mercoledì 16 luglio 2014

L’effetto osservatore…costellatore

Le CostellAzioni della Gioia

Uno degli elementi costituenti il campo collettivo di una Costellazione, è il campo-ologramma del costellatore. Il suo campo morfogenetico contiene in-formazioni multidimensionali sul suo stato attuale, dal punto di vista fisico, emotivo, mentale e trans personale, oltre a in-formazioni concernenti il modello conscio e inconscio cui fa riferimento, le sue idee sul concetto d’identità, sulla Realtà e Verità.

Una domanda che ricorre nei gruppi e che si pongono alcuni costellatori, è la seguente:
«Può il campo del costellatore influenzare l’andamento e la riuscita di una Costellazione?».
Uno dei miti che circolava fra gli scienziati e che si era esteso anche al campo delle professioni d’aiuto tra cui le costellazioni familiari, era quello dell’oggettività scientifica.

In sostanza, si credeva che la realtà potesse essere considerata del tutto “oggettiva” e indipendente dall’osservazione. Pertanto, si pensava che lo scienziato o osservatore, non influenzasse il sistema che stava osservando, studiando o aiutando, poiché egli credeva d’essere al di fuori del gioco, o almeno, neutrale.

Questo mito è per fortuna crollato e da un po’ d’anni circola l’informazione chiamata in Fisica quantistica, “effetto osservatore”. Secondo questa teoria, l’osservatore è egli stesso parte del sistema fisico osservato e, mediante la sua osservazione, lo influenza al punto tale, che le caratteristiche oggettive del sistema osservato vengono ‘create’ dall’atto stesso dell’osservazione.

Secondo Niels Bohr, l’osservatore di un evento, con la sua sola presenza, provoca l’evento, lo fa ‘spuntare’ nell’esistenza.

Gli studi sull’effetto osservatore precisano che la realtà emerge solamente dopo il coinvolgimento della coscienza osservatrice, e che la sua influenza sia molto più ampia di quanto non si creda. In sostanza, sempre più studiosi sono concordi nel ritenere che l’osservatore partecipi attivamente a ciò che osserva, e che egli sia, come afferma Lynne Mc Taggart nel suo libro Il Campo del Punto Zero,
un’entità che influenza, un creatore.

le CostellAzioni della GioiaIl ruolo del costellatore è assimilabile all’osservatore della Fisica quantistica.Appare quindi chiaro che l’osservatore-costellatore è tutt’altro che ‘neutro’ rispetto al sistema con cui sta interagendo.

Tutte le persone sono collegate o entangled, ed è quindi evidente che il campo del costellatore influenza sia il campo collettivo del gruppo, sia l’andamento della CostellAzione. 

Il suo campo o ologramma abbraccia, per così dire, il campo delle persone presenti nei differenti stati, sia che egli ne sia consapevole oppure no.

Pertanto, la frequenza vibratoria del suo campo va a influenzare quella del gruppo, così come la frequenza del gruppo lo può influenzare a sua volta.

Le persone che partecipano al gruppo sono quasi tutte sintonizzate sulla frequenza della sofferenza, motivo per cui chiedono aiuto. Il loro influsso sul campo del costellatore è evidente. E la sua risposta alla sofferenza, qual è? Qual è quindi la frequenza da cui opera?

Il fatto stesso che egli osservi il sistema familiare che si palesa nel campo, fa sì che la sua osservazione faccia ‘spuntare’ in esistenza alcune caratteristiche del sistema osservato. Ricordiamo l’insegnamento dei grandi saggi:
il mondo è come tu lo pensi.

Pertanto, se la sua attenzione è focalizzata per trovare le ‘cause’ della sofferenza – gli irretimenti delle Costellazioni familiari – egli porterà in esistenza, farà ‘spuntare’ proprio questi, rendendo attiva la porzione del campo morfogenetico del richiedente, connessa con il campo della sofferenza.

Portare l’attenzione alla sofferenza e alle sue cause, come parte iniziale di un metodo per pervenire alla guarigione, rappresenta il paradigma cui il costellatore familiare fa riferimento, come peraltro molti altri terapeuti.

Per usare una metafora, la forma mentis del costellatore familiare, è simile a quella dell’investigatore, il cui compito è di usare un’attenzione selettiva verso ciò con cui viene in contatto, per trovare gli indizi che lo porteranno a risolvere il caso. Naturalmente, questo tipo di attenzione essendo selettivo, esclude tutte le altre informazioni presenti nel campo, ma che non rientrano nelle aspettative dell’investigatore-costellatore familiare.

Questa percezione parziale del sistema familiare, assomiglia al parere che ci possiamo fare, quando si conosce una famiglia durante un suo momento di difficoltà, e si decide che quella sia una famiglia problematica, disfunzionale.

Che ne é dei momenti, per quanto brevi e sporadici, in cui nella stessa famiglia c’è armonia, pace, gioia, condivisione?

Le difficoltà, le sofferenze, rappresentano solamente una parte dello status familiare, così come avviene per il singolo individuo. L’altra parte, quella positiva, non riceve la stessa considerazione. Il punto è, che la sofferenza è diventata una tale abitudine, che ne siamo diventati dipendenti.

E, si sa, le dipendenze precludono la possibilità di vedere le alternative, che pur ci sono, proprio dietro la sofferenza stessa. Inoltre, più si da attenzione alla sofferenza, più si rischia di rimanerne invischiati, poiché il campo morfico della sofferenza continua a essere nutrito e, come dice la Fisica quantistica, si collassa nel problema. Ciò significa rimanere intrappolati nel campo del problem-set, ossia continuare a portare l’attenzione ai problemi, sviscerarli, trovarne le cause, interpretarli, ecc, il che limita moltissimo le possibilità di soluzione.

Infatti, come sostiene Einstein,
Non si può risolvere un problema dallo stesso livello di coscienza che lo ha creato.
In altre parole, qualsiasi problema nasce nel campo della sofferenza e da esso continua a essere alimentato, per effetto della nostra attenzione concentrata sulle mille sfaccettature connesse col problema stesso.

Possiamo immaginare le tante masse di sofferenza personale e collettiva, come innumerevoli nuvole scure che si stagliano nel cielo. La nostra abitudine di dare attenzione alle nuvole di sofferenza, c’impedisce di vedere l’immensità del cielo, con gli spazi di azzurro e la Gioia che esso emana. Inoltre, le nuvole, come le nostre sofferenze, sono masse di energia che emergono, come tutto ciò che esiste, dalla stessa sorgente della Gioia.

Einstein suggerisce, giustamente, di cambiare livello di coscienza, uscendo quindi dal campo della sofferenza dove il problema è nato e continua a essere sostenuto. In che modo specificamente si può cambiare livello di coscienza?

I modi sono molteplici e possono andare dall’entrare nella profondità della sofferenza connessa col problema, al distoglierne l’attenzione, fino ad accedere a un livello di coscienza più elevato, come avviene con Joyfield. Tutte queste sono vie parallele e tutte portano allo stesso punto: il benessere. Come sostiene la Fisica quantistica, due o più particelle possono benissimo occupare lo stesso spazio.

Il costellatore della Gioia, una volta che è stata elicitata, cioè posta in evidenza, la situazione che si vuole prendere in considerazione, si orienta subito verso le soluzioni, entrando nel campo delle solution-set attraverso la connessione energetica con il Campo della Gioia.

Qualsiasi situazione in cui siamo coinvolti diventa un problema – nel senso peggiorativo del termine – quando siamo identificati con la personalità, l’io e le sue caratteristiche basate sulla frequenza vibratoria della sofferenza.

Quando il costellatore della Gioia è connesso a Joyfield, la sua identificazione cambia dalla personalità alla Coscienza, dall’oggetto al soggetto. L’identificazione con la Coscienza, implica considerare tutti allo stesso modo, quindi esseri multidimensionali coscienti che si manifestano in questa 3D attraverso il corpo-mente.

Da questo stato di Gioia dell’Essere, si guarda alla situazione attuale del richiedente, quindi dalla prospettiva della Gioia insita nell’Essere, anziché dalla sofferenza intrinseca all’identificazione con l’oggetto – il corpo-mente – attraverso cui l’Essere si esprime.

Pertanto, ‘l’effetto costellatore’ della Gioia porterà in manifestazione altri aspetti, risorse e possibilità presenti nel campo del richiedente, giacché il suo modo d’osservare il sistema familiare si basa su un presupposto più ampio, che include ‘gioie e dolori’.

Dalla frequenza della Gioia, i dolori si tras-formano, assumono un altro significato e una nuova collocazione, e la sofferenza si trasforma in Gioia, come il ghiaccio, che a contatto col calore, ritorna a essere l’acqua originaria.


Giulia Jordan

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