giovedì 31 marzo 2016

Dalla sceneggiata alla narrativa. Erdogan nei guai?


“Centinaia di ‘cadaveri’ sparsi lungo i treni della metropolitana;  sette vagoni sono stati sepolti sotto tonnellate di macerie quando un edificio soprastante è crollato. Un orribile carnaio, è la scena che appare alle  decine di soccorritori che hanno preso parte alla più grande esercitazione di pronto soccorso  in Europa”.
E’ il resoconto di un articolo del britannico Daily Mail. Datato 29 febbraio scorso,  circa un mese prima dell’attentato al metrò di Bruxelles.  Perché l’esercitazione di cui parla  è  cominciata il 29 febbraio, è durata  quattro giorni, e non in Belgio ma nel Kent, in una vecchia stazione elettrica sotterranea dove è stata ricostruita la stazione di Waterloo  del Tube.

Solo dopo questa avvertenza potete guardare le foto che posto qui,  del terribile incidente  falso. Sono raccapriccianti,  ma sono finte.  Sono crisis actors truccati per sembrare amputati,  ustionati di terzo grado, travolti dalle macerie.
allegri amputati
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Il  lato interessante è che questa esercitazione era pan-europea:  una settantina di enti di 4 paesi vi hanno preso parte, fra cui l’Italia,  con 250 e più soccorritori. Le vittime  previste  nello scenario erano oltre duemila,  altrettanti volontari (a Bruxelles è andata meglio, dopotutto).  Significativo anche il titolo della simulazione: EUR – che sta per Exercise Unified Response.

orribile
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Il resto delle foto le potete vedere qui:
http://www.dailymail.co.uk/news/article-3469066/Dead-bodies-strewn-tube-trains-tower-block-collapses-station-emergency-services-carry-drill-Europe-s-biggest-disaster-response.html#ixzz43lMRQ1Re

Niente di strano. Non c’è nulla da  vedere, complottisti: è l’EUR che veglia su di noi, per la nostra sicurezza. Non domandatevi  perché  gli organizzatori europei hanno voluto immaginare uno scenario di distruzione e morte così enorme, duemila morti e feriti: sarebbe indelicato.  E un mese dopo,  accade qualcosa di simile a Bruxelles… coincidenza. Non c’è niente da vedere. Circolare.

Tutto normale quello che raccontano i media sulla “caccia” ai terroristi,  tutto vero.  Le certezze sulla cellula terrorista dell’IS  che ha agito a Parigi prima che Bruxelles, si fanno ogni giorno più solide.

L’uomo col cappellino nero colto dalle telecamere è stato prontamente identificato in Faysal Cheffou, piccolo giornalista freelance, e altrettanto prontamente discolpato (ma non rilasciato): non è lui. 

Sicurissimo invece il colpevole algerino arrestato in provincia di Salerno, su mandato di cattura internazionale: è quello che fornisce i documenti falsi e tutte le cellule jihadiste.  Non sapeva nemmeno di essere ricercato, tanto che si è presentato alla nostra polizia a chiedere il permesso di soggiorno.  Sostiene di non essere un terrorista,  non si oppone all’estradizione in Belgio: tutto ciò, come capite, lo inchioda alle sue gravissime responsabilità.

Solo, dispiace un pochino sentire ripetutamente chiamare Salah Abdeslam  “la mente degli attentati”.

La mente? Che tenerezza.  Un giovanottino che frequentava bar omosessuali. Si, era a Parigi a novembre, con una cintura esplosiva.  Con  suo fratello maggiore, Brahim, proprietario del bar Les Béguines a Molenbek, un bar che la polizia gli aveva appena chiuso per spaccio. Uno a cui piaceva bere, fumare e dormire, secondo l’ex moglie. Ma Brahim  a novembre, entra in un bar a Parigi, il Comptoir Voltaire, e la sua  cintura esplode. Qualche ferito. Lui morto.

Salah Abdeslam, invece, no. Per qualche motivo, capisce quel che è successo a suo fratello, si toglie  in fretta  la cintura da kamikaze e corre via con due complici terroristi  (i media dicono che è lui che ha sparato  alla pizzeria Cosa Nostra),  scappa in auto: dove? In Siria, dicono i media. Macché: è scappato a casa, terrorizzato, si è nascosto, fino a quando si è fatto prendere  a Molenbek.  Una “mente” che non sapeva dove andare,  dove rifugiarsi  se non a casa dei suoi.

Ma tuttavia è importante, Salah. Non per sé, ma perché la sua cattura, forse involontaria, ha esibito certe smagliature nella “narrativa” ufficiale ed obbligato certi servizi a correre ai ripari. Per esempio, non unitevi troppo  al coro dei media che deridono “l’incapacità di Bruxelles”, dei suoi servizi e della sua polizia; magari questa incapacità è aggravata dai depistaggi che le polizie e  le spie dei paesi fratelli  stanno fornendo ai poveri belgi. I greci, i francesi, persino i turchi avevano già segnalato i terribili terroristi a Bruxelles, e Bruxelles se n’è fregata. Loro sapevano tutto prima.

Adesso ci si mette persino l’FBI: avevamo segnalato agli olandesi la presenza dei fratelli Bakraoui (uno  kamikaze all‘aeroporto, l’altro in metrò), ma Bruxelles non ha preso atto. Un particolare che la polizia di Bruxelles nega assolutamente:  possibile che l’FBI menta? Ankara ha addirittura rimproverato i belgi: avete ignorato le informazioni che vi abbiamo trasmesso sul terrorista Ibrahim El Bakraoui quando l’abbiamo arrestato a giugno  prima della frontiera siriana, per poi espellerlo in Olanda.

Il Belgio è depistato?

Ma un momento: da quando in qua Ankara arresta i terroristi e li espelle? Non li manda invece a combattere in Siria contro Assad e contro i curdi?

Forse la campagna sull’incapacità di Bruxelles (“stato fallito”, addirittura) serve a giustificare un prossimo e decisivo esautoramento dello stato belga; l’ordine pubblico gli verrà tolto e passerà alla NATO, alla UE direttamente? Visto che hanno lì le sedi? Del resto il Belgio è stato creato fin dall’inizio  come un artificio, contro la volontà dei suoi popoli – valloni e fiamminghi – per “Non” funzionare; perché doveva essere la sede della Comunità. Gli “stati falliti”, si sa, richiedono un intervento umanitario e un regime change. Può essere il primo stato non-stato, l’avanguardia della a-sovranità che estenderanno a tutti noi.

I depistaggi potrebbero anche servire a dissimulare certi malaugurati incidenti che accadono a servizi che usano dei guerriglieri, mercenari e terroristi  – Al Qaeda, Al Nusra, il Califfato, che so – e poi li  abbandonano. Quelli si sentono traditi e si vendicano, magari con attentati.

Nel gergo delle spie, si parla di “blowback”, qualcosa come il ritorno di fiamma in un motore, o di un’arma. I servizi segreti pakistani, che insieme agli americani hanno letteralmente creato e indottrinato i talebani per lanciarli alla conquista dell’Afghanistan allora sovietico, ne sanno qualcosa. Vedi strage di Lahore.

Facciamo un esempio a caso: il primo ministro francese Laurent Fabius, nell’agosto 2012, dichiara: “Assad non merita di restare sulla terra”; e aggiunge: “Al Nusra, sul terreno, fa  un bon boulot”, un ottimo lavoro.

Erano i tempi in cui Parigi forniva ad Al Qaeda (Al Nusra) armi e giovanotti, dalle periferie francesi e belghe, per mandarli a combattere Assad. Se la intendeva benissimo con Erdogan: nel 2011, Juppé aveva incontrato Davutoglu e insieme  avevano messo appunto  il piano per distruggere la Siria, ma con l’accortezza di impedire la nascita di uno stato curdo a cavallo di Turchia, Irak, Siria.

Secondo Thierry Meyssan, che qui è la nostra fonte, Hollande ha tradito Erdogan l’8 febbraio 2015:  quel giorno ha ricevuto all’Eliseo il capo dei curdi che Erdogan detesta, Asya Abdullah, l’uomo di Ocalan, capo militare del PKK. I motivi del voltafaccia sono vari, la guerra si trascina, i curdi stanno vincendo a Kobane contro l’IS, gli americani  – che non sono favorevoli al progetto Hollande-Erdogan  –  hanno ucciso un francese, David Drugeon, che comandava la fazione Khorasan di Al Nusra, molti soldati francesi sono stati catturati dalle truppe di Assad (“ex” legionari, naturalmente) mentre aiutavano i jihadisti….


hollandeFatto sta che Erdogan comincia a fare la guerra ai suoi curdi interni, e a quelli che si battono in Siria contro Daesh. Secondo Meyssan, è lui che commissiona a  Daesh   l’attentato alla pacifica manifestazione curda di Suruc, il 20 luglio. Seguono attentati di Daeh o non di Daesh a Istanbul, e di nuovo contro i curdi.

Molti paesi europei  cominciano ad averne piene le scatole della politica francese sulla Siria – che è quella che Parigi ha obbligato l’Europa a seguire;  l’interevento russo precipita il malumore.    Il governo belga  dimostra il suo malcontento dando asilo politico ad esponenti curdi di Turchia sgraditi ad Ankara;  al vertice con la Turchia, dove devono sborsare i tre miliardi da dare ad Erdogan perché si tenga i profughi (quelli di cui ci ha inondato per dispetto), la resistenza dei paesi europei diventa evidente. Il vertice ha luogo il 17-18 marzo.

Qui, Erdogan dice profetico: “Non  c’è alcuna ragione che la bomba che è esplosa ad Ankara, non esploda a Bruxelles  o in un’altra città europea. Lancio un appello agli stati che aprono le braccia e che, direttamente o indirettamente, sostengono le organizzazioni terroriste: voi nutrite un  serpente nel vostro letto”.

Quanto è vero, Hollande! Al Qaeda che faceva “un bon boulot” in Siria per voi, si sente abbandonata e tradita, e diventa il serpente che provoca  attentati a Parigi. O il serpente che si sente tradito è Erdogan stesso. Chissà.

Cambio di regime ad Ankara?

Erdogan aveva di recente dichiarato: “Gli Stati Uniti devono scegliere tra la Turchia e le forze curde siriane”. E Washington ha perso la pazienza. Quando Erdogan ha abbattuto il Sukhoi russo, ha interpretato questo atto come un tentativo di forzare la mano alla NATO perché facesse la guerra di Erdogan in Siria.

Washington non si lascia forzare la mano. Uno dei risultati è che nella visita di Erdogan in Usa, cinque giorni e programmata da tempo, Obama non vedrà il neo-ottomano. Cambio di programma, che viene con la conclusione che Erdo è “out of control”, pericoloso, ed urge un regime change ad Ankara.

E proprio nei giorni scorsi l’implacabile procuratore di Manhattan Preet Bharara, ha fatto arrestate un miliardario turco, losco uomo d’affari ed amico della famiglia Erdogan Reza Zarrab (o Riza Sarraf in turco: il personaggio è anche iraniano-azero), sospettato di aver riciclato 2,8 miliardi di dollari per conto della famiglia del presidente turco. Violando per giunta l’embargo contro l’Iran.
http://www.voltairenet.org/article190943.html

C’è chi dice che, per questo ed altro, il potere di Erdogan sia agli sgoccioli. Un indizio può venire da questo fatto: il re Abdallah di Giordania, in una recente riunione a Washington presso tre commissioni senatoriali (evidentemente, è di casa),  ha accusato Erdogan di preparare il jihad in Europa, affollandola di terroristi finti profughi; di sostenere i gruppi islamisti non solo in Siria e Irak ma anche in Libia e in Somalia; e avrebbe confermato il coinvolgimento di Erdogan nel traffico di profughi e in quello del petrolio di Daesh… insomma dando ragione a Mosca.

Siccome re Abdullah non dice sillaba che non sia suggerita da Washington o che dispiaccia a Londra, per Erdogan si deve metter davvero male. La “narrativa” sta cambiando. Presto i media riveleranno la “verità”: Abdeslam, la mente, è turco.
http://www.middleeasteye.net/news/jordans-king-accuses-turkey-sending-terrorists-europe-1687591648


Maurizio Blondet

fonte: http://www.maurizioblondet.it/dalla-sceneggiata-alla-narrativa-erdogan-nei-guai/

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