Dal momento che i cittadini italiani non sono ancora
tenuti per decreto-legge a conoscere la lingua inglese, ci permettiamo
di tradurre questo buffo vocabolo: choosy sta per “schizzinoso” o anche
“fannullone”. L’ex ministro forse dava per scontato che ormai tutti
utilizzino la lingua d’Albione, ma in questa decadente provincia
dell’Impero non è ancora così, fortunatamente. Quella della
professoressa è stata una dichiarazione di guerra nei confronti delle
nuove generazioni, che però non l’ha visto la combattere da sola.
Si pensi al temerario Mandiamo i ‘bamboccioni’ fuori di casa
pronunciato da Padoa Schioppa: e alla fin fine poco importa se quel
“fuori” possa diventare in mezzo a una strada. E rammentiamo come l’ex
premier Mario Monti, sempre composto, preciso, sobrio, abbia
pronunciato: Il posto fisso è monotono. Al coro si era unito anche l’ex vice ministro del Lavoro Michel Martone: chi a 28 anni non è laureato è uno sfigato.
Insomma, un bel bestiario di frasi a dir poco infelici! E i soggetti
che hanno contribuito a comporlo sono stati proprio alcuni dei
protagonisti della sconfitta della gioventù italiana, che si è aggravata
sempre di più in quest’ultimo sciagurato triennio.
È un
compendio di frasi che peraltro suona come un’autoassoluzione per
questa stessa sconfitta: un’Italia che fatica a trattenere i talenti e
che patisce una lenta quanto inesorabile mortificazione del capitale
umano. D’altra parte, le affermazioni fin qui elencate si basano su
fondamenta traballanti, come dimostrato da un recente studio della
Coldiretti, che attesta come un giovane su quattro (il 23%)
accetterebbe un posto da spazzino, il 27% entrerebbe in un call center e
il 36% vestirebbe volentieri la casacca di pony express. Alla
faccia di chi sostiene che i giovani non solo non cercano un posto di
lavoro, perchè intanto vivono bene, coccolati e spesati, a casa con
mamma e papà, ma che quando lo cercano fanno pure gli schizzinosi.
Sia
ben chiaro, esistono anche i giovani fannulloni. Ma forse bisognerebbe
una volta tanto guardare sbirciare dietro le tende per scoprire che i
veri “choosy”, in Italia, sono proprio quelli che ci fanno la predica: i
parlamentari italiani. Nell’ultima legislatura contiamo ben 22 senatori
su 315 che hanno partecipato a meno del 40% delle votazioni d’Aula. Tra
i tanti nomi spiccano quello di Carlo Azeglio Ciampi, già presidente
della Repubblica (zero votazioni su quasi 5mila tornate) e quelli dei
neo senatori a vita Renzo Piano, celebre architetto, Elena Cattaneo,
accademica, e il fisico Carlo Rubbia, i quali hanno votato
rispettivamente 8, 1 e 302 volte su quasi 3500 votazioni. Non molto
distante l’ex premier Mario Monti, che ha schiacciato il pulsante per
sole 328 volte su oltre 4600 consultazioni.
Una performance imbarazzante
per dei soggetti che sono stati premiati con un seggio a vita, senza
passare dal voto popolare, al fine di apportare il proprio bagaglio di
esperienze e di cultura professionale all’interno delle aule
parlamentari. Per inciso, la Camera dei Deputati viaggia su numeri
analoghi; anzi la percentuale di assenze si alza ad oltre il 24%,
equamente distribuite tra i vari partiti.
Infine, la
media di assenze per gruppi parlamentari si aggira attorno al 16%.
Numeri alla mano, ci domandiamo che voto darebbe l’ex ministro Fornero
ai propri ex compagni di viaggio, alla luce della loro “intensa”
partecipazione alle attività del Parlamento.
Andando
oltre a questi dati, i risultati del lavoro sono poi desolanti: oggi
sono 245 i progetti di legge in discussione, e sono veramente pochi
visto che si parla di una media per parlamentare di 0,25 disegni di
legge presentati. Di questi solo 47 sono stati approvati almeno da un
ramo del Parlamento italiano. Gli altri sono ancora impegnati a
viaggiare tra le Commissioni e le Camere, in un’estenuante lotta a chi è
più choosy. E pensare che noi cittadini lavoriamo fino a giugno per
pagare le tasse: e in quelle tasse c’è anche lo stipendio dei
parlamentari italiani, i neo schizzinosi della poltrona.
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