A dispetto di quanto poteva sembrare appena un anno fa, la situazione geostrategica è talmente cambiata da rendere plausibile che gli USA abbandonino Erdogan.


La decisione di Erdogan di abbattere un aereo russo impegnato in operazioni antiterroristiche in Siria può essere considerata come il punto di svolta a partire dal quale gli USA hanno iniziato a prendere le distanze dall’uomo forte turco. Mentre in quei giorni la maggior parte dei cronisti erano isterici per quello che si profilava come il preludio della terza guerra mondiale, l’autore considerò tranquillamente nell’articolo “Perchè gli USA stanno abbandonando la Turchia nel momento del bisogno?” che non solo gli Stati Uniti non avrebbero aiutato la Turchia in qualsiasi possibile guerra contro la Russia, ma che Washington avrebbe anzi addirittura intensificato le sue operazioni per destabilizzare Ankara tramite un raddoppio dell’aiuto ai curdi siriani.

Da allora, altri analisti come Mike Whitney, collaboratore di CounterPunch, sono giunti a condividere quella conclusione, dimostrando che tale teoria sta guadagnando consenso e che gli USA potrebbero decidere di interrompere il loro precedentemente costante appoggio al presidente turco.

Sebbene Washington abbia di certo mandato a questo riguardo segnali contrastanti nel corso degli ultimi due mesi, potrebbe darsi che si stia impegnando a sostenere segretamente un cambio di regime contro Erdogan al fine di salvaguardare i risultati strategici finora raggiunti tramite la crisi degli immigrati.

Costruendo il caso
Tre avvenimenti recenti in particolare indicano che gli USA non stanno più fornendo ad Erdogan un appoggio incondizionato e incrollabile:

I Curdi siriani:
Gli USA non riconoscono come gruppi terroristici nessuna delle milizie curde anti-ISIS in Siria, milizie che anzi stanno addestrando, armando e appoggiando con attacchi aerei, mandando così un chiaro messaggio alla Turchia sul fatto che agli Stati Uniti non importa niente dei suoi interessi geopolitici, e che continueranno a perseguire il proprio grandioso piano in Siria incuranti delle obiezioni del proprio alleato.

L’accordo per la cessazione delle ostilità:
Il piano congiunto russo-americano per fermare le ostilità in Siria è stato, come riferito durante una intervista esclusiva dello Sputnik condotta da Ekaterina Blinova al Saker, pseudonimo di un ex analista militare, ora famoso blogger sulle questioni russe, una magistrale operazione diplomatica che ha semplificato lo scenario bellico rendendo molto più facile distinguere i “moderati buoni ” dai “terroristi cattivi”.

Le sue osservazioni riguardo ad una “configurazione binaria” tramite cui “coloro che cessano di combattere sono integrati nel processo politico, mentre tutti i restanti sono destinati all’annientamento”, lasciano dedurre che la Russia e gli USA riconoscano di fatto le milizie sotto controllo turco come delle organizzazioni terroristiche, il che rappresenta un completo ribaltamento della precedente politica americana.

La missione NATO nell’Egeo:
Erdogan è infuriato per il fatto che gli USA ed una manciata di loro alleati NATO vogliano pattugliare il Mare Egeo per intercettare e rimandare indietro le navi cariche di immigrati che incessantemente approdano sulle spiagge greche. Ci sarebbero addirittura state precedenti notizie riguardo ad un rifiuto senza mezzi termini di Erdogan di cooperare con questa missione, sebbene i rappresentanti dell’esercito turco abbiano successivamente smentito ufficialmente queste voci.

L’oggetto della contesa è evidente, e risiede parzialmente nella sfilza di latenti dispute territoriali mai risolte che la Turchia ha con la Grecia, e a cui un articolo dello Sputink ha recentemente fatto riferimento con il termine di “Battaglia per l’Egeo“. Erdogan è terrorizzato all’idea che gli Stati Uniti e i loro alleati si schierino con Atene in questo confronto, usando la missione di intercettazione immigrati come copertura per la costruzione di “isole artificiali” in grado di avvantaggiare strategicamente la Grecia.
La più grande paura del presidente turco è comunque che la missione ottenga un successo al di là delle più rosee aspettative, e riesca a riportare sulle spiagge del paese centinaia di migliaia di mendicanti e immigrati delusi, destabilizzando così la già fragile società turca.
Segnali contrastanti
Malgrado tute le prove indichino che gli USA siano sul punto di sbarazzarsi di Erdogan, Washington ha, come suo solito, mandato alcuni segnali contrastanti, al fine di impedire al proprio “alleato” turco di di andare in panico, tenendolo così in un immobile stato di incertezza strategica.

Le bombe anti-curde:
Il Pentagono ha appena dato la propria approvazione ad un trattato che prevede la vendita di “bombe intelligenti” anti-bunker per il valore di 680 milioni alla propria controparte turca, bombe che il International Business Times ha descritto come destinate ad essere usate contro i curdi. Questo mostra come gli USA traccino una netta linea di separazione tra i curdi siriani che appoggiano e i curdi anatolici, del cui partito PKK condividono la denominazione di “organizzazione terroristica” appoggiando inoltre la guerra brutale condotta da Ankara contro di esso.

Il privilegio israeliano:
Anche l’assistenza statunitense ai curdi siriani sembrerebbe avere i suoi limiti, dal momento che, come ha fatto notare Mike Whitney nell’articolo citato, gli USA hanno “riconosciuto il diritto della Turchia a difendere se stessa”, un’espressione questa “che gli USA usano soltanto per Israele quando conduce i suoi massacri in Cisgiordania o nella striscia di Gaza”.
Conferendo alla Turchia il privilegio israeliano, Washington sta implicitamente dando ad Ankara il permesso di compiere illimitati bombardamenti a bassa intensità dei curdi siriani oltre il confine, con l’unico clausola di astenersi da un’invasione convenzionale terrestre contro di loro.
Il vantaggio di essere un membro EU:
Gli USA appoggiano l’ammissione della Turchia nella Comunità Europea solo per il proprio tornaconto personale, che in questo caso consiste nel’utilizzare il proprio alleato mediorientale come un perfetto cavallo di Troia in grado di sabotare il blocco europeo dall’interno.

Accettare la Turchia all’interno dell’Unione Europea o addirittura concedere ai suoi cittadini l’accesso “visa-free” [senza visto, NdT] alla zona Schengen (come finirà per succedere con l’accordo sugli immigrati da tre miliardi di euro dello scorso anno) porterebbe all’atto pratico all’istituzionalizzazione e alla legalizzazione del processo di destabilizzazione tuttora in corso attuato con la crisi migranti, e questo, secondo il vice-presidente del Bundestag Johannes Singhammer, tramite l’apertura di “una strada per ulteriori immigrazioni e [fiumi di] rifugiati verso la Germania”.

Per chiarire la situazione ai lettori: l’obbiettivo dietro tutto ciò è quello di menomare l’Unione Europea tramite una catena di crisi socio-politiche che la renderanno incapace di una pragmatica collaborazione bilaterale con i poteri multipolari della Russia e della Cina, una strategia che l’autore ha descritto in maniera più esauriente in un precedente articolo su Sputnik che potete trovare qui.

Pianificare la cacciata di Erdogan
Il problema:
Gli eventi dello scorso anno hanno dimostrato come la politica neo-ottomana di Erdogan in Medio Oriente sia stata un gigantesco fallimento, e sono parzialmente responsabili della sua decisione di mettere in pratica il consiglio americano di spostare la propria attenzione strategica all’Europa, la cui parte sudorientale fu colonizzata dai turchi per circa mezzo millennio, ed è di conseguenza vista come una facile preda per la sua ideologia espansionista.
Quando ai suoi cittadini furono promessi i diritti di viaggiare in regime di “visa-free” in Europa, la Turchia era sul punto di ottenere non solo la possibilità di compiere questi viaggi ma anche la conseguente istituzionalizzazione della crisi immigrati; poi però Ankara e gli USA incontrarono un grosso problema – Erdogan stesso.
A causa del ruolo giocato nell’aggravare la crisi degli immigrati e del suo pubblico supporto all’ISIS, l’uomo forte turco gode di una tale cattiva fama in tutta l’Europa, tanto  da far concretamente temere alle élite europee che firmare lo storico trattato di viaggi “visa-free” con una persona notoriamente ritenuta dai propri cittadini pericolosa, ingannevole e inaffidabile potrebbe portare ad una rivolata di vasta scala contro di loro. Dal punto di vista americano questo potrebbe invece portare alla simultanea presa di potere di politici e di partiti anti-atlantici e pro-eurasiatici in paesi strategici lungo tutto il blocco occidentale, cosa che indebolirebbe rapidamente l’egemonia di Washington nella zona.

La soluzione:
Se Erdogan fosse rimosso dal potere e se un volto più amichevole firmasse l’accordo al suo posto, la popolazione sarebbe per la maggior parte calmata, diminuendo così le possibilità di rivolta immediata e portando gradualmente a compimento la strategia a lungo termine degli USA (la strategia della “rana bollita”).

La via più realistica tramite cui gli Stati Uniti potrebbero fare tutto questo, se lo volessero, sarebbe tramite una rivoluzione colorata, oppure tramite un colpo di Stato militare contro il presidente turco, opzioni entrambe compatibili con la loro visione strategica finale.

Le contromisure economiche russe all’aggressione turca nei propri confronti hanno già avuto un impatto considerevole su tutte le sue classi sociali, e il paese ha un consolidato e influente movimento d’opposizione apparentemente pronto ad approfittarne. Inoltre, il sud-est del paese è già insanguinato dalla guerra civile, e i terroristi ISIS si sono ripetutamente infiltrati in Turchia compiendo finora numerosi attacchi al suo interno.

In tale precaria situazione la goccia che fa traboccare il vaso potrebbe essere la crisi immigrati e la guerra contro i curdi, entrambi scenari che gli USA potrebbero facilmente aggravare. Riguardo all’ultimo dei due, gli americani potrebbero curarsi del successo della missione NATO nell’Egeo, assicurandosi così che centinaia di migliaia di immigrati siano rimandati in Turchia a spostare l’ago del suo delicato equilibrio sociale verso la violenza, esattamente come stanno già facendo in Europa. Parallelamente a questa operazione, gli Stati Uniti potrebbero fornire più armi di ultima generazione ai curdi siriani, accusati in passato di averle indirizzate al PKK, per farne uso contro l’esercito turco.

Contemporaneamente di fronte a una situazione sociale ai limiti della rivolta, unita ad una sempre più grave guerra civile, la combinazione di una rivoluzione colorata e di una guerra non convenzionale (formanti assieme una Guerra Ibrida) dovrebbero essere sufficienti a portare l’opposizione al potere o a causare un colpo di Stato militare, il che in entrambi i casi risulterebbe nella presa di potere da parte di un nuovo governo pro-americano e nella firma di un trattato di “visa-free”, magari questa volta senza alcuna resistenza degna di nota da parte dell’elettorato europeo.


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Articolo di Andrew Korybko pubblicato da Sputniknews il 3 Marzo 2016
Traduzione in Italiano a cura di Gregorio Ventura per Sakeritalia.it