.
Essa ha un modello mercantilista (export-led) basato su un forte ordine
sociale interno accompagnato dalla moderazione salariale e fiscale che
non intende mettere in forse (e ciò è comprensibile). Quindi è un bel
pasticcio. Parlare di Europe federali vuol dire vaneggiare. Una forte
affermazione delle forze anti-euro è dunque benvenuta, se smuoverà le
acque, anche se sia chiaro che in nessun senso personalmente appoggio
compagini xenofobe o di destra con cui, a differenza di qualche collega (o presunto tale), non intendo avere rapporti.
La sinistra avrebbe dovuto riprendere la bandiera della nostra
libertà nazionale in un senso democratico e positivo, ma ne ha paura.
Questo è un dramma. Una rottura consensuale dell’euro sarebbe benvenuta,
ma è un processo assai complicato, forse troppo. Ma certo, se l’Europa
ci prova a chiederci di applicare il Fiscal Compact, allora la rottura
se la saranno cercata. Ricordiamo poi che tutto il dramma europeo cade
in un quadro mondiale a sua volta assai complesso: dal pericolo di una
“stagnazione secolare” del capitalismo – anche alla luce delle crescenti
disuguaglianze che mortificano la domanda aggregata oltre che le
coscienze – alla sfida epocale dei paesi emergenti fatta del combinato
disposto di bassi salari e crescente tecnologia. Una vera unione politica, che implicherebbe uguali diritti sociali, non è e non sarà nel futuro prevedibile all’ordine del giorno. Dimentichiamoci queste stupide utopie.
Sergio Cesaratto
(Sergio Cesaratto, dichiarazioni rilasciate a “ForexInfo” per l’intervista “L’Europa che non c’è”, ripresa da “Megachip” il 6 maggio 2014. Eminente economista, esperto di politica fiscale europea, il professor Cesaratto è docente all’università di Siena e curatore del blog “Politica Economia”).
fonte: http://www.libreidee.org/2014/05/cesaratto-leuro-uccide-la-democrazia-ditelo-alla-sinistra/
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