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pubblici confermano i rapporti su furiose recriminazioni tra i
funzionari degli Stati Uniti per il modo con cui la Russia ha sconfitto
gli Stati Uniti in Siria
Un articolo ben informato, appena apparso sul Wall Street Journal,
mostra l’entità del disordine politico di Washington dopo l’accordo
Stati Uniti – Russia sulla “cessazione delle ostilità”. Sembra che vi
sia un massiccio contrasto. I capi delle Forze Armate degli Stati Uniti e
della CIA sono chiaramente furiosi ritenendo gli Stati Uniti umiliati, e
in una serie di incontri tesi alla Casa Bianca hanno reso noti i loro
sentimenti. Anche razionalizzando la rabbia, parlano di come la Russia
non sia attendibile e come gli alleati regionali degli Stati Uniti,
turchi e sauditi, si sentano traditi, o qualcosa del genere.
Le
recriminazioni sono emerse con i recenti commenti arrabbiati di Mark
Toner, viceportavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che
con linguaggio estremamente rozzo e poco diplomatico ha invitato la
Russia in Siria “a procedere o stare zitta”. Tali commenti hanno
provocato il severo rimprovero di Maria Zakharova, formidabile portavoce
del Ministero degli Esteri russo, mentre Aleksej Pushkov, Presidente
del Comitato di Duma di Stato per gli affari esteri, ha messo il dito
nella piaga twittando,
“Un viceportavoce del dipartimento di Stato USA è sbottato per il nervoso. Negli Stati Uniti molti considerano il cessate il fuoco in Siria una sconfitta: Carter è indignato e i neocon scioccati“.
La difficoltà subite dai duri negli Stati Uniti che
sproloquiano di piano B senza alcuna realistica alternativa da offrire.
Il Wall Street Journal riporta che i funzionari degli Stati Uniti dicono
che
“né (il segretario alla difesa degli Stati Uniti Ash) Carter, né il Generale Dunford avevano formalmente presentato raccomandazioni ad Obama”,
e che i suggerimenti menzionati dall’articolo,
intensificare l’invio di armi ai terroristi, fornirgli intelligence
tattica o imporre ulteriori sanzioni economiche alla Russia,
difficilmente sono praticabili per Obama. Con gran parte dell’Europa
contrariata dalle sanzioni già in vigore, ogni idea d’imporne ulteriori
per la Siria (tra l’altro) è, come secondo l’articolo i funzionari
statunitensi ammettono in privato, totalmente inutile.
Sulla fornitura
di armi ai ribelli, gli aerei russi in Siria volano troppo alti per
essere raggiunti dai missili antiaerei spalleggiabili (“MANPADS”)
riferisce l’articolo, mentre la fornitura di missili antiaerei a medio o
lungo raggio, se potrebbe effettivamente causare problemi agli aerei
russi, creerebbe un’escalation gravemente controversa e, per l’opinione
pubblica di Stati Uniti ed Europa, quasi certamente un’escalation
estrema. Ciò a prescindere dal fatto che l’invio ai ribelli di armi come
MANPADS o missili anticarro Javelin garantirà che cadano nelle mani dei
terroristi jihadisti e dello Stato islamico, una cosa che il pubblico
occidentale non accetterebbe mai se venisse scoperto e senza, come
ancora secondo l’articolo i funzionari statunitensi ammettono,
necessariamente modificare la situazione militare in favore dei ribelli.
Sul suggerimento che gli Stati Uniti forniscano ai terroristi intelligence, ciò quasi certamente porterebbe i russi a non condividere le loro informazioni con i militari degli Stati Uniti, dato che i russi non vorranno rischiare che le informazioni fornitegli siano condivise dagli Stati Uniti con i terroristi. Dato che gli Stati Uniti si basano su questo accordo per coordinare le attività in Siria con i russi, a meno che gli Stati Uniti siano disposti a rischiare lo scontro con la sempre più forte forza russa in Siria, rischiando la Terza Guerra Mondiale, dovrebbero cessare le operazioni in Siria, evitando lo scontro con i russi.
Dato che non è certo ciò che vogliono gli Stati Uniti, la
possibilità di condividere significative informazioni con i terroristi è
anch’essa semplicemente inutile. I sostenitori della linea dura degli
Stati Uniti sanno, senza dubbio, che l’unica cosa che cambierebbe la
situazione in Siria a favore dei ribelli sarebbe l’intervento diretto
della NATO, ciò sarebbe efficace coinvolgendo gli Stati Uniti. Ma dato
che ancora si rischierebbe di provocare la terza guerra mondiale su una
questione in cui la maggior parte del pubblico occidentale supporta la
Russia, anche ciò appare inutile.
L’unico suggerimento emerso è un possibile piano B, la partizione della Siria su linee settarie, di cui senza dubbio sentiremo spesso nelle prossime settimane, è in realtà è anch’esso del tutto impraticabile. Non solo i sondaggi di opinione mostrano che la stragrande maggioranza dei siriani, anche sunniti, vi si oppone, ma nel caso in cui il governo siriano consolidasse il controllo della popolosa regione costiera occidentale della Siria, dove vi sono le grandi città della Siria, l’unico territorio rimasto in Siria per uno Stato sunnita sarebbe il deserto. Mentre territorialmente parlando è una zona molto grande, è anche scarsamente popolata, non autosufficiente e senza accesso al mare.
Uno Stato sunnita settario in questo territorio sarebbe militarmente
indifendibile ed economicamente impossibile. Il governo siriano sarà
deciso a riprenderne il controllo, una volta completamente ristabilito e
consolidato, ed avrebbe il diritto internazionale, assai maggiori
risorse a disposizione e il sostegno di Iran e Russia grazie a cui il
governo siriano non avrebbe difficoltà a riconquistare tale territorio, a
meno che Stati Uniti e NATO non v’invino truppe per difenderlo.
L’idea d’imporre un presidio permanente di Stati Uniti e NATO in Siria occidentale per difendere ciò che sarebbe un fallimentare pseudo-staterello jihadista, difatti lo Stato islamico con un nuovo nome, è una fantasia come l’idea di Stati Uniti e occidente disposti ad investirvi ingenti risorse per sostenerlo.
Il pubblico statunitense ed
europeo non l’accetterebbe mai, tanto più che sarebbe fortemente
osteggiato dall’opinione araba, inorridita all’idea di grandi potenze
occidentali che ancora una volta si suddividono terre arabe come fecero
con il colonialismo e la creazione d’Israele.
Il fatto è che le principali potenze regionali Iran e Iraq si opporrebbero energicamente a tale piano di spartizione, come le grandi potenze non occidentali Cina, India e Russia, e tale piano quasi certamente non avrebbe l’appoggio della grande comunità internazionale o delle Nazioni Unite, se non per sistemare la questione. Anche se tale piano senza dubbio avrà sostenitori nei media occidentali, non rientra nel politica praticabile.
La realtà è che gli Stati Uniti non hanno altra scelta reale se non collaborare con i russi in Siria, e questo in effetti è ciò che molto a malincuore, con tutti gli sbuffi dei duri, avviene. Vi sono tuttavia altri due punti sull’articolo del Wall Street Journal. Il primo è minore, data l’attesa elezione presidenziale degli Stati Uniti, dall’interesse prevalentemente storico. Ed è che Obama è messo da parte. Anche se l’articolo non lo dice, è chiaro dal contenuto che non sia fisicamente presente alle riunioni della Casa Bianca, dove i sostenitori della linea dura hanno esprimono i loro punti di vista.
Invece di
spiegare e difendere la sua politica in prima persona, Obama ha scelto
di nascondersi dietro altri, in questo caso il segretario di Stato John
Kerry, rimasto a prendersi i fulmini al posto del capo.
Laddove, secondo
il famoso detto di Harry Truman che lui solo si assume le
responsabilità, Obama si assicura che se li assuma qualcun altro.
Il secondo punto è più importante, e riguarda il futuro. La rabbia degli estremisti non promette bene, e non è assolutamente motivo di gioia o di cui gongolare. Al contrario, è motivo di inquietudine e preoccupazione per il futuro. Lungi dall’accettare la sconfitta, nelle esperienze passate, i duri ora cercheranno di rivalersi anche con la Russia. Il fatto che non possano farlo in Siria non li tratterrà, non più di quanto il fallimento in Vietnam negli anni ’70 trattenne gli estremisti statunitensi della generazione precedente. Ciò che successe allora fu che i duri “vendicarono” la sconfitta degli Stati Uniti in Vietnam incendiando l’Afghanistan, con conseguenze catastrofiche per il mondo intero, compresi gli Stati Uniti.
L’Afghanistan rivelatosi un
disastro difficilmente scoraggerà gli attuali sostenitori della linea
dura dall’agire nello stesso modo. Se c’è una costante nella politica
estera degli Stati Uniti, è che dai disastri apprende sempre la lezione
sbagliata. Lungi dall’essere un fattore del miglioramento delle
relazioni tra Stati Uniti e Russia, il fatto che gli Stati Uniti si
sentano umiliati in Siria aggraverà ancor più le relazioni tra i due
Paesi, riservando altri problemi per il futuro. Questo è l’articolo pubblicato da The Wall Street Journal.
Alexander Mercouris Russia Insider, 1 marzo 2016
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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