Gli
eventi degli ultimi due mesi confermano la già nota ampia attività
giapponese nel Mar Cinese Meridionale e nel sud est asiatico nel
complesso. L’aspirazione a controllare questa regione ebbe un ruolo
vitale nelle due guerre mondiali del secolo scorso. Oggi il Mar Cinese
Meridionale è la chiave e il collegamento più vulnerabile delle rotte
commerciali dal Golfo Persico e per l’Oceano Indiano. Garantirne
l’attività diventa una questione di vita o di morte per il Giappone.
Ciò
è particolarmente aggravata dallo spegnimento di quasi tutte le
centrali nucleari giapponesi, con conseguente aumento dal 70% al 90%
della dipendenza energetica del Giappone dagli idrocarburi importati. Il
90% viene importato dal Golfo Persico. Tuttavia l’influenza cinese nel
Mar Cinese Meridionale e nel Sudest asiatico s’impone quale forza
prevalente nella zona, il che ne fa la principale fonte di potenziali
sfide agli interessi nazionali del Giappone. La Cina ritiene che circa
l’80% della superficie del Mar Cinese del Sud sia parte integrante del
suo territorio per ragioni “storiche”. Pertanto, a lungo andare, la
collisione sul Mar Cinese orientale intorno le isole Senkaku/Diaoyu si
allarga al Mar Cinese Meridionale.
Ci sono tutte le ragioni per ritenere
che non finirà la crescente rivalità cino-giapponese e che già nei
prossimi anni si ripeta nell’Oceano Indiano. Finora il principale
strumento del Giappone nell’affrontare le questioni di politica estera
resta l’economia, la terza del mondo e, in particolare, una serie di
programmi di assistenza economica ai Paesi in via di sviluppo chiamata
Aiuto pubblico allo sviluppo (ODA) nell’ambito dell’Organizzazione per
la cooperazione economica.
I documenti che disciplinano l’assistenza
offerta dall’ODA si riferiscono direttamente all’utilizzo per risolvere i
problemi su sicurezza ed interessi nazionali del Giappone stesso. E’
importante notare che il programma ODA è attuato dal Ministero degli
Esteri del Paese. L’importo dell’aiuto finanziario annuale dell’ODA,
negli ultimi anni, ha raggiunto circa 15 miliardi di dollari. Per cui,
il Sud-Est asiatico è uno dei principali beneficiari dell’assistenza
economica giapponese. Un buon esempio dei risultati è stato l’apertura
ad aprile, in Cambogia, di un vitale ponte sul Mekong lungo oltre due
chilometri e dal costo di 130 milioni di dollari, tutto a carico
dell’ODA giapponese.
Il primo ministro cambogiano Hun Sen ha definito il
completamento della costruzione del ponte manifestazione della “solida
amicizia tra Cambogia e Giappone”. L’abbreviazione ODA fu spesso
menzionata al 7° vertice “Giappone e Paesi del Grande Mekong” a Tokyo
del 4 luglio del 2015. L’associazione “Grande Mekong” comprende cinque
Paesi (Vietnam, Cambogia, Laos, Myanmar e Thailandia) che utilizzano il
grande fiume del Sud-Est asiatico oltre a mantenerne la purezza
ecologica di fondamentale importanza. La lotta cino-giapponese per
influenzare questo gruppo di Paesi (e anche la più ampia associazione
ASEAN di cui fanno parte) è sempre più evidente, nonostante le
consultazioni bilaterali periodiche per armonizzare gli sforzi nel
“Grande Mekong”.
Una piattaforma per le consultazioni è il “dialogo
politico cino-giapponese nella regione del Mekong”, la cui quinta
riunione s’è svolta ai primi di dicembre 2014. Dato che dalla rivalità
cino-giapponese ne risulta la crescente concorrenza su quantità e
qualità dei vari progetti infrastrutturali (come il già citato ponte in
Cambogia), offerti ai cinque Paesi del “Grande Mekong”, questi ultimi
cercano di avvantaggiarsene. A fine dicembre 2014, il primo ministro
cinese Li Keqiang partecipò attivamente alla preparazione del prossimo
vertice degli Stati membri dell’associazione. Durante l’incontro, il
primo ministro cinese dichiarò la possibilità di finanziare diversi
progetti nei cinque Paesi per 3 miliardi di dollari.
Il vertice “Giappone e Paesi del Grande Mekong”, ha portato
all’adozione di una nuova strategia nella cooperazione bilaterale per i
prossimi tre anni, dichiarando “il pieno successo” della strategia
approvata nel 2012, secondo cui il Giappone nel quadro dell’ODA
stanziava 6 miliardi di dollari per gli Stati membri dell’associazione. I
Paesi del “Grande Mekong” apprezzano il ruolo del Giappone, non solo
aiutandoli nello sviluppo economico, ma anche “rafforzando la stabilità”
nel Sud-Est asiatico. Nel documento si esprime la speranza che il
Giappone continui a cooperare in modo produttivo con i Paesi della
regione. Queste speranze si basano particolarmente sull’impegno del
Giappone a destinare assistenza finanziaria ai Paesi del “Grande
Mekong”.
Nei prossimi tre anni, l’ODA sarà pari a circa 6,1 miliardi di
dollari. Tra le quattro “pietre angolari” dell’ulteriore sviluppo della
cooperazione bilaterale, il punto sul “Coordinamento con i partner
interessati” richiama l’attenzione. Tra i partner sono accennati Banca
mondiale e soprattutto Banca asiatica di sviluppo controllata da
Giappone e Stati Uniti, che cooperano nella regione, nonché il “dialogo
politico cino-giapponese nella regione del Mekong”. L’ultimo vertice ha
dimostrato ancora una volta il desiderio dei cinque Paesi nell’avere una
posizione politicamente neutrale sulla partita tra le due principali
potenze asiatiche e a non complicare il processo per “mungere” i
principali finanziatori economici e finanziari.
In particolare, nei
documenti finali la questione dell’aggravarsi della situazione nel Mar
Cinese Meridionale per le costruzioni cinesi su alcune delle isole
contese è così importante per il “Grande Mekong” che fu lasciato
intatto. Tuttavia, la posizione del Vietnam contro la politica della
Cina nella regione comincia a distinguersi notevolmente dalla
“neutralità totale” dei cinque. Ciò fu particolarmente evidente nel
summenzionato vertice di Tokyo, dove nella conferenza stampa congiunta dei primi ministri del Vietnam e del Giappone Shinzo Abe, fu dichiarato che i due Paesi “condividono serie preoccupazioni sui tentativi unilaterali di cambiare lo status quo” nel Mar Cinese Meridionale. Allo stesso tempo, però, non hanno dato motivo diretto di preoccupazioni nippo-vietnamite.
La situazione tra Giappone e Cina nel complesso e nel Sud-Est asiatico in particolare, continuerebbe lungo la strada sbagliata, secondo il ministero della Difesa giapponese che partecipa al processo di protezione degli interessi nazionali. Quest’anno il Giappone ha già condotto due esercitazioni militari congiunte con le Filippine, il più severo avversario regionale della Cina. Con l’adozione dal parlamento giapponese di un nuovo pacchetto di leggi nella difesa, il 16 luglio, solo il rafforzamento della presenza militare del Giappone in Asia Sud-Orientale è prevedibile. Commentando le recenti attività economiche e militari giapponesi in Asia Sud-Orientale, l’editorialista della rivista American Interest conclude non senza ragione che “sono tutti impegnati a contenere la crescente influenza cinese nella regione“.
Vladimir Terehov New Eastern Outlook 09/08/2015
Vladimir Terekhov, esperto della regione Asia-Pacifico, in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2015/08/09/il-giappone-nel-sud-est-asiatico-nuovi-sviluppi/
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